I femminicidi non possono essere dimenticati. Ma gli anniversari devono tradursi in azioni

Questa settimana la nostra copertina è dedicata a un tema di fondamentale importanza e oggi più che mai attuale: la violenza contro le donne. E lo facciamo alla vigilia della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1999.

 

Una data simbolica, il 25 novembre, che rappresenta non solo un momento di riflessione, ma anche un appello per tutti a non abbassare la guardia di fronte a un fenomeno dai risvolti sempre più drammatici. La violenza contro le donne è ormai riconosciuta, a livello internazionale, come una grave violazione dei diritti umani. Innumerevoli studi e rapporti dimostrano come, ogni giorno, sempre più donne si trovano a fronteggiare forme di violenza che spaziano dal maltrattamento fisico e psicologico, al femminicidio. Come spiega la nostra Beatrice Dondi, «in Italia ogni 72 ore viene uccisa una donna per mano di un uomo. Il che significa che ogni volta che accade sappiamo che dopo tre giorni succederà di nuovo e potrebbe toccare a noi, alla nostra amica, a nostra sorella». 

 

È quindi cruciale stimolare la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e promuovere il rispetto e la non violenza. Ogni anno, in molti Paesi, tra cui l'Italia, simbolicamente si indossa il rosso per rinnovare l’impegno nella lotta contro questo fenomeno, mentre centinaia di scarpe rosse, disposte in piazza, ci ricordano in modo straziante le vittime di violenza. Ma la celebrazione di questa giornata deve tradursi in azioni concrete. Scopriamo che la corsia preferenziale per i reati di violenza contro le donne, il “codice rosso”, resta purtroppo ancora troppo spesso inapplicato. I processi sono lenti, le denunce inascoltate e vi è una tendenza inaccettabile a ridurre le violenze a semplici dissidi coniugali, come se la gravità del problema potesse essere minimizzata. 

 

A un anno dall'assassinio di Giulia Cecchettin, brutalmente uccisa dall'ex fidanzato, la nascita della Fondazione che porta il suo nome rappresenta non solo un grido di dolore, ma anche una promessa, un impegno a cambiare le cose ed è certamente un forte segnale contro la violenza di genere. Il padre, Gino Cecchettin, ha affermato: «La violenza sulle donne è un fallimento collettivo».
Intanto l’autorevole voce del Cardinale Zuppi afferma: «L'amore non è mai possesso, mai più femminicidi». Queste parole ci invitano a riflettere sul significato profondo delle relazioni e sulla necessità di ripensare la cultura dell’amore e del rispetto reciproco, per costruire un futuro in cui nessuna debba vivere nella paura.

 


In questo numero, attraverso i nostri reportage e le nostre analisi, ci proponiamo di dare voce a storie e testimonianze, affinché le violenze contro le donne non vengano dimenticate in un mare di indifferenza.
L’esigenza di affrontare con urgenza questa piaga sociale è evidente come è un dovere collettivo, quello di restaurare una cultura di rispetto e dignità per tutte le donne. Invitiamo tutti a partecipare attivamente alla lotta contro la violenza, a non voltare mai le spalle a questa realtà, perché ogni azione, ogni parola, possono fare la differenza.