Il 22 novembre debutta la terza incarnazione della console: 80 milioni di pezzi venduti e 48 milioni di utenti iscritti nel mondo al servizio online
Al centro di tutto c’è l’utente, mentre intorno ad esso ruota un universo sempre più ricco di piattaforme, servizi e, ovviamente, di hardware. E’ questa, in sintesi, la visione del presente e del futuro in cui crede il gigante Microsoft, sulla quale si basa per disegnare e sviluppare la “digital experience” dell’uomo moderno, e dalla quale parte per misurarsi nell’impresa – sempre meno facile eppure sempre più necessaria - di immaginare il futuro.
Il prossimo 22 novembre debutta in Italia l’Xbox One, terza incarnazione della fortunata console intorno a cui l’azienda ha creato quella che forse è la più innovativa e redditizia delle sue divisioni, con un totale di 80 milioni di console vendute e 48 milioni di utenti iscritti in giro per il mondo al servizio Xbox Live.
L’evento si prospetta come qualcosa di più del semplice lancio di un nuovo prodotto: da un lato, si combatte l’ennesima battaglia di quella vera e propria guerra alla conquista del salotto, centro delle attività ricreative di ogni famiglia, che la casa di Redmond conduce da anni con colossi del calibro di Apple, Sony e Google. Dall’altro lato, il debutto dell’Xbox One rientra in una strategia più ampia, è un pezzo importante del complicato puzzle che l’azienda di Redmond prova a risolvere per creare un’esperienza digitale davvero a misura d’utente.
«Winphone, Surface, Windows 8, Xbox One. Ogni prodotto destinato all’utenza consumer che oggi siamo in grado di mettere sul piatto è frutto di ricerche, analisi, prove su strada e test condotti ormai mesi fa – spiega Silvano Colombo, direttore della divisione consumer per Microsoft Italia - e grazie ai quali abbiamo capito di dover articolare i nostri sforzi secondo due principali trend: la semplificazione e la flessibilità».
Partiamo dal primo: qui la sfida è semplificare al massimo l’interazione tra utente e quegli strumenti digitali, hardware e software, che insieme compongono la sua esperienza digitale, ad esempio adottando e sviluppando tecnologie come il touch o il riconoscimento vocale. Per quanto riguarda invece la flessibilità, la questione è che «le persone vivono e utilizzano la tecnologia mentre si trovano in situazioni, luoghi e “stati” sempre diversi – spiega Colombo - Anche quando si resta in casa, cambiano o possono cambiare le nostre esigenze in ragione di dove ci troviamo tra salotto, cucina o camera da letto, e di cosa vogliamo fare tra lavorare, comunicare, o semplicemente rilassarci fruendo un contenuto».
Ormai siamo abituati a portarci dietro, in tasca o nella borsa, strumenti potenti e iper-connessi con cui siamo in grado di fare quasi tutto quello che una volta ci legava ad una scrivania, perché era appannaggio esclusivo del pc. Un cambio epocale che ha semplificato notevolmente le nostre vite, ma che allo stesso tempo ha complicato enormemente quelle di chi deve progettare l’hardware e il software capaci di seguirci e assecondarci ovunque. Di darci lo stesso livello di servizio in ambienti e condizioni ormai imprevedibili, trovando il giusto compromesso tra funzionalità, potenza e semplicità d’uso. Una sfida non da poco, specie quando si tratta di dispositivi mobili come uno smartphone, che potete adoperare tanto in un bar del centro, quanto nel mezzo di una foresta del Borneo.
Ogni azienda ha la sua ricetta per affrontare la sfida. La Apple, ad esempio, ormai da anni ha messo al centro di ricerca e sviluppo i suoi prodotti mobile come l’iPhone e il sistema operativo iOS, da cui un po’ alla volta trasferisce funzionalità e migliorie al mondo PC e quindi a OsX. Microsoft ha scelto l’approccio inverso: mantenendo al centro del proprio universo il PC e il sistema operativo Windows, ha lavorato per innovare l’interfaccia utente di quest’ultimo, introducendo l’ormai nota visualizzazione a “mattonelle” e votandola al touch: «Prima abbiamo reinventato il PC – afferma Silvano Colombo – poi abbiamo declinato questa nuova esperienza su ogni altro device, rendendo ognuno dei nostri prodotti perfettamente interoperabile e integrato con tutti gli altri grazie alla tecnologia cloud di SkyDrive, che consente di condividere file e informazione di ogni genere ad esempio dallo smartphone a tutti gli altri prodotti Microsoft che si possiedono».
Certo, la teoria alla base di questa esperienza digitale “avvolgente” non è nuova, e sono già diverse le aziende che lavorano da tempo alla costruzione di un ecosistema hardware e software in cui l’utente si deve letteralmente immergersi per ottenere tutto (o quasi) quello che vuole. E dove le aziende preferiscono per ovvi motivi che resti chiuso e vincolato. E’ ciò che chiamiamo “Walled Garden” (o giardino concluso): Samsung e Sony ci lavorano da anni; Apple ne ha fatto quasi una fede. Microsoft è arrivata tardi sul pezzo, ma bisogna anche riconoscerle che ha lavorato in fretta: «Due anni fa avevamo una slide e un telefono, mentre per tutto il resto dicevamo “noi abbiamo un sogno” – ricorda Silvano Colombo - Adesso ci sono i pezzi, li possiamo toccare, sono sugli scaffali».
Nessuno di questi “pezzi” è più importante degli altri, perché ognuno ha un suo ruolo ben preciso nell’ecosistema creato a tempo di record da Redmond. Ma se tra i prodotti Microsoft ne vogliamo individuare uno che guarda più avanti degli altri, allora la scelta cade inevitabilmente sull’Xbox One: «E’ già pronta per il futuro – afferma Silvano colombo – è la prima console a debuttare con oltre 20 giochi di alto livello, gestisce applicazioni come ad esempio Skype e grazie alle quali anche in Italia offrirà un’esperienza dell’entertainment integrata. E abbiamo anche raddoppiato il numero dei server su cui gira xBox Live, abbattendo i tempi di attesa quando si gioca uno contro l’altro».
E poi c’è Kinect: l’interfaccia di comando gestuale in perfetto stile “Minority Report” che va oltre il touch, trasformando l’utente stesso in controller (e abbattendo ulteriormente le barriere di accesso alla tecnologia), ora viene venduta insieme a ogni console. E’ parte di essa. Ed è molto più potente di prima, con una videocamera HD (prima era VGA), che traccia gli spostamenti di 29 punti del corpo, distingue quale occhio sia aperto e quale chiuso, gestisce fino a sei utenti davanti allo schermo contemporaneamente, non ha bisogno di luce grazie alle telecamere a infrarosso, distingue persino i movimenti delle dita. E, grazie ad una particolare tecnologia, è persino in grado di rilevare in tempo reale i battiti del cuore, aprendo nuovi scenari sia per quegli sviluppatori di videogiochi, sia per chi vuole lavorare su cose più serie, come sistemi di monitoraggio e telemedicina.
Insomma, la lezione insegnata da Microsoft sembra essere che non è mai troppo tardi per recuperare il tempo perduto e gli errori fatti, come ad esempio scartare l’idea di un tablet che era ormai quasi pronto l’iPad era ancora di là da venire. Errori che lo stesso Colombo non fatica a chiamare col proprio nome, senza per questo smettere di guardare avanti: “Abbiamo fatto degli errori ma non è un problema – ammette - Sappiamo di non essere un’azienda infallibile, ma che riconosce i propri sbagli e non ha paura di ricominciare».