Come tutte le feste comandate anche l’8 marzo diventa un rituale stanco, se non lo si ravviva con idee che gli ridanno senso. Ecco qualche consiglio su cose da leggere, vedere o ascoltare per la Festa della Donna, e continuare anche tutti gli altri giorni dell’anno.
POP. Il titolo rimanda a una variante del poker tipicamente texana, la musica è decisamente country ma la cantante è nera: è bastato questo per fare di “Texas hold’em”, il nuovo singolo di Beyoncé, il bersaglio di un boicottaggio non dichiarato da parte delle radio di destra negli Usa. La popstar texana è accusata di “appropriazione culturale” perché la canzone (e tutto il suo prossimo disco, “Renaissance act II”) sono un omaggio alla musica più diffusa nel Sud degli Stati Uniti. Un genere musicale che è rimasto appannaggio dei bianchi, proprio mentre i generi musicali black venivano saccheggiati dall’industria musicale wasp. A far arrabbiare la destra è probabilmente anche il testo della canzone, che parla di tornado che obbligano a chiudersi in cantina e di ondate di calore che annebbiano il cervello: fenomeni sempre più frequenti in Texas, con buona pace di chi il cambiamento climatico non lo vuole vedere.
ANIMAZIONE. Torna in sala in questi giorni “Persepolis” di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud. Il film ispirato dal graphic novel autobiografico di Satrapi è ora disponibile in una nuova edizione 4k distribuita dalla Cineteca di Bologna. Il film segue per vent’anni una bambina che cresce nell’Iran che insorge contro lo Scià ma finisce sotto il regime degli ayatollah, e sceglie l’esilio. «La ragazzina che vedete nel film e che crescendo diventerà la giovane donna che ero io quando ho lasciato il mio Paese, all’età di 23 anni, oggi non avrebbe mai lasciato l’Iran”, ha detto Satrapi. «Oggi quella ragazza sarebbe scesa in strada, avrebbe combattuto. All’epoca noi eravamo così terrorizzati, che non ci azzardavamo a parlare. Ma questa nuova generazione non è spaventata, quel muro di paura è stato abbattuto, ormai è distrutto. Adesso la paura è dall’altra parte, sono loro ad avere paura di noi e fanno bene a essere spaventati. Ma soprattutto, devono temere questa nuova generazione». Si può scegliere tra versione originale (voci di Chiara Mastroianni e di sua madre, Catherine Deneuve) o in italiano (con Paola Cortellesi e Lucia Maglietta).
BIOGRAFIE. Presentato alla Mostra di Venezia nelle Giornate degli autori, è disponibile in streaming “Bye bye Tibèriade” di Lina Soualem. La regista segue la storia della madre, che a vent’anni lascia il villaggio in cui è nata, Deir Hannah in Galilea, per inseguire il sogno di diventare attrice. E ci riesce: la madre della regista è Hiam Abbass, una delle poche attrici arabe che hanno raggiunto un successo internazionale. Mescolando immagini di oggi, filmati di famiglia e video di archivi storici, il film racconta quattro generazioni di donne palestinesi e i loro sforzi per mantenere i legami familiari e la loro identità nonostante i traslochi forzati e l’esilio.
CLASSICA. Le vie dell’affermazione femminile sono infinite. La strada che ha portato Emahoy Tsegué-Maryam Guèbrou a diventare una protagonista del pianoforte è iniziata in Etiopia nel 1923, è passata per l’esilio durante il regime fascista, la nouvelle vague del jazz africano e gli anni vissuti da monaca in convento. Ed è finita a Gerusalemme, dove è morta l’anno scorso. Guèbrou ha continuato a comporre e incidere anche dopo essersi fatta suora. Arabopolis si è già occupata di lei qualche anno fa, per il suo disco “Ethiopiques”. “Souvenirs”, da poco pubblicato da Mississippi Records, raccoglie registrazioni casalinghe di brani giovanili, cantati in amarico e accompagnati al pianoforte.
ARTE. Sono tante le donne tra gli artisti scelti per la collettiva “Africa Tunes” a Marina di Pietrasanta (Chiesa e Chiostro di Sant’Agostino, fino al 17 marzo). Curata da Alessandro Romanini, questa carrellata sulla creatività dell’intero continente presenta opere di 17 artisti africani: pitture, sculture e fotografie che presentano, tra gli altri, la sudafricana Esther Mahlangu, l’ivoriana Laetizia Ky, vista all’ultima Biennale di Venezia, e la senegalese Seni Awa Camara, già presente nella mostra “Magiciens de la Terre” del 1989 a Parigi: che è stata un appuntamento epocale per i rapporti dell’europa con l’arte africana contemporanea.
LIBRI. Nasce dalla collaborazione tra una giovane scrittrice palestinese e un giornalista ebreo siriano “La ribelle di Gaza”, autobiografia romanzata di Asmaa Alghoul scritta insieme a Sélim Nassib (tradotto d Alberto Bracci Testasecca per le edizioni e/o). Dedicato «al campo profughi di Rafah, luogo del mio primo sorriso», il libro segue l’autrice nella sua ricerca di un’affermazione personale resa difficile non solo dalla situazione della Striscia di Gaza ma anche dalla società patriarcale islamica e dal ruolo di suo padre, dirigente dei servizi di sicurezza di Hamas.
POESIA. Arabopolis ha già consigliato la lettura di Farough Farrokhzad (“Io parlo dai confini della notte”, Bompiani), ma repetita iuvant. Con il testo a fronte, nella bellissima traduzione di Domenico Ingenito che ha richiesto più di dieci anni di lavoro e di passione raccontati nell’introduzione, è un viaggio indimenticabile nell’opera di una grande scrittrice, testimone diretta degli ostacoli all’affermazione dell’individualità e del talento di una donna: in Iran, ovviamente, ma non solo lì…
YOGA. Nelle lezioni di Shadan Nassar non c’è nulla che rimandi a Ramallah, la città dove la giovane insegnante di yoga è tornata dopo anni di formazione all’estero, e ha aperto la prima piattaforma di yoga in arabo (@shadanayoga), per portare benessere olistico e meditazione alla sua comunità, e per aiutare a «creare spazio interiore quando lo spazio esteriore è limitato»: lo racconta un breve documentario in inglese prodotto da Womena, hub “inspirazionale” di Dubai. I video – sul suo sito o sul canale youtube – sono brevi o brevissimi, niente a che vedere con le lunghe sessioni a cui siamo abituati in Occidente. Il ritmo è lento, le asana sono facili, la voce che le spiega è bellissima e confortante anche per chi di quello che dice non capisce una parola – o forse due: “shahik”, inspira, “zafir”, espira.