Il segretario dell'Osservatorio Nazionale Liberalizzazione Trasporti spiega perché non bandire a regolare gara d'appalto la gestione dei servizi di trasporto urbano ci allontana dal modello di efficienza e riduzione dell'inquinamento che si è affermato nel resto del Continente

L'Antitrust bacchetta il Comune di Roma per la decisione di affidare ancora ad Atac la gestione del servizio di trasporto pubblico locale dal 2024 al 2027 senza ricorrere a gara pubblica. L'Agcm, Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha fatto sapere nei giorni scorsi che ricorrerà al Tar del Lazio contro la decisione del comune di Roma Capitale di procedere all'affidamento in house ad Atac del servizio di trasporto pubblico locale non periferico per i prossimi tre anni. Di fatto, si tratta di una proroga di una poco efficiente concessione, replicando la proroga già avvenuta nel 2019 ai tempi in cui al Campidoglio stava Virginia Raggi.

 

Insomma, cambiano i colori delle Giunte, ma l'Atac non cambia mai e resta sempre in sella: «Per proseguire nella costosa gestione corporativa e fallimentare dell'azienda di trasporto pubblico locale», commenta Dario Balotta, presidente dell'osservatorio nazionale liberalizzazione e trasporti, che continua: «Per Virginia Raggi l’alibi, per la prosecuzione dell'appalto, era quello di consentire all’azienda di avviare la strada del concordato preventivo per evitare il fallimento di Atac e quindi di attuare il piano di risanamento nell’arco di quattro anni. I quattro anni sono passati e oggi l’alibi di Roberto Gualtieri è quello di permettere all’azienda, che nel frattempo è uscita dal concordato preventivo grazie alle ricche iniezioni di risorse pubbliche, di proporre il solito “miracoloso” piano di risanamento nell’arco di quattro anni». 

 

Secondo le norme nazionali ed europee, l'affidamento in house (ovvero senza gara) deve essere giustificato da un valido motivo, come quello di dare continuità a una gestione efficiente: «Peccato che tra alti costi, soppressioni e limitazioni di corse, perdita di utenza e ritardi dei autobus non ci sia alcun motivo per ri-affidare la gestione del trasporto locale ad Atac. Da anni si dice di voler combattere disservizi, smog e congestione da traffico, senza però fare alcun passo in avanti. Il Comune, cerca così di mantenere ingessati gli assetti gestionali, poco industriali, del secolo scorso. Un vizio che dura da tempo nelle aziende pubbliche dove si avvantaggiano manager di dubbia capacità e sindacati corporativi, creditori (banche) che fanno affari sui mutui concessi alle aziende, che vivono perennemente in stato pre-fallimentare con le garanzie pubbliche. Tutte le grandi aziende di trasporto (da Atac, alla milanese Atm, fino alla nazionale Fs) pressano, con successo, i loro proprietari (cioè i Comuni e lo Stato) che sono anche i programmatori e i soggetti che stipulano i contratti di servizio in house per evitare le gare. È certo che, così facendo, nel tempo si riconsolideranno le vecchie politiche consociative dietro piani industriali “sfavillanti” che rimarranno sulla carta, giustificati dall’obiettivo “sociale” della difesa dell’occupazione delle migliaia di addetti. Senza la gara,  resterà però un enorme divario di efficienza e di produttività con il resto d’Europa».

 

In Europa, negli ultimi decenni, la liberalizzazione del settore trasporti, regolata da bandi di gara per l’affidamento dei servizi, ha potenziato e migliorato l’offerta di trasporti pubblici, reso efficiente e ridotto la spesa pubblica, migliorando la vivibilità nelle città, riducendo l’inquinamento atmosferico e la congestione. «E sono state mantenute, con la clausola sociale, le stesse condizioni di lavoro dei tranvieri e le loro condizioni normative e salariali previste dal contratto nazionale e integrativo». L'Italia, invece, va nella direzione opposta.