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Cultura
maggio, 2020

A Russian Youth, la musica della Grande Guerra

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Un soldato ragazzino nel primo conflitto mondiale: l’esordio del russo Zolotukhin disponibile su Mubi, benemerita piattaforma dedicata al cinema d’autore

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Un altro regista che usa la Grande guerra per riflettere sul nostro modo di raccontarla. E più in generale sul fare cinema. Sarà che è appena passato il centenario, sarà che i materiali d’archivio al riguardo sono particolarmente abbondanti, sicché ognuno di noi ha le sue brave immagini in testa, ma la Prima guerra mondiale sembra sollecitare scelte estreme. L’inglese Sam Mendes (“1917”) ha compresso l’odissea di due soldatini in un unico, ininterrotto piano sequenza. Il neozelandese Peter Jackson ha rigenerato e sonorizzato vere scene d’archivio fino a renderle nostre contemporanee (“They Shall Not Grow Old”, tra i primi film da recuperare appena possibile).
Mentre il russo Alexander Zolotukhin, classe 1988, allievo come il più noto Balagov (“Tesnota”, “La ragazza d’autunno”) del grande Sokurov, lavora sul sonoro o meglio sulla musica.

Disponibile fino al 29 maggio su Mubi, benemerita piattaforma dedicata al cinema d’autore, “A Russian Youth” corre infatti su due piani paralleli che il nostro sguardo lega quasi in automatico. Da un lato ci sono le peripezie di un soldato ragazzino che affronta mille sventure con una vitalità, un’ostinazione, un candore di per sé commoventi, esaltati dallo sguardo lirico di Zolotukhin sulla Natura e da un lavoro sulle immagini, lattiginose e pittoriche, che rimanda vistosamente a Sokurov. Dall’altro un’orchestra impegnata a eseguire, oggi, due opere di Sergej Rachmaninov, il Concerto per piano n. 3 op. 30 (1909) e le Danze sinfoniche op. 45 (1940).

Il gioco dei raccordi fra le prove d’orchestra e l’azione che si dipana al fronte, gli sguardi dei musicisti, le parole del direttore d’orchestra che echeggiano anche sulle scene ambientate cent’anni prima, spinge a credere che la musica accompagni l’azione di quel “film di guerra”. Nulla però conferma questa ipotesi se non il nostro bisogno di giustificare quella scelta di regia. Così alla fine a essere interrogata è la distanza che ci separa dal povero Alexei, da quel mondo spietato e insieme capace di inusitate tenerezze (Alexei resta menomato e ogni commilitone reagisce in modo diverso). Senza intellettualismi, ma con un misto di adesione sentimentale e distanza critica a dir poco insolito. Storia (gli echi della rivoluzione in marcia arrivano fino in trincea), cinema e meta-cinema fusi in un unico blocco. Ed è solo un esordio.

“A Russian Youth”

di Alexander Zolotukhin
Russia, 72’

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