Con "Io Cittadino" nasce la prima piattaforma di auto-rappresentanza in Italia per persone con disabilità intellettive
I quesiti referendari sono spesso contorti, così come i programmi politici e le schede elettorali hanno bisogno di chiarimenti continui. Per chi ha una disabilità intellettiva tutto questo non rappresenta una complicazione all’esercizio del diritto di voto, ma la sostanza di un ostacolo invalicabile. E non si tratta neanche di numeri striminziti, perché secondo un documento presentato lo scorso marzo al Quirinale dalle associazioni Fish, Fand, Anffas, Aipd e Angsa, ad avere limitazioni intellettive, solo nel nostro Paese, sono almeno 2 milioni di persone.
Ecco perché è nata «Io Cittadino. Piattaforma Italiana Autorappresentanti in Movimento», la prima a occuparsi di questo problema.
L’ha voluta Anffas - Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, e l’ha presentata il 19 settembre a conclusione del progetto omonimo grazie agli interventi di Serena Amato e Francesca Stella, leader degli autorappresentanti in Sicilia e Friuli Venezia Giulia.
Non si tratta di una piattaforma web. È invece un insieme di materiali di lavoro, informazioni facilitate e suggerimenti reperibili sul sito
anffas.net. Ma è pure una rete nazionale che cerca il dialogo con le istituzioni e le altre associazioni, ed è aperta a chi vuole diventare cittadino attivo e consapevole.
Il progetto, co-finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è iniziato un anno fa con la creazione, e la formazione, di 11 gruppi, per un totale di 117 persone con disabilità, 52 facilitatori e 432 familiari. Guidato da un portavoce eletto al proprio interno, ogni nucleo si è confrontato, ha raccolto istanze e coinvolto complessivamente altri 1000 soggetti grazie al linguaggio facile da leggere e da capire. E ha sfruttato il supporto tra pari, un sistema di aiuto reciproco che rende più sicuri e ricettivi.
«Negli ultimi anni», dice il presidente di Anffas Roberto Speziale, «la richiesta che ci siamo sentiti rivolgere con maggiore frequenza è quella di avere una vita autonoma, sia sotto il profilo relazionale che lavorativo. Parliamo naturalmente di disabilità intellettive con livelli di complessità differente, ma ognuno ha diritto ad avere un’esistenza piena e migliore possibile. I problemi più consistenti ai quali vanno incontro queste persone sono riconducibili a due insiemi. Innanzitutto, sono state considerate spesso prive di alcune caratteristiche dell’essere umano e per questo discriminate, separate ed escluse quasi completamente dalla vita pubblica. Un altro insieme coincide con certe barriere. E non si tratta di quelle architettoniche, pure di grande importanza, ma dell’assoluta incomprensibilità delle informazioni, della burocrazia farraginosa e del permanere nel nostro ordinamento giuridico dell’istituto dell’interdizione che sottrae ogni diritto».
Anffas assicura inoltre che «il numero dei gruppi creati in tutta Italia è progressivamente in crescita, e che il movimento italiano è già collegato a quello europeo (Epsa – European Platform of Self-advocates) nel quale conta entrare ben presto con un proprio rappresentante per contribuire al dialogo internazionale».
«Con il progetto “Io cittadino” e la piattaforma che porta il suo nome, abbiamo voluto riaffermare che non si tratta di persone speciali. Loro non vogliono, e non hanno bisogno, di compassione e carità, ma di godere delle stesse opportunità degli altri, di rivendicare i propri diritti e partecipare ai processi di cambiamento della società in cui vivono. Perché questo avvenga, devono esserci strumenti adatti. E dovrebbe stare a cuore della comunità diminuire progressivamente il mero assistenzialismo per investire in percorsi capaci di migliorare realmente la vita di chi ne fa parte. Essere cittadini attivi», conclude Speziale, «vuol dire anche responsabilità, e sono le stesse persone coinvolte nel progetto a dichiarare il proprio impegno affinché la loro sia l’ultima generazione a vivere discriminazioni ed esclusione».