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Economia
gennaio, 2013

I mediocri fanno liste mediocri

Con poche eccezioni, più che altro estetiche, le candidature al Parlamento rivelano il più classico dei meccanismi: fatto di cooptazione da parte di una classe dirigente che non premia le persone migliori

Le imminenti elezioni politiche riportano all'attenzione il problema della selezione di una classe dirigente credibile per il nostro Paese. Con l'eccezione di alcune figure destinate a ritoccare l'estetica dei vari partiti, ma non la loro sostanza, si ha la sensazione che una generale mediocrità si perpetui cooptando altra mediocrità. D'altra parte, questo processo condiziona non solo le forze politiche, ma gran parte della società.

I VOLTI NUOVI SONO selezionati attraverso la frequentazione e il gossip dei salotti, apparizioni televisive, tra amici di famiglia e amici di amici. Non si chiede a una persona, qualunque sia la sua età o il genere, «in che cosa hai dimostrato talento?», ma «chi conosci? Di che giro fai parte?» Così, spesso, anche età e genere diventano galloni privi di contenuto, sbandierati per dimostrare ciò che non si è fatto: una vera selezione. Per confondere le carte, ogni tanto si ricorre a cacciatori di teste per dimostrare che si vuole puntare al meglio. Ma anche in questo processo c'è l'inganno: in molti casi, il cacciatore di teste è assunto solo per mascherare una cooptazione già decisa; il suo compito si limita a certificare che il mediocre da assumere è il migliore disponibile sulla piazza. Ad aggravare le cose c'è un altro elemento.
Un sistema bloccato. Il costante ricambio della classe dirigente avrebbe bisogno di un confronto feroce ma educativo tra esperienza, innovazione e creatività, di mentori illuminati che hanno già accumulato meriti e successi nella vita e coltivano sconosciuti - gio
vani o meno giovani - di grande talento, offrendo loro spazi in cui esprimersi e il beneficio della loro esperienza, in cambio della disponibilità di questi ultimi a dimostrare sul campo le loro qualità e perfino il loro dissenso, quando costruttivo. Un tempo era così anche nei partiti e io stesso ebbi questo privilegio quando fui chiamato all'Eni molti anni addietro, senza avere nessuno alle spalle.

PERFINO NELLA TANTO vituperata Wall Street esistono decine e decine di uomini di successo che diventano mentori di individui senza altro patrimonio che la loro qualità, arrivando a dare loro i primi milioni (ne conosco molti) per avviare le loro iniziative, scommettendo soltanto sull'intelligenza da loro dimostrata nelle prime avventure nella realtà. Lo stesso avviene nel mondo politico americano: governo, partiti e congressmen pescano a piene mani nelle università, nelle imprese, nei think tank, consiglieri e membri dei loro staff. Questa apertura consente all'America di rinnovarsi costantemente attingendo dai ranghi degli sconosciuti, di quanti non hanno famiglie importanti o facoltose dietro di sé, né sistemi di relazioni precostituite che possano aiutarli. Secondo molti studi sull'argomento, il processo di inserimento di nuovi soggetti nella classe dirigente dura in media meno di tre anni ed è costante, come è costante il processo inverso. Ma anche chi è espulso può riprovare se, attraverso esperienze diverse (magari passando dalla politica al privato o all'università), dimostra di nuovo capacità di eccellenza.

IN ITALIA NON ESISTE nemmeno una pallida copia di un sistema del genere. Qualcuno potrebbe sollevare un dubbio: ma perché se la nostra classe dirigente è così mediocre non viene scalzata da gente migliore? Per rispondere, devo parafrasare Leo Longanesi: «Uno stupido è uno stupido. Due stupidi sono due stupidi. Diecimila stupidi sono una forza storica». Una forza storica che sopperisce all'assoluta mancanza di qualità con la dimensione di un esercito dislocato ovunque e la sistematica emarginazione di chi può far ombra.
Uscire da un sistema così bloccato è difficile, anche perché selezionare una classe dirigente di qualità richiede cura e tempo che né partiti né aziende sembrano disposti a prestare. Ma senza persone di talento attorno, anche potenziali leader finiscono ben presto per declinare in una sterilità rumorosa e ripetitiva, incapaci di rialzare la testa al di sopra della mediocrità che hanno coltivato.

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