Alla vigilia di Natale il ministro Guidi ha autorizzato due permessi di ricerca molto contestati, uno alle Tremiti e l'altro lungo la costa abruzzese. Facendo saltare i nervi alle regioni No Triv. Che ora studiano il contrattacco, mettendo a rischio il referendum per la riforma costituzionale su cui Renzi punta tutto

Una sorpresa amara per gli italiani nemici di gas e petrolio. Un bel regalo di Natale per due piccole società straniere. Il dono in questione è arrivato a ridosso delle feste e porta la firma del ministro dello Sviluppo economico ed ex vice presidente di Confindustria, Federica Guidi. La quale è accusata da alcune associazioni ambientaliste di aver messo al sicuro due imprese dalle nuove norme previste dalla legge di Stabilità, che fissano vincoli stringenti per le perforazioni.

Insomma, la Guidi avrebbe fatto un favore ai petrolieri. Scatenando l'ira di chi si batte contro le trivelle nei mari italiani. E riaccendendo un conflitto con le regioni che il governo sembrava aver disinnescato.

IL REGALO DI NATALE
La vicenda riguarda il referendum sulle trivellazioni chiesto da 10 regioni italiane. Dopo che i quesiti referendari sono stati ritenuti validi dalla Cassazione, il governo ha fatto marcia indietro. All'interno della legge di Stabilità, votata definitivamente dalla Camera il 23 dicembre, l'esecutivo ha inserito un articolo che di fatto rende inutili alcuni dei sei quesiti proposti dalle Regioni. In particolare, la legge di Stabilità vieta di trivellare entro 12 miglia dalla costa. Proprio quello che chiedevano presidenti di Regione e cittadini “No Triv”. Ma è qui che interviene il ministero dello Sviluppo economico. O meglio, l'intervento arriva un giorno prima che la legge di Stabilità venga votata.

Il 22 dicembre, infatti, sul Bollettino ufficiale degli idrocarburi vengono pubblicati alcuni decreti. E due di questi riguardano zone calde. Il decreto 176 concede alla società irlandese Petroceltic il permesso di ricercare idrocarburi per sei anni al largo della costa delle Tremiti. L'area è grande 370 chilometri quadrati e l'incasso per lo Stato, almeno finché non verrà trovato gas o petrolio, sarà di circa 1.900 euro all'anno. Il decreto 175, invece, concede alla società britannica Rockhopper il rinnovo del permesso di ricerca per un altro anno, fino al 31 dicembre 2016. Si tratta del giacimento di Ombrina Mare 2, un grosso blocco situato in Abruzzo, a metà strada fra Pescara e Vasto, da anni al centro delle proteste dei No Triv.

GUIDI: «POLEMICA STRUMENTALE»
La notizia dei due permessi ha scatenato l'ira di associazioni ambientaliste e presidenti di Regione. Con Michele Emiliano, numero uno della Puglia, che si è spinto a definire «una vergogna» la scelta del governo. E a minacciare Matteo Renzi e i suoi: «Serve un passo indietro subito», ha detto il governatore, «altrimenti sarà battaglia». La risposta della Guidi non si è fatta attendere. Per il ministro quello sollevato è «un polverone pretestuoso e strumentale: non c'è nessuna trivellazione», sono state le parole scelte per rispondere alle accuse.

Nel comunicato stampa diramato dal ministero dello Sviluppo economico si fa riferimento solo al permesso rilasciato alla Petroceltic nel mare di fronte alle Tremiti. Il permesso, dice la Guidi, «riguarda soltanto, e in una zona oltre le 12 miglia, la prospezione geofisica e non prevede alcuna perforazione che, comunque, non potrebbe essere autorizzata se non sulla base di una specifica valutazione di impatto ambientale. Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, conosce benissimo i termini esatti della questione». Come dire: è vero, è stato rilasciato un nuovo permesso di ricerca alla vigilia della legge di Stabilità, ma davanti alle Tremiti si faranno solo rilevamenti geofisici, nessuna trivella, Emiliano lo sa e s'inventa una polemica per ottenere visibilità.

BONELLI: IL MINISTRO MENTE
Per Angelo Bonelli, della Federazione dei Verdi, il primo a dare notizia dei permessi rilasciati dal ministero, le cose non stanno però come dice la Guidi. «Dall'analisi della cartina nautica», spiega Bonelli, «emerge che una parte del permesso concesso alla Petroceltic è dentro le 12 miglia. Inoltre il ministro Guidi dice che è solo rilevazione geofisica, senza ricordare che questa rilevazione viene fatta con l'airgun, tecnica che ha effetti potenzialmente devastanti sulla vita marina. E poi la Guidi dimentica di aggiungere che una volta individuato il giacimento, per la Petroceltic sarà quasi automatico ottenere il permesso di trivellazione».

Bonelli ha qualcosa da dire anche su Ombrina Mare, l'altro giacimento al centro delle polemiche. La Guidi nel suo comunicato non ne ha parlato. Si è limitata a scrivere: «Nessun altro permesso di ricerca, in nessun'altra parte del Paese, è stato rilasciato alla vigilia dell’approvazione delle legge di Stabilità». Tutto vero anche secondo Bonelli, perché quello di Ombrina non è un nuovo permesso ma l'estensione di uno in scadenza. «Il problema», fa notare l'esponente dei Verdi, «è che anche in questo caso stiamo parlando di un permesso che si trova dentro le 12 miglia, il cui rinnovo non sarebbe stato possibile senza questo decreto del ministero varato poco prima dell'entrata in vigore del limite delle 12 miglia».   

Insomma, la risposta della Guidi non sembra aver calmato gli animi. Anzi: alcuni comitati che fanno parte del “coordinamento no triv” hanno chiesto una moratoria, cioè il blocco totale del rilascio di nuovi permessi di ricerca e di sfruttamento di idrocarburi, sia in terra che in mare. E i governatori regionali appaiono più uniti che mai nella loro battaglia contro le trivelle, dal leghista Luca Zaia al presidente del consiglio regionale lucano, Piero Lacorazza.

OBIETTIVO: REFERENDUM COSTITUZIONALE
Il prossimo appuntamento è fissato per mercoledì, quando la Corte Costituzionale dovrà esprimersi sulla validità dell'unico quesito referendario rimasto valido dopo il varo della legge di Stabilità. Il referendum in questione è quello che riguarda la durata delle autorizzazioni a trivellare. Attualmente il permesso di estrarre vale per l'intera vita del giacimento: i referendari chiedono di cancellare questo automatismo. La posta in gioco, però, è molto più alta: riguarda il potere politico, più che gas e petrolio.

Sterilizzando all'interno della legge di Stabilità buona parte dei quesiti referendari, il governo ha lasciato intatto il cardine della legge Sblocca Italia, che di fatto esclude gli enti locali, Regioni comprese, dalle decisioni sui temi energetici, considerati strategici e dunque ad esclusivo appannaggio del governo centrale. Una mossa che le Regioni non accettano. Non a caso, subito dopo lo scoppio della polemica sui due permessi di ricerca, Emiliano è passato al contrattacco. Le Regioni, ha detto, «devono elevare subito il conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato davanti alla Corte Costituzionale per alcune norme dell'emendamento natalizio che hanno scippato al popolo italiano la possibilità di esprimersi in sede referendaria sul punto di restituire o meno alla Conferenza delle Regioni il potere di decidere se e dove sia possibile trivellare a fini di ricerca petrolifera».

Insomma, grazie al regalino di Natale del ministro Guidi la battaglia tra governo e Regioni torna ad infiammarsi. Con un corollario particolarmente pericoloso per Renzi. «C'è un motivo per cui il premier vuole assolutamente evitare il referendum sulle trivellazioni e il motivo non sono le trivellazioni stesse», sostiene Enzo Di Salvatore, docente di Diritto costituzionale all'università di Teramo ed estensore dei quesiti referendari per conto delle 10 regioni. «Il problema», secondo Di Salvatore, «è che sul petrolio il Pd non è compatto e se queste divisioni dovessero emergere nel voto sulle trivelle ci potrebbe essere un effetto sulla campagna per l'altro referendum, molto più importante per Renzi, quello sulla revisione costituzionale. Il premier ha dichiarato che se non passa la riforma si dimette. È ovvio che al governo interessa non arrivare a quell'appuntamento con le regioni governate dal Pd divise e contrapposte al governo».

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