Una delle sfide più interessanti, nella viticoltura moderna, è la possibilità di pensare in termini tridimensionali e vedere oltre un’ipotesi di futuro percorribile. Una capacità che non è mai mancata alla famiglia Rabotti, che dal 1972 - ovverosia dalla creazione di Monte Rossa - in poi, si è sempre incaricata di ipotizzare scenari avveniristici, senza paura di osare. Che nel passato sia depositata anche la chiave del futuro, tuttavia, è conclusione evidente se si analizza la nuova sfida di casa, ovverosia la risposta all’ossessione di Emanuele, figlio dei fondatori Paolo e Paola, di restituire al territorio bresciano parte del suo patrimonio varietale, grazie all’acquisizione, nel 2020, di Vigna Pusterla, ovverosia il vigneto urbano più esteso d’Europa. Poco meno di 4 ettari, sul colle Cidneo, appena fuori dalle mura del Castello di Brescia, si tratta di una collocazione di lunga tradizione, attestata fin dal 1037, quando il monastero di Santa Giulia già vi coltivava uva. Esposizione ideale, baciata dai raggi del sole per tutta la giornata, accompagnata a una propizia escursione termica, dovuta alle correnti d’aria provenienti dalla Val Trompia e al suolo, con predominanza di calcari, calcari marnosi e piccoli inserti silicei (il cosiddetto medolo bresciano), il vigneto ha inoltre la particolarità di rappresentare nella sua totalità una tipologia storica, ovverosia l’Invernenga, un tempo regina del territorio, ora ridotta a pochissimi esemplari, tra cui alcuni ceppi vicini al secolo di età. Viti inurbate, che riproducono il modello del clos francese e generano un frutto a maturazione tardiva (da cui il nome), raccolto tra fine ottobre e inizio novembre, a bassa gradazione alcolica ma dalla buccia ricca di sostanze nutritive, soprattutto isoprenoidi e terpeni, capaci di regalare vini dalle caratteristiche olfattivo-gustative davvero inedite nel panorama contemporaneo.