Nel 2060, quando un terzo della popolazione avrà più di 65 anni, chi pagherà le tasse necessarie a mantenere il nostro oneroso sistema di welfare? Di certo non i nostri figli: il tasso di natalità in Italia è tra i più bassi d'Europa e senza un'inversione di rotta, sarà dura far fronte ad una spesa che già oggi supera i 17 miliardi di euro all'anno. L'emergenza demografica è comune a tutta Europa. Le ricette sono diverse, da paese a paese. Il modello da seguire sembra essere quello scandinavo, a giudicare dalle conclusioni cui arriva Hans Martens, professore all'European Policy Council (think tank indipendente con sede a Bruxelles), in una ricerca presentata a un convegno su "Longevity, modelli di welfare a confronto: Milano, Francoforte, Madrid, Parigi".
"Per molto tempo i capi di Stato hanno fatto gli struzzi, nascondendo la testa sotto terra per paura delle reazioni della gente: ora non si può più scappare, anche perché siamo sull'orlo di un collasso", spiega Martens: "Quasi il 60 per cento degli europei non ritiene i governi in grado di pagare pensioni e assistenza in futuro, ed è seriamente preoccupato, giudicando in maniera negativa le case di riposo e temendo di dover dipendere da qualcuno. Una paura sentita in Italia dal 70 per cento degli intervistati".
La gran parte degli europei preferirebbero l'assistenza domiciliare, evitando strutture residenziali e ospedali e andando peraltro incontro alle esigenze dei bilanci statali, che con una gestione efficiente verrebbero alleggeriti. Utopia? In alcune zone della Scandinavia e dei Paesi Bassi è già realtà, e i risultati positivi, anche in termini di risparmio, dovrebbero fare ben sperare.
Un esempio concreto: a Kitte, in Finlandia, l'amministrazione provinciale negli anni Novanta non volle più aumentare i letti nelle strutture di accoglienza per anziani, ascoltando la loro volontà di restare nelle proprie abitazioni. Gli investimenti vennero quindi dirottati sui servizi a domicilio e sulla creazione di network relazionali di supporto. Con migliore qualità della vita a fronte di minori costi per l'ente pubblico.
Il passo successivo, sottolinea la ricerca, tocca inevitabilmente le tecnologie adottate per agevolare la vita degli anziani a casa. Senza arrivare agli eccessi del Giappone, dove esistono già alcuni casi in cui un robot ha sostituito la badante, l'Europa deve tenere conto di questo sviluppo. E qui l'esempio vincente sono le case intelligenti norvegesi dove tutto è in rete e collegato, i "mini ospedali" portatili per monitorare i pazienti anche in assenza del medico e i progetti interattivi per stimolare chi ha problemi di memoria. "In alcuni paesi nordici privati e pubblico si sono uniti per trovare supporti in grado di migliorare la quotidianità, dando sicurezza, praticità e in un certo senso vitalità a chi li adotta, riducendo il prezzo dei servizi forniti" racconta Martens.
Il paese che meglio ha recepito tutti questi elementi è comunque la Danimarca, dove il governo ha investito una parte dei fondi per sviluppare un mercato libero in cui i cittadini possono scegliere ciò che preferiscono tra assistenza comunale o privata e sovvenzioni in denaro. In Italia siamo ancora lontani da queste vette di eccellenza, paralizzati anche da una delle più basse diffusioni di banda larga e connettività del Continente. In più, la percentuale di persone che ricorre a servizi domiciliari supera di poco il 5 per cento, contro ad esempio il 21 della Danimarca: "Da questo punto di vista, alcune regioni come Veneto, Lombardia o Emilia Romagna, portano avanti dei programmi moderni, mentre nel sud Italia la fotografia è ben diversa, perché qui c'è ancora un sistema arretrato e agli anziani ci badano per lo più le famiglie", commenta Emilio Tanzi, ricercatore del Cergas, il Centro ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria della Bocconi, e coautore del libro "I costi della vecchiaia" "per sostenere il rapido invecchiamento della popolazione si deve puntare su economie di scala e razionalizzazione; e in tal senso, la tecnologia potrebbe trasformarsi in una soluzione perfetta".
L'Unione europea ha dedicato il 2012 a queste problematiche, lanciando due anni fa la "Strategia europea per invecchiare bene con le ITC". Comunicazione sociale, sicurezza, dimore con intelligenza ambientale, telemedicina e sistemi portatili di monitoraggio sono solo alcuni esempi dei potenziali sviluppi in cui l'Europa crede, stimando investimenti in ricerca e innovazione superiori a un miliardo di euro tra privati e Stati membri. "Bisogna sempre ricordare che gli europei sopra i 65 anni d'età possiedono ricchezza e redditi per oltre 3 mila miliardi di euro, e la cifra aumenterà col tempo". Conclude Martens: "Questo rende le aziende sempre più propense a investire in questi settori. Pensiamo al mercato degli applicativi delle case intelligenti, destinato a triplicarsi passando dai 13 milioni di persone del 2005 ai 37 milioni del 2010".