Certi film non sono ciò che sembrano. Il nuovo lavoro della talentuosa regista di “Tomboy” e “Diamante nero”, premio per la miglior sceneggiatura a Cannes, parte come una variazione elegante ma forse ovvia sui temi della disparità di classe e di genere visti dal XVIII secolo. Presto però diventa ben altro. Un’ode all’amore che intreccia memoria e desiderio rileggendo con fertile immaginazione il mito di Orfeo e Euridice. Un’opera “da camera” con quattro protagoniste e un pugno di comparse immerse in una natura selvaggia che evoca “Lezioni di piano” di Jane Campion. Uno studio insieme sensuale e concettuale sulla ricchezza - emotiva, intellettuale, carnale - dello scambio fra un artista e la sua modella. Che estrae da una tavolozza volutamente limitata tinte e sfumature di rara profondità.
La bella Héloise (Adèle Haenel) infatti non vuole sposarsi, come spiega sua madre (Valeria Golino), e tantomeno posare. La pittrice (Noémie Merlant) dovrà fingersi una dama di compagnia. Naturalmente sappiamo che la menzogna non reggerà e le due giovani si innamoreranno; intuiamo che quella servetta (Luana Bajrami) avrà una parte nella loro storia d’amore e (temporanea) emancipazione. Quello che non possiamo prevedere è il crescendo davvero emozionante che scandirà il loro reciproco scoprirsi in un susseguirsi di dubbi e interrogativi che illuminano al contempo il loro amore e il ruolo, la natura, il potere dell’immagine. Ieri come oggi.
«Che il vostro dipinto non mi somigli, posso capirlo, ma che non somigli neanche a voi è davvero triste», dice Héloise davanti alla prima versione del quadro. Raramente un film in costume avrà interrogato il nostro presente con più libertà e naturalezza, evocando en passant anche le ragioni storiche della scarsa presenza femminile nelle arti. E se tre finali vi sembran troppi, lasciateci dire che sono uno più bello dell’altro. In sala dal 19.
“Ritratto della giovane in fiamme”
di Céline Sciamma
Francia, 121’