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Economia
gennaio, 2015

Bce, le audaci promesse di Mario Draghi

Mario Draghi
Mario Draghi

Nessuno sa se l’immissione di liquidità della Banca Centrale Europea avrà gli effetti sperati per il salvataggio dell'Euro, ma almeno è un inizio. Il commento dell'editorialista economico del Financial Times

Mario Draghi
Pietà per Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea. Lui sta cercando di abbeverare l’eurozona nelle acque monetarie. Purtroppo, la bestia ha molte teste: alcune non vedono l’ora di farsi una bevuta; altre temono invece che questo sia un male per tutte. Ma la Bce deve tentare. Lasciare campo libero alla deflazione sarebbe molto più pericoloso.

Così la Bce ha deciso di acquistare titoli per 60 miliardi al mese almeno fino a settembre del 2016. E soprattutto, gli acquisti continueranno fino a quando la banca non vedrà “un aggiustamento sostenuto” dell'andamento dell'inflazione che sia coerente con il suo obiettivo di conseguire tassi d'inflazione “inferiori, ma prossimi al 2%” nel medio periodo. La ripartizione degli acquisti dev’essere conforme alle quote di partecipazione azionarie dei vari paesi nella Bce (che corrispondono grosso modo al peso percentuale di ciascuno Stato membro nel prodotto interno lordo dell’Ue). Per fare una concessione alla Germania, la Bce ha deciso inoltre che l'80 per cento degli acquisti cadrà sui bilanci delle banche centrali nazionali. Ciò nonostante, “il Consiglio direttivo manterrà il controllo su tutte le caratteristiche del programma e la Bce coordinerà gli acquisti, salvaguardando l’unicità della politica monetaria dell’Eurosistema”.

Economia
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22/1/2015
E’ una decisione simile all’impegno assunto da Draghi nel 2012 di fare "tutto il necessario" per salvare l'euro. Questa volta la Bce dice che acquisterà titoli per 1.000 miliardi di euro, pari al 10 per cento del Pil dell’eurozona e ad una percentuale simile di debito pubblico lordo. Ma soprattutto, andrà avanti su questa strada fino a quando non raggiungerà il suo obiettivo.

Si tratta di un’iniziativa molto più audace del previsto, anche se nessuno dovrebbe essere sorpreso dal fatto che la Bce è davvero determinata a fare il suo lavoro. Non solo, ma questo impegno senza limiti di tempo potrebbe spingere verso la ripresa l’eurozona, che trae oggi beneficio da una riduzione dei prezzi del petrolio, da alcune riforme strutturali, da un settore bancario rafforzato e da una forte riduzione degli interessi sul debito sovrano. In questa congiuntura favorevole, l'impegno della Bce potrebbe determinare un progressivo aumento di fiducia. O almeno questo può giustificare qualche speranza.

I critici si dividono in due fazioni contrapposte. La prima ritiene che l’eurozona soffre di una domanda cronicamente debole, che richiede l'impiego di strumenti macroeconomici standard. Ma, secondo i sostenitori di questa tesi, la leva monetaria è insufficiente e, peggio ancora, non incentiva i governi ad attuare politiche fiscali espansive.

Di certo, però, è molto più pericoloso per la Bce giocare a braccio di ferro con i governi. Inoltre, le misure annunciate sono, quasi altrettanto certamente, il massimo che Draghi poteva fare. Il punto cruciale è che la Bce ha stabilito un termine di riferimento rispetto al quale la cessazione del programma dovrà ora essere giustificata.

Martin Wolf (Daphne Borowski for the Financial Times)
La seconda fazione è rappresentata da quelli che pensano che l’immissione di liquidità sia qualcosa di molto simile a un’invenzione diabolica. Tralasciamo l’opinione secondo la quale essa sarebbe il primo passo verso l’iperinflazione: i dati empirici escludono decisamente questa possibilità. Più serie sono invece le obiezioni che una lieve deflazione non è dannosa, che la politica monetaria non può risolvere le debolezze strutturali e che l’immissione di liquidità attenua l’impegno dei governi per la riforme.

La prima di queste obiezioni è fin troppo compiacente. La deflazione aggraverebbe infatti i problemi dei paesi altamente indebitati. Inoltre, a differenza del Giappone, l’eurozona non ha la possibilità di adottare una politica fiscale, qualora fosse necessaria a contenere l’impatto della deflazione. Infine, il mancato raggiungimento dell'obiettivo della Bce ne distruggerebbe la credibilità.

La risposta alla seconda obiezione è: e allora? È vero, l’immissione di liquidità non risolve le difficoltà strutturali. Ma l’eurozona non è entrata in crisi perché i problemi dal lato dell'offerta sono improvvisamente peggiorati, ma perché la domanda è crollata. Inoltre, le riforme che incidono sul fronte dell’offerta non determinano necessariamente un aumento della domanda, come dimostra l’esperienza della Germania nell’ultimo decennio. In realtà le riforme del mercato del lavoro potrebbero ridurre la domanda nel breve periodo, poiché i lavoratori temono di venir licenziati e di veder decurtati i loro salari. Un forte sostegno della domanda è pertanto un complemento necessario delle misure volte a stimolare l’offerta, tanto più che, anche con un euro più debole, l’eurozona ben difficilmente può sperare di realizzare un surplus nei conti con l’estero altrettanto grande di quello della Germania.

Alla terza obiezione possiamo infine rispondere che la convinzione secondo la quale i governi attueranno le riforme solo se tenuti sotto sferza è troppo sadica. Ma possiamo anche avanzare una forte controbbiezione: i governi che s’impegnano a introdurre riforme dolorose, ma non ricevono alcun aiuto da politiche di sostegno della domanda, perderanno credito e finiranno per essere rigettati. L’eurozona potrebbe ritrovarsi ben presto alle prese con governi populisti di sinistra o di destra contrari alle politiche loro imposte. E questo sarebbe sicuramente un disastro molto più grande.

Nessuno sa se questa iniziativa della Bce avrà gli effetti sperati. Ma almeno è un inizio. L’intensità dell’opposizione in Germania potrebbe minare la credibilità dell’azione. Ma almeno la Banca centrale europea si muove. Tutto ciò è molto distante da una complessiva soluzione della crisi dell’euro. Ma è un apprezzabile tentativo di tenere in piedi lo spettacolo dell’Eurozona.

Copyright The Financial Times Limited 2015 / l'Espresso
(Traduzione di Mario Baccianini)

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