Un giorno di pioggia a New York, un nuovo gioiello per Woody Allen
Un carosello sentimentale tra giovani sofisticati: una perla che in America nessuno vedrà. Ed è un vero peccato
di Fabio Ferzetti
26 novembre 2019
Due innamorati separati dal cinema e dalla cultura, nati entrambi in famiglie molto ricche, si perdono e si inseguono in quella Manhattan da sogno che esiste solo nei film di Woody Allen. Lui (Timothée Chalamet) si chiama Gatsby anzi Gatsby Welles, addirittura, e in quella città che adora ci è nato. Ora però studia in un college di provincia ed è lì che ha conosciuto la biondissima e non coltissima Ashleigh, un nome che più pretenzioso non si può per la figlia di un banchiere dell’Arizona. Lei, Ashleigh (Elle Fanning), forse è innamorata di quel giovane colto che pensa solo a Cole Porter e cita Denis de Rougemont e Ortega y Gasset. Ma a New York non è venuta solo per un weekend romantico: deve intervistare un famoso regista per la rivista del college, ed eccola scomparire quando il maturo cineasta (Liev Schreiber) la invita a una proiezione rivelandole che sta per mandare all’aria il suo nuovo film.
Il resto conviene scoprirlo al cinema: ma mentre gli incontri e i contrattempi si moltiplicano, e anche Gatsby si perde per colpa del set di un compagno di studi e della sorella di una sua ex (Selena Gomez, il personaggio cui toccano più battute alla Woody Allen di tutto il film, curiosamente), sullo schermo prende forma con molta grazia e inattesa profondità qualcosa di familiare e inedito insieme.
Familiare perché siamo dalle parti dello “Sceicco bianco” di Fellini, uno dei film più imitati di sempre, già ripreso da Woody in “To Rome With Love” (con minor fortuna). Inedito perché qui i protagonisti sono giovanissimi ma il sentimento che li accompagna è quello di un grande regista giunto all’estrema maturità. E se Allen non tenta nemmeno un secondo, per fortuna, di ricreare il mondo e il linguaggio dei ragazzi di oggi, usa a meraviglia riti e miti della sua generazione (dal poker, Gatsby è un giocatore incallito, al jazz, alla sophisticated comedy).
Per estrarre da questa “ronde” tutta amori mancati e rivelazioni brucianti, verità più amare, e universali, di quanto il tono lascerebbe supporre. Un bacio finto che diventa vero, un mucchio di banconote buttate con disprezzo su un tavolo, una madre che racconta una storia inattesa: i tempi cambiano; gli snodi chiave dell’esistenza, no. A pensare che in America forse non vedranno mai questo piccolo gioiello illuminato con maestria da Storaro, viene da ridere. Ma purtroppo non è una battuta. In sala dal 28 novembre.