Cultura
14 novembre, 2025L'attore, unico italiano ad aver vinto il Tony Award con la sua “Lehman Trilogy”, ha portato sul palcoscenico la storia pubblica e privata del presidente degli Stati Uniti, con sagace consapevolezza e umorismo
La somma di quei dieci minuti fondamentali nella vita di una persona che, da uomo qualunque, diventò leggendario: è l’idea al centro dello spettacolo di Stefano Massini, “Donald”, tratto dall’omonima ballata pubblicata per Einaudi, in cui l’attore racconta le vicende pubbliche e private dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Dalle origini al momento in cui Trump è diventato Trump, dal “Golden Boy” del Queens al “Golden Man” del mercato immobiliare di New York, su una scena che si fa storia, fiaba e leggenda, tra cronaca e umorismo. Dopo il debutto al Piccolo Teatro di Milano, la rappresentazione di Massini, unico italiano ad aver vinto il Tony Award con la sua “Lehman Trilogy”, prodotta dal Teatro della Toscana, prosegue la tournée fino al 29 aprile (ultima tappa al Rossetti di Trieste). In uno spettacolo in cui non possono che esserci insieme tragedia e commedia, farsa e dramma: «Perché lui è tutto questo».
Qual è la difficoltà più grande che ha incontrato nel raccontare Trump?
«Il primo ostacolo è il suo essere uno che spariglia continuamente le carte. Io cerco di raccontare qualcuno che tutti i giorni riscrive la narrazione e crea nuovi colpi di scena su sé stesso. Per questo, il palcoscenico corre il rischio di essere indietro rispetto a ciò che fa quotidianamente sulla sua scena, alla Casa Bianca. Non si riesce a delimitarlo. È uno che lancia costantemente il cuore oltre l’ostacolo. Dovendo raccontare Trump, questo è uno spettacolo inevitabilmente caotico, perché ne narra anche le contraddizioni, come il fatto che adesso perseguita i migranti, ma è figlio di migranti. Lui è un cortocircuito continuo, quindi lo show che ne nasce non può non avere questo tipo di passo».
Trump è un personaggio contraddittorio?
«Non può non essere contraddittorio, è la natura sulla quale ha costruito tutto quanto quello che ha fatto. Trump è il figlio e il paradigma della sua epoca, nella quale la realtà non esiste. Esiste la narrazione della realtà, il fake. E c’è anche un altro tema: il presidente Usa racchiude l'esempio di un tempo nel quale la politica mira a non avere più bisogno di opposizioni, di voci critiche, perché le contiene lei stessa. Non importa che qualcuno faccia opposizione a Trump poiché se la fa da solo, contraddicendosi».
Cosa ne pensa di questa nuova destra americana?
«Io credo che ci siano dei momenti storici in cui prende il sopravvento un'emozione su un'altra. In questo periodo, negli Stati Uniti, ad averla vinta è la rabbia, che spesso si nutre di paura e di frustrazione ed è pericolosa, perché è una rabbia armata. È un combustibile enorme che alimenta il consenso di molti uomini politici. Si era già avuta dimostrazione dei rischi di tutto questo durante l’assalto a Capitol Hill».
Quanto c'è in Trump di show, di spettacolo e quanto di vera politica, secondo lei?
«Sono due elementi inestricabili, al di là di Trump. Perché negli Usa, da sempre, la politica è molto legata all'aspetto della rappresentazione pubblica di sé».
Lei analizza l'ascesa del Trump imprenditore fino ad arrivare alla Casa Bianca. Crede che in lui queste due figure di uomo d’affari e di uomo politico coincidano, arrivando ad avere un presidente che vede gli Stati Uniti come la sua impresa?
«Sì, è proprio così. È impossibile scindere il Trump politico dal Trump affarista. È un tutt'uno connesso e stratificato. Trump inizia a occuparsi della cosa pubblica perché prima si è occupato di business e di questo non si dimentica mai. Quello che sta facendo sui dazi, così come il modo in cui si pone comunicativamente: è tutto figlio di un modo di fare e di essere che non è politico, ma che nasce dall’esperienza imprenditoriale. Oggi non avremmo il presidente se non ci fosse stato l'immobiliarista».
Prova ne è l’idea di Gaza “Riviera del Medio Oriente”.
«Esatto, Trump racconta Gaza come il Medio Oriente delle risorse immobiliari, del prezzo al metro quadro. Per lui il futuro di una terra è il futuro delle occasioni commerciali che quella terra riserva. Lo stesso metro che avrebbe usato da immobiliarista rampante».
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