«La spiaggia è un bene comune. Anche chi è povero ha il diritto al sole e farsi un bagno»

La nuova legge deve garantire equilibrio tra spiagge libere e in concessione, perché ci sono zone in cui i soliti furbi hanno privatizzato ogni centimetro di litorale. Cementificando, costruendo muri e scempi

Che succederà ora sulle spiagge italiane? Dopo l’approvazione della contestatissima legge sulla concorrenza si apre infatti una stagione nuova, che dovrebbe portare a gare per l’assegnazione delle concessioni. Ma se tutta l’attenzione mediatica e politica si è concentrata sul destino delle imprese balneari meno chiaro, ma più importante per l’interesse generale, è cosa succederà su queste particolari aree che sono pubbliche e inalienabili, se si tornerà a ristabilire finalmente regole di corretta tutela e gestione. Il testo di legge dice che si dovrà garantire equilibrio tra spiagge libere e in concessione, che si dovrà realizzare una mappatura delle assegnazioni avvenute in questi anni e che si dovranno premiare le gestioni attente alla qualità e sostenibilità.

 

Sarà tutto meno che facile, ed è proprio su questi principi che è avvenuto lo scontro più feroce tra il governo e i balneari. Un conflitto che non è ancora finito, perché bisognerà approvare dei decreti attuativi, legato a due questioni ancora aperte. La prima riguarda la mappatura delle concessioni, perché se sarà fatta correttamente metterà in luce alcune situazioni di incredibile illegalità, con stabilimenti che a Pozzuoli come a Ostia hanno costruito muri e cancelli per impedire a chi non paga di accedere alle spiagge. Ma anche di centinaia di stabilimenti da Nord a Sud che, senza permessi, hanno costruito strutture, spianato dune per realizzare parcheggi, pavimentazioni per ristoranti e aree sportive. Di fronte a casi di questo tipo si dovrà ristabilire la legalità, ma non sarà facile e ci sarà da vigilare. E poi ci sono i tanti comuni liguri, romagnoli e toscani dove non esistono praticamente più spiagge libere.

 

A Riccione come ad Alassio e a Forte dei Marmi si arriva al 90 per cento di spiagge in concessione, per cui qui prima delle gare si dovrà approvare un piano dell’arenile che permetta di far tornare a una situazione di “equilibrio”, come dice la legge appena approvata. Oppure, per dirla senza giri di parole, che permetta anche a chi è povero di fare il bagno e sdraiarsi a prendere il sole. Un diritto che oggi è in tante aree del Paese negato e che è un caso unico in Europa. Ed è inutile che i balneari insistano con la tesi per cui così si rovina un modello di business tipico italiano, perché è proprio questa privatizzazione strisciante che ha impedito di guardare alla domanda di turismo di qualità che cresce in tutto il mondo. Dove c’è spazio per stabilimenti ben gestiti e che investono su innovazione ambientale e accessibilità per tutti, che rispettano le regole. Come ha fatto in questi giorni il sindaco di Bacoli, denunciando stabilimenti che perquisivano i bagnanti del cibo portato in spiaggia, per obbligarli a utilizzare il bar dello stabilimento. Che oltretutto non pagava da tempo le tasse al Comune.

 

Bisognerà distinguere tra imprenditori onesti e che gestiscono bene e chi invece in questi anni si è approfittato degli scarsi controlli pubblici. Ci sono tante zone d’Italia dove si è già trovato un equilibrio tra interesse generale alla tutela del paesaggio e dell’accesso al mare, con quello di fornire servizi attraverso attività private. Basta andare a San Vito Lo Capo, in una meravigliosa spiaggia che la sera è completamente libera perché le concessioni sono per affitto di ombrelloni e lettini, ma senza perimetrazioni delle aree. Si vede perfino il mare. Uno dei tanti diritti negati nei comuni, anche della ricca Versilia, dove ci si è dimenticati che le spiagge sono di tutti.

 

Edoardo Zanchini, Forum Disuguaglianze diversità - Legambiente

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Il rebus della Chiesa - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso