
Franco, 42 anni, è nato a Salerno e dopo la laurea era salito a Milano per lavorare in Reply, un importante gruppo informatico. Tre anni fa ha lasciato tutto e si è trasferito a Pavia, scommettendo sulla più intraprendente start-up che, forse, esista oggi in Italia: «Non ti dico mia madre come si è preoccupata quando ho lasciato un gruppo solido per un’attività appena partita».
La start-up, se a cinque anni dalla nascita si può ancora chiamare così, è FacilityLive. Per dare un’idea della sua ambizione, basta un unico fatto: ha scritto nel proprio Dna che Google rappresenta il passato. Non è un modo di dire: i fondatori, Gianpiero Lotito e Mariuccia Teroni, hanno infatti brevettato in 44 Paesi, dall’Europa agli Stati Uniti, da Israele al Giappone, una metodologia per la ricerca sul Web e su qualunque sistema informatico. Nelle domande di brevetto hanno dovuto descrivere quello che viene chiamato lo stato dell’arte, spiegando perché il loro modo di procedere sarebbe migliore. Lo stato dell’arte (o “prior art”, nel gergo dei brevetti) era appunto Google.
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TUTTO INIZIÒ CON UN MACINTOSH
«Non siamo pazzi, non preoccuparti. siamo del tutto certi che Larry Page e Sergey Brin, i fondatori di Google, non si svegliano la mattina domandandosi che cosa stiamo facendo qui a Pavia», sorride Lotito, 56 anni, capelli e barba bianchi, una storia personale che non potrebbe essere più diversa dallo stereotipo del ragazzotto-nerd creatore di start-up. perché gianpiero e la socia mariuccia di idee brillanti, in 28 anni di lavoro insieme, ne hanno avute parecchie.
Tutto parte nel 1987 con un Macintosh, come si chiamavano i computer Apple. Mariuccia, fresca di laurea in economia, e Gianpiero, che ha lasciato medicina per fare il cantante vincendo anche il precursore di X Factor (“Star 90”, su Rete4), decidono di fondare il primo giornale universitario pubblicato privatamente. Vanno in un negozio Apple per comprarsi il Macintosh e il progetto piace al proprietario, che propone loro di pubblicare libri d’informatica e contribuisce all’impresa regalando computer, stampanti e altre macchine per un valore di 30 milioni di lire. Nel giro di pochi mesi i due si ritrovano al centro della rivoluzione informatica dell’editoria, che cavalcano alla grande, lavorando ai software per il trattamento di testi e immagini e alla digitalizzazione degli archivi di giornali e agenzie di fotografia.
UN MODO DIVERSO DI CERCARE
Fanno tanto bene che una dozzina d’anni più tardi, in una mostra al Castello Sforzesco sulla storia dell’editoria a Milano dal 1880, c’è un’intera sala dedicata ai loro lavori. «Poi, nel 2001, abbiamo deciso di sistematizzare tutti i processi che avevamo elaborato nel tempo. Da questo lavoro sono nate le domande per le due famiglie di brevetti che abbiamo ottenuto, presentate a partire dal 2006», spiega Mariuccia, che racconta come Facility Live sia nata nel 2010 in un appartamento di Pavia, dove fino a tre fa anni non più di una decina di collaboratori si davano da fare per rendere concreto il loro temerario progetto: costruire un’azienda capace di arrivare a una valutazione di un miliardo di dollari ancor prima della quotazione in borsa, un’impresa in Italia mai riuscita a nessuno.
Le società che ce la fanno sono chiamate “unicorn”, e la loro classifica è dominata da colossi americani e cinesi come Uber e Xiaomi, con rare eccezioni europee quali Spotify e Blablacar. Proprio per questo, nell’estate 2013, i due fondatori meditano di trasferire l’azienda in Silicon Valley, e continuare a svilupparla da lì.
«La decisione era presa, poi ci abbiamo ripensato. Penso che in Europa dobbiamo smettere di sentirci inferiori: una grande azienda può nascere anche qui», sostiene Gianpiero. Che quando ha comunicato la scelta ai soci, ha annunciato anche di aver assunto un lobbista a Bruxelles, Fabrizio Porrino: «Quante imprese della nostra taglia l’hanno fatto?». I risultati arrivano in fretta, e ora Facility è l’unico membro italiano della European Tech Alliance, una lobby che spinge per arrivare a un mercato unico digitale, favorendo lo sviluppo degli operatori comunitari in un mondo dominato dai colossi Usa. «Siamo di fronte a un’opportunità irripetibile», dice.
La strada per diventare un unicorno è lunga ma in Facility, assicurano, stanno facendo passi da gigante. In un grande e luminoso ufficio nel polo tecnologico di Pavia lavorano 60 persone, in gran parte laureate, quasi tutte assunte a tempo indeterminato. Gran parte dei tecnici codifica i software, insegna ai clienti come svilupparli, provvede all’aggiornamento e alla manutenzione dei programmi.
Davide Lazzari, 39 anni, un ingegnere che nel tempo libero ha smesso di fare kick-boxing per darsi agli hackathon, come vengono chiamate le gare di programmazione, è stato uno dei primi a entrare. Per spiegare la differenza fra Google e Facility, dice che si tratta di un differente modo di lavorare. Il motore di ricerca più utilizzato al mondo funziona principalmente su base statistica: legge tutte le pagine Web più volte al giorno e identifica i termini ricercati dall’utente all’interno dei documenti che lo contengono. «Se devo cercare il mio nome, “Davide Lazzari”, la nostra tecnologia non ha bisogno di leggere all’interno dei testi. Perché analizza prima tutte le informazioni associate a un documento e va a leggere all’interno solo quando è necessario. Per questo motivo riesce a trovare soltanto le informazioni pertinenti e tralascia quelle casuali», spiega Davide, che ripete il motto aziendale: «Una ricerca, un sito».
COME FUNZIONANO I BREVETTI
In realtà i due motori hanno scopi diversi fra loro e questo spiega perché Lotito dice di non essere «così pazzo» da sfidare il gigante di Page e Brin. Google è imbattibile per le ricerche sul Web aperto; in una rete definita di siti o di sistemi Intranet, invece, Facility mira ad ottenere esclusivamente i risultati ricercati dall’utente - non un lungo elenco di opzioni - e a presentarglieli creando appositamente una pagina web che prima non esisteva.
Un esempio aiuta a capire meglio. Lo strumento di ricerca di Facility, il “tool” come si chiama, si può trovare sul sito di Arriva, la società italiana delle ferrovie tedesche, che effettua un servizio di trasporto via bus in diverse province del nord, da Torino a Como, da Cremona a Trieste, in proprio o attraverso consorzi a cui partecipa. Se nell’apposita finestrella del sito si mette un’informazione molto intuitiva, tipo “Bergamo Lovere domani”, il risultato saranno gli orari dei mezzi della giornata di domani per muoversi fra le due città. Se si mette lunedì, il sistema andrà immediatamente a mettere le informazioni giuste per il lunedì successivo. C’è poi un’ulteriore strumento chiamato “iperlente”, pure brevettato, che cliccato permette di creare una finestra con le informazioni ricercate, senza cambiare pagina o sito. Per inciso: se digiti “tomorrow” al posto di “domani” e lo fai da Londra alle 23.30 di giovedì (le 0.30 di venerdì in Italia), Facility scioglie l’ambiguità e capisce che il navigatore inglese vuol viaggiare venerdì, non sabato. Badate bene: i risultati non vengono preordinati da un programmatore, perché Facility riesce a decodificare quello che l’utente sta cercando in un modo che i suoi ideatori definiscono “semantico”.
«Con la nostra tecnologia aggiungiamo uno strato d’intelligenza che permette all’utente di dialogare facilmente con i vari sistemi informatici in cui sono conservate tutte le informazioni che gli interessano», spiega Simona Russo, laurea in informatica, diversi anni d’esperienza, modi pacati, concetti chiari. Di qui il valore della piattaforma per grandi clienti come banche, compagnie telefoniche e tutti quei colossi che devono reperire rapidamente le informazioni su milioni di clienti, mettendole a disposizione dell’operatore in una sola schermata. Oppure per la pubblica amministrazione, come sta sperimentando una contea alla periferia di Londra, a cui Facility ha fornito la piattaforma che permette agli impiegati di reperire tutte le informazioni su multe, contributi, tasse locali. Dice ancora Franco Cesaro, l’informatico originario di Salerno: «Per molti sistemi è insuperabile l’ostacolo di com’è registrato il nome dei citadini, F. Cesaro, oppure Cesaro F., o ancora Cesaro Franco. Noi invece riusciamo a decifrare tutte queste informazioni, fornendo i risultati cercati».
GIÀ RACCOLTI 20 MILIONI
Al di là degli aspetti tecnici, ciò che differenzia la start-up di Pavia da molte altre è il fatto che Gianpiero e m
Mariuccia hanno deciso di pensare in grande fin dall’inizio. Non mirano a raggiungere il pareggio di bilancio a breve, perché «se vivi del tuo fatturato, la necessità di stare dietro agli affari supera le tue capacità di crescita. è il motivo per cui molte start-up arrivano a 5-10 milioni di giro d’affari e si siedono», spiega Gianpiero.
Credendo nel valore della loro tecnologia, in Facility lavorano su due fronti. In primo luogo hanno ingaggiato un esperto di private equity, Luca Sangalli, che ha il compito di selezionare nuovi soci, dando il via a una campagna di finanziamento che nelle intenzioni durerà anni, tutta tesa a sostenere gli investimenti. Dopo una prima fase in cui Facility ha raccolto fondi per dieci milioni tra gli amici, sono stati contattati una serie di imprenditori della città, portando gli azionisti attuali a 68, compresa l’Università di Pavia, che non ha messo quattrini ma ha stretto un accordo di collaborazione. Ora si cercano investitori professionali, e il totale della raccolta fondi ha già raggiunto i venti milioni, con manifestazioni d’interesse anche da Gran Bretagna e Usa. Tutti devono però condividere alcuni principi, a cominciare dal fatto che il controllo resta ai fondatori e i brevetti di proprietà di Facility.
Gli ultimi soci, per dire, sono entrati nel capitale sulla base di una valutazione di 225 milioni, stratosferica se messa a confronto con i 750 mila euro che l’azienda fatturerà quest’anno.
Qui c’è il secondo fronte. L’obiettivo è triplicare i ricavi ogni anno per un quinquennio. Per questo Gianpiero e i suoi stanno concentrando gli sforzi su clienti di caratura internazionale, che possano convalidare i loro prodotti. Il primo contratto da un milione di euro è appena entrato (il nome del cliente è riservato) e nel carnet figurano lavori avviati con gruppi quali Vodafone, Accenture, Unicredit, la compagnia telefonica belga Proximus. Ma il mercato futuro è costituito dall’intero panorama dei siti web, delle applicazioni mobili e di ciò che sarà collegato a Internet.
«Oggi la tecnologia viene data alle aziende che la installano sui loro siti, nell’arco di 3-5 anni sarà utilizzabile direttamente via cloud da chiunque, anche sulllo smartphone, dando a tutti la possibilità di organizzare al meglio le proprie informazioni», dice Gianpiero. Un esempio è Just Eat. Per far arrivare la cena a casa oggi servono diversi passaggi, con Facility potrebbe bastarne uno: “ristorante messicano tacos con pollo max 10 euro corso Lodi Milano”. «Per arrivarci serviranno grandi investimenti ma ora siamo strutturati e pronti per provarci», dice Gianpiero. A quel punto, se andrà bene, l’unicorno da un miliardo di dollari potrebbe spiccare il volo.