Il luogo dove Mussolini faceva rinchiudere gli oppositori oggi ospita uno dei festival letterari più affascinanti. Vi raccontiamo la sua storia e la sua particolarità. E in edicola con L'Espresso il racconto inedito del giallista Maurizo De Giovanni per la rassegna
Darsi a stabile occupazione. Non allontanarsi dalla zona urbana. Non cambiare l’alloggio assegnato. Non schiamazzare, non imbrattare, non discutere di politica e non fare propaganda anche in modo occulto... Sono le regole del confino, richiamate da
Pier Vittorio Buffa nel saggio “Non volevo morire così” (Nutrimenti), Spoon River di vite finite dentro il carcere di Santo Stefano a Ventotene, l’isola dove Mussolini faceva rinchiudere gli oppositori. E in fondo le regole a cui si attiene, da sette anni e ancora, un gruppo di scrittori. Condannati a scontare il loro talento: esercitare la fantasia, mettersi in ascolto del vento, del cielo, dei colori, della luce, delle voci di un’isola di reclusione sin da tempi dei Borboni e prima ancora dei Romani – Augusto vi esiliò la figlia Giulia, Nerone la moglie Ottavia. E scrivere una storia nuova.
In questa terra scura, vulcanica, dove 600 abitanti che d’inverno diventano appena un centinaio cullano la memoria del sogno che ispirò l’Europa (Il Manifesto dei confinati Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi scritto nel 1941), un drappello di scrittori si stacca dalla terraferma - la provincia di Latina, che da qui pare lontanissima – sale su un aliscafo. Si abbandona al mare. E approda alla rassegna Gita al faro. Dove la magia si completa: «L’isola cura. Riportando la scrittura alla sua essenza, compie il miracolo di “riparare i viventi”. E gli autori lo confessano nei loro racconti».
Nato nel 2012 da un’idea dell’associazione Turbine, Vania Ribeca, Laura Pesino e Francesca Mancini, che a tutto sovrintende ancora oggi, insieme al libraio di Ventotene, Fabio Masi, figura ormai emblematica nel panorama della resistenza libraria di questo Paese,
il festival letterario - col patrocinio del Comune, ma in vita solo sulle sue gambe e sulla generosità di singoli - ha avuto prima la direzione artistica di Lidia Ravera. Dal 2014 è affidato alla creatività di Loredana Lipperini. Sciamana che evoca i poteri di Ventotene, l’isola, appunto, curandera: «Le isole, nella letteratura fantastica, sono il luogo dove tutto accade: ci sono isole dove i maghi dominano gli spiriti, dove le maghe incantano gli uomini, isole volanti che si chiamano Laputa dove Jonathan Swift colloca gli scienziati pazzi, isole sepolte, isole di re, dove il tempo si ferma per sempre. E poi c’è Ventotene, dove la storia è passata e ha germogliato altra storia», spiega: «Isola di resistenza: un passato importantissimo da richiamare oggi. In più, in un mondo letterario piccolo, rissoso e disunito, creare una comunità che sa trasformare gli egocentrismi in amicizie è uno dei miracoli che l’isola compie».
I forzati della scrittura lo riconoscono: «Questo sconfinamento - sembra di trovarci lontani mille miglia da tutto - crea una sospensione. Ventotene ti proietta nell’archetipo dell’estate: un ritorno all’infanzia, fatto di ritmi rallentati, di cesure dalla routine sempre più rare. E all’improvviso una comunità, che prima neppure esisteva, si ritrova coesa», dice Laura Pugno, autrice coinvolta quest’anno insieme con Romana Petri, Maurizio de Giovanni, Veronica Raimo, Giusi Marchetta. E Stefano Bartezzaghi, che ha ideato un cruciverba con le parole dell’isola: «Mi sto regalando il privilegio di leggere le storie che altri autori hanno scritto su Ventotene. Sono incantato dalla bellezza dei racconti di Michele Mari e di Beatrice Masini. Questa è un’isola piccola ma densissima di storia: te lo ricorda continuamente il Panopticon di fronte, che pare scrutarti da ogni parte, con le sue finestre a bocca di lupo e una struttura pensata per il controllo assoluto dei detenuti».
È il cruccio di chi ama l’isola il carcere di Santo Stefano, che doveva diventare un centro di studi europei, e intanto cade a pezzi: interdetto dal 2016 ai visitatori, e coi fondi addirittura già stanziati dal Cipe, 70 milioni di euro, le garanzie di Matteo Renzi, confermate dal governo Gentiloni di farne un luogo simbolo d’Europa sono rimaste lettera morta. L’associazione Per Santo Stefano in Ventotene onlus, che da due anni promuove il festival, non si arrende: «La chiusura è un danno economico enorme per l’isola, perché ne rappresenta la principale attrattiva. Basterebbe rimuovere alcuni divieti che al momento impediscono le visite», nota il presidente Guido Garavoglia. E Salvatore Schiano di Colella, storica guida del carcere che, come un cantastorie affascina una volta e per sempre i pochi fortunati visitatori ai quali il sindaco in speciali occasioni accorda un permesso per l’attracco, racconta appena può le vite di chi è passato di lì: Luigi Settembrini, Sandro Pertini, Umberto Terracini: «Da due anni sono fermo. Continuo a studiare. Ma senza la gioia che avevo prima, quando il carcere era aperto», dice. «Santo Stefano è il futuro di Ventotene», gli fa eco Fabio Masi, che fa la spola con le altre sue librerie a Genova e a Camogli, all’ingresso dell’ “Ultima spiaggia”: «I libri che vendono di più sono proprio quelli che raccontano la storia di questo patrimonio dell’umanità». Ultima spiaggia è anche una casa editrice, che stampa solo libri dedicati a Ventotene, incluse le preziose raccolte dei racconti di Gita al faro: quelli lasciati qui da Mauro Covacich, Fabio Geda, Simona Vinci, Marco Lodoli, Elena Stancanelli, Emanuele Trevi, Elisabetta Rasy, Helena Janeczek: 45 gli autori sinora ospiti della rassegna.
Tra veleggiate ed escursioni, aperitivo al bar Verdi in Piazza Castello e soste per gli angoli più suggestivi dell’isola, anche gli scrittori di quest’anno trascorrono tre giorni a caccia di ispirazione. «In un’isola si può, forse, aspettare. Da un’isola non puoi andartene, e qui mi possono raggiungere le cose che ho sempre avuto paura di inventare», ha scritto Walter Siti qualche anno fa. Oggi Veronica Raimo ripercorre un viaggio mai fatto da piccola a causa di un incidente: «La macchina di mio padre andò a sbattere contro un cancello. Ora sono finalmente arrivata a Ventotene». Giusy Marchetta ripensa a due donne e a un bimbo incontrate sul traghetto, per immaginare un ritorno sull’isola che un tempo era prigione, oggi rappresenta la libertà conquistata. Romana Petri si accanisce su un brogliaccio che diventerà un’intensa lettera d’amore da un posto che non conosce mezze misure. Il quarto giorno tutti sul palco, con Valerio Vigliar al pianoforte: gli scrittori leggono finalmente i loro racconti.
«C’era il sole », comincia
Maurizio de Giovanni. La gente di Ventotene si siede e tace. E mentre i bambini smettono di rincorrersi per le strade le palme, i lampioni tremolanti, la boungaville sui muretti bianchi, il campo di lenticchie, le agavi giganti, il faro intermittente, tutto si mette in ascolto. Il vento cattura le parole, e le conduce verso il mare.