Vincenzo Boccia è il nuovo presidente di Confindustria. Con 100 voti su 192 votanti (rispetto ai 198 aventi diritto), e 9 voti di scarto sul rivale bolognese Alberto Vacchi (che ne ha avuti 91; una scheda bianca), il Consiglio generale della Confederazione degli imprenditori italiani ha preferito l'imprenditore salernitano alla successione di Giorgio Squinzi per i prossimi quattro anni.
Sarà l'assemblea generale del 25 maggio a ufficializzare il risultato. Ma la scelta è già un segnale chiaro di un metodo con il quale Confindustria intende affrontare le sfide che l'aspettano: dalla riconquista di un ruolo forte nel suo essere trait d'union tra Governo e imprese, alla definizione di nuove relazioni industriali più adeguate a un mercato sempre più competitvo, fino al rinnovamento interno dell'associazione, che Boccia non ha mai nascosto di voler affrontare con spirito di continuità, da “uomo di sistema”: «La rappresentanza è solo un costo, se male esercitata», ha scritto nel suo Programma per l'Italia: «Dobbiamo investire in una Confindustria che sappia evolversi rapidamente nei servizi, in particolare per le piccole e medie imprese, al fine di dotarle della cassetta degli attrezzi con cui affrontare le sfide della crescita, dall'internazionalizzazione all'innovazione, dall'accesso al credito alla nuova finanza».
Un'autentica ossessione, quella di Boccia, per la piccola impresa: ex presidente di Piccola Industria, sostenuto nelle elezioni dai Giovani Imprenditori, rappresenta lui stesso l'esempio di una tipica azienda familiare, evolutasi all'insegna della tecnologia e di un'apertura manageriale al mondo. Laureato in Economia e Commercio all'università di Salerno, è amministratore delegato della Arti Grafiche Boccia, specializzata nella stampa di periodici, quotidiani, cataloghi e cartotecnica per il settore agroalimentare, l'azienda fondata dal padre Orazio: istrionico tipografo che dal nulla -aveva appreso il mestiere all'orfanatrofio di Salerno- realizza il sogno di un'impresa con macchinari all'avanguardia nel Mezzogiorno e cresce, e si distingue, fino a ricevere, nel 2008, il titolo di Cavaliere del Lavoro.
?Con quaranta milioni di fatturato e 160 dipendenti, il confronto tra le due imprese faceva apparire la competizione come la lotta tra Davide e Golia: il bolognese Alberto Vacchi è presidente del gruppo Ima, uno dei principali player mondiali nella progettazione e produzione di macchinari e impianti per il packaging: nel 2015 ha realizzato ricavi consolidati per 1,1 miliardi. Una logica, in realtà, estranea alle corse confindustriali. E questa non era una sfida né per dimensioni d'impresa né per latitudine («La mia idea sul Sud? Chi conosce il Paese sa che esistono i Sud. Il Mezzogiorno non ha bisogno di politiche speciali: ciò che fa bene al Paese fa doppiamente bene al Meridione»), ma per identità culturali diverse, aveva detto Boccia stesso intervistato da L'Espresso: se per entrambi l'obiettivo annunciato è riportare al centro la questione industriale, Vacchi ha sempre parlato della necessità di introdurre discontinuità nell'azione di Confindustria. L'esatto contrario di Boccia: «Questa è la mia storia: un percorso di formazione fatta di impegno, passione, senso di responsabilità, identità di cui sono orgoglioso. Non userò mai il termine discontinuità, lo ritengo irrispettoso per chi ci ha preceduto. La mia sarà continuità nei valori e nell'identità e cambiamento che ci è imposto dai nuovi contesti, nello stile, nel merito, nella struttura», aveva detto.
È prevalsa la linea di Boccia e dei suoi sostenitori, Emma Marcegaglia in primis, che non a caso commenta la vittoria dicendo che il neopresidente «saprà creare la giusta discontinuità». E Boccia aggiunge: «Questa Confindustria riuscirà a costruire un percorso di continuità e cambiamento».
L'attenzione va ora alla sua proposta di cambiamento radicale nelle relazioni industriali, superando il ruolo centrale che ha sempre avuto il contratto nazionale: «Dobbiamo fare del livello aziendale di contrattazione la sede dove realizzare lo scambio cruciale tra miglioramenti organizzativi e di produttività e incrementi salariali, con facoltà di derogare al contratto nazionale», ha ripetuto in questi mesi Boccia.
«La priorità è identificare una squadra molto forte, perché le sfide del prossimo futuro non saranno banali», ha commentato a caldo Vacchi, facendo i suoi auguri al vincitore: «Non deve esistere alcuna spaccatura». Del resto, diversità a parte, il Manifesto per le Relazioni Industriali di Federmeccanica l'ha sposato anche lui.