In base agli accordi di qualche anno fa, centinaia di dipendenti 'in esubero' della compagnia aerea dovevano essere sostenuti con la cassa integrazione fino alla pensione. Invece ora è stata alzata l'anzianità. E loro rischiano di restare a spasso senza un soldo

Alla Cai, cioè nella nuova Alitalia, è arrivato il nuovo amministratore delegato. Si chiama Andrea Ragnetti, ha 52 anni e fino a ieri era manager della Telecom Italia. E' stato suggerito da Rocco Sabelli, l'ad dimissionario anche lui proveniente dall'azienda di Tronchetti Provera.

Le sfide che attendono Ragnetti sono note: prima di tutto, il pareggio di bilancio non riuscito a Sabelli, più in generale riportare in quota un'azienda in caduta libera.

Ma la prima grana che ha trovato il nuovo boss appena entrato nel suo ufficio della Magliana, a Roma, è un'altra: il caos sindacale all'interno dell'azienda. Dopo 3 anni e passa di cassa integrazione straordinaria, i lavoratori ex Alitalia infatti sono ancora più imbestialiti di prima. Nel 2008 la "bad company" ne aveva mandati a casa circa diecimila tra assunti a tempo indeterminato e precari, garantendo (con i soldi dello Stato) agli 'strutturati' la cassa integrazione straordinaria fino all'ottobre 2012 e poi tre anni di mobilità.

Da allora altri accordi sono subentrati, come quello del 4 marzo 2011, con tanto di cassa integrazione volontaria per 700 lavoratori della Cai che aveva anche previsto 160 assunzioni a tempo indeterminato tra i lavoratori in cassa integrazione dell'Alitalia. Le assunzioni però furono uno specchietto per le allodole: di questi 160 ne sono stati assunti, invece, con il nuovo accordo del 25 gennaio 2012, solo 25, per giunta con contratti stagionali.Tra l'altro questi accordi successivi violerebbero la legge 368/2001 sui contratti a termine e i lavoratori ex Air One li stanno impugnando in tribunale. Risultato? Il rischio di dover reintegrare oltre 400 persone in causa ora, a detta dello stesso Sabelli, a dispetto dei cassaintegrati di Alitalia cui invece spettava di essere riconsiderati.

Attualmente, comunque, i lavoratori in cassa integrazione Alitalia sono almeno 5000. Di questi almeno 2000 avrebbero avuto diritto alla pensione proprio grazie ai 7 anni di ammortizzatori sociali, come scritto nell'accordo del 2008 e nel Lodo Letta. Con il decreto Milleproroghe e con la nuova riforma delle pensioni, questi 2000 non potranno invece andare in pensione perché non hanno risolto il contratto di lavoro entro il 31 dicembre 2011. La mobilità scatterà solo il 13 ottobre 2012. Ma non sarebbero andati comunque perché all'epoca dell'accordo del 2008, per indorare la pillola ai dipendenti Alitalia, i sindacati – svela un ex dipendente in CIGS – contraccambiarono i 7 anni di ammortizzatori sociali a sfavore del blocco dei requisiti pensionistici al 2008. Un segreto di Pulcinella che molti lavoratori conoscono ma che i sindacati ancora smentiscono.

Al di là degli esodati, quelli che avrebbero avuto i requisiti per la pensione, c'è poi la questione della formazione e la riqualificazione dentro e fuori l'azienda. È pratica poco diffusa ma piuttosto nota tra i lavoratori di Cai il fatto di far pagare di tasca propria ai candidati all'assunzione i corsi di formazione per assistenti di volo: oltre 2000 euro per partecipare ad una selezione che non assicura affatto il contratto. E così il personale di volo molto spesso viene rimpiazzato con contratti in part time, pescando già tra chi ha lavorato in azienda e negando ancora una volta chance ai cassaintegrati.

Non solo. Con il Fondo Strutturale per il Trasporto Aereo – soldi accumulati durante il lavoro dell'Alitalia grazie ai rincari sui biglietti – a tutt'oggi Cai paga la formazione dei piloti assunti. Quanto invece alla formazione professionale dei cassaintegrati nulla è stato fatto. Nessun corso di aggiornamento finalizzato alla ripresa nel ciclo produttivo perché la Regione Lazio ha bloccato i fondi del Fondo Sociale Europeo. Gli unici, circa 300, che sono riusciti a beneficiare di un momento di eldorado per la formazione ai cassaintegrati sono i tirocinanti per il Ministero della Giustizia nelle sedi delle corti di appello di Roma e Provincia. Con un bando della Provincia questi ex lavoratori – per lo più Alitalia – hanno ottenuto un incarico nella pubblica amministrazione: una scommessa e una speranza per ricollocarsi.

Il problema, anche qui, è che poi tutto è passato alla Regione che non è ancora riuscita a rinnovare loro il tirocinio, in scadenza a marzo, che li paga (un rimborso spese di 250 euro) a 2 o 3 mesi ed ha minacciato di mandarli a casa – a detta dell'assessore regionale al lavoro Zezza – e di spendere eventualmente altri soldi per formarne altri. Un lavoro, il loro, peraltro indispensabile – a detta dello stesso Presidente della Corte di Appello di Roma, Giorgio Santacroce, proprio per la mancanza del personale addetto.

Il vero timore, oggi, non è solo quello di perdere il lavoro e rimanere in una terra di nessuno. Ma quello di sapere che sulla tua pelle c'è chi si gioca il futuro del lavoro, per tutti. E questo Ragnetti, probabilmente già lo sa.