Cultura
21 dicembre, 2018

Il Nobel per la letteratura? Se l'è portato via il #MeToo

Doveva essere l'anno di Margaret Atwood. O di Murakami Haruki. Invece un molestatore seriale ha messo nei guai l'Accademia di Svezia. E il premio per il miglior scrittore se lo sono inventato i lettori

And the winner is… Nessuno: quest’anno il Premio Nobel per la letteratura non lo ha vinto nessuno. È stata una decisione clamorosa, un maldestro tentativo di scuse dopo lo scandalo che, sull’onda del “#Me Too”, ha messo in crisi anche l’Accademia di Svezia. Colpa del fotografo francese Jean-Claude Arnault, molestatore seriale e marito di una delle scrittrici che fanno parte della giuria del premio per la letteratura. Dopo che 18 donne lo avevano accusato di molestie, dopo una condanna per stupro e voci che davano tra le sue vittime persino la principessa Vittoria, cinque membri della commissione hanno presentato le dimissioni, convincendo l’Accademia a sospendere per un anno l’assegnazione del premio.

Così a ottobre, quando normalmente viene annunciato il nome del vincitore, è iniziata invece una gara mondiale tra critici e lettori su giornali e social per sostituirsi alla giuria e designare il vincitore mancato. I nomi in realtà non si discostavano da quelli presi in considerazione ogi anno dai bookmaker: nessun cantautore di culto come Bob Dylan, nessun teatrante geniale come Dario Fo. Solo scrittori: tra i più gettonati, un’autrice amatissima dal grande pubblico come Margaret Atwood (che ha ispirato la famosissima serie televisiva “The Handmaid’s Tale”), re del bestseller di qualità come Murakami Haruki, beniamini dei critici come il keniota Ngugi wa Thiongo, per finire con Dacia Maraini, uno dei contemporanei più studiati nelle università di tutto il mondo.
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Un regalo inatteso per Kazuo Ishiguro, che si può fregiare per due anni interi del titolo di Premio Nobel in carica. 730 giorni per far conoscere a chi ancora non li avesse letti gioielli come “Quel che resta del giorno” e “Non lasciarmi”. E per sperare che, leggendoli, i nemici dell’integrazione si rendano conto del paradosso incarnato da questo scrittore. Che ha immortalato con inimitabile maestria il più puro spirito inglese ma è nato a Nagasaki, è cresciuto in Gran Bretagna circondato da in un ambiente totalmente giapponese e ha pubblicato il suo romanzo più famoso nel periodo in cui – come raccontava Michael Crichton in “Sol Levante” e come tutti abbiamo dimenticato – il “nemico pubblico numero uno” dell’Occidente non era il mondo islamico: era il Giappone.

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