Un frequentatore d’eccezione dell’isola ne racconta i luoghi, i personaggi, gli incontri. Lontano dalla mondanità, tra musica, pensiero e storia

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Nel corso dei secoli a Capri hanno prosperato dapprima interessi mercantili, poi turistici e mondani; ad Anacapri sono stati sempre dominanti i caratteri agricoli dei campi coltivati e delle vigne che sono propri della dolce piana che s’attesta sotto l’altro versante di Monte Solaro e digrada fino all’antico villaggio di Caprile. Anacapri ebbe un primo impianto medioevale “ad capo de monte”, ossia Capodimonte, in prossimità della porta al termine della Scala Fenicia che sbarrava l’ingresso al paese. Varcata questa soglia s’incontra villa San Michele creata da Axel Munthe medico, scrittore, collezionista svedese che creò qui una straordinaria residenza con annesso giardino e un panorama mozzafiato dell’isola da Villa Jovis a Marina Grande. Ma lasciamoci alle spalle la villa di Munthe, dirigiamoci dall’altro capo di Anacapri dove sorse Caprile, che possiamo considerare l’Arcadia dell’isola, per la pace dei luoghi. Per tutto l’Ottocento conservò una dimensione idillica: pittori francesi, inglesi e italiani formarono una piccola colonia di artisti. Nel primo Novecento vi soggiornarono Giovanni Papini, Italo Tavolato, il premio Nobel Ada Negri, musicisti come Ottorino Respighi, Alfredo Casella e Claude Debussy che qui compose la sonata per pianoforte “Les Collines d’Anacapri”.

Caprile così appartata fu prescelta da Alberto Savinio che ne scrisse pagine ispirate che risalgono al 1926. Alcune parti di questo racconto apparvero su La Nazione di Firenze tra il 1933 e il ’34: “Capri” fu edito da Adelphi nel 1988 e una parte è dedicata a Caprile, «ultimo derivato dalla radice fondamentale “Capri”». Proprio nella piazza di Caprile abitarono sul finire degli anni Trenta Elsa Morante e Alberto Moravia. Fu lui stesso che un giorno in giro per l’isola me la mostrò. È una modesta casa che non ha nulla di particolare se non due balconcini garbati, ma adusa alle modeste finanze dell’affittuario. Moravia scrisse diversi racconti ispirati ad Anacapri e “1934”, romanzo ingiustamente dimenticato per scrivere il quale fu ospite in villa Ceselle.

Per giungere a Caprile si parte dalla piazza del Monumento, si attraversa via Orlandi, la maggiore arteria di Anacapri, fino al sagrato di Santa Sofia, parrocchia del paese. Di qui tra vicoli e vicoletti si arriva al cuore più antico di Anacapri: Le Boffe, toponimo variamente interpretato. Ha un ’ aria da abitato arabo o andaluso o tunisino: insomma ha un autentico carattere mediterraneo. Questo piccolo villaggio di case aggrappate l’una all’altra è contiguo alla chiesa di Santa Sofia con quel che rimane del suo sbocconcellato convento. A me piace quel dedalo di viuzze e di case rustiche di origini contadine con le caratteristiche coperture a volta di lapillo: fresche d’estate e capace di assorbire il caldo del sole d’inverno.
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Per queste viuzze che formano un polipo la cui testa è piazza delle Boffe nella mia vita sono passato migliaia di volte, avendo casa in via Monticello: qui ebbe casa Amedeo Maiuri che dedicò all’isola azzurra una Guida insuperata e alle ville romane memorabili ricerche archeologiche. Auto o motorini in alcuni tratti per fortuna non possono passare: ci sono scale benedette e s’inco ntra casa Savarese che ormai è divenuta celebre, perché è un miracolo di eleganza d’architettura-senza-architetti. Come titolava il celebre libro di Bernard Rudowsky, architetto viennese d’origini ebraiche che fu socio di Luigi Cosenza in tante memorabili imprese a partire da talune casette “mediterranee” costruite a cavallo della guerra che sembrano ispirate proprio a talune case rustiche dell’isola. Dunque anche luogo d’ispirazione per l’architettura della modernità fu Anacapri.

Si può giungere a Caprile salendo da via Monticello e proseguendo per via Ceselle, lungo questa stradina s’incontra il complesso che fu per molti decenni l’Osservatorio astronomico svedese, ma il governo di Svezia lo dismise perché le condizioni atmosferiche non erano più idonee a un tale uso. Acquistò la proprietà il Consiglio Nazionale delle Ricerche, che lo ristrutturò, e utilizza un così prezioso bene per numerose attività.

Poco più avanti si incontra Il Rosaio, villa costruita da Edwin Cerio accorpando tre casette: qui scrisse libri importanti come “Aria di Capri” e “Capri nel Seicento”. Graham Greene comprò Il Rosaio nel 1948, dove lo scrittore inglese trascorse molte estati della sua vita, preferendo nelle stagioni invernali la Costa azzurra. Il Rosaio è una casa piccola, con quattro stanze al piano terra e il piano superiore è costituito da un unico piano aggettante. Nel tempo Greene fece sistemare parte del tetto ricavandone una terrazza coperta. Naturalmente al centro c’è una piccola corte.

Accanto al Rosaio c’è a’Sciuscella nome che indica una pianta di poco conto: casa di Sebastian De Grazia, grande storico americano, professore a Princeton giunse a Capri con la Quinta armata e s’invaghì dell’isola e di Caprile. La sua famiglia era di origini beneventane ed era emigrata in America agli inizi del Novecento. Sebastian era un bell’uomo di grande fascino, invitava spesso colleghi anche italiani come Rosario Villari ed era centro di un piccolo cenacolo molto sofisticato in cui ovviamente spiccava Graham Greene. Lo scrittore inglese lo vedevo la mattina andare al mercato con un largo cappello di paglia che faceva brillare i suoi intensi occhi azzurri, sempre accompagnato dalla terza moglie francese. Non ho mai osato chiedergli come conciliasse la sua fede cattolica con una sfilza di mogli e un numero imprecisato di relazioni. A un agente segreto non si fanno domande del genere. Ma sono certo che aveva le sue buone ragioni. Non era una persona simpatica: guardava gli anacapresi come i suoi concittadini guardavano gli indigeni in India. Mai gli ho sentito dire una parola in italiano. Con Sebastian De Grazia e Graham Greene si andava spesso al ristorante La Rondinella che ancora oggi prepara un piatto secondo la ricetta di Sebastian.

Greene era laconico, beveva parecchio e sembrava sempre interessato alla politica internazionale. Questi temi li aveva coltivati nella sua vita di agente segreto di Sua Maestà Britannica e di narratore. Sherley Hazard, scrittrice australiana con casa nell’isola, scrisse un delizioso libricino, “Greene a Capri” (2002), in cui si possono capire molte cose non solo dello scrittore ma dell’ambiente cosmopolita dell’isola. Una sola volta sembrò mostrare interesse per me, quando scoppiò lo scandalo che coinvolse Sir Anthony Blunt, grande storico dell’arte e conservatore delle collezioni della Corona.

Era il 1979 e lo scandalo fece vacillare il governo inglese. Blunt era il misterioso “quarto uomo” in una intricata storia di spionaggio che aveva visto sulla scena nel corso della guerra i servizi segreti dell’Unione Sovietica e quelli dell’Intelligence Service. Questa storia, molto controversa e narrata con accenti diversi, è divenuta trama di film e di libri e ha ispirato alcuni romanzi di John Le Carré e di John Banville. Avevo conosciuto molto da vicino Blunt che mi invitò al Courtauld Institut of Art e poi scrivemmo un saggio su Architettura e città barocca, tradotto anche in italiano. Quando scoppiò lo scandalo, tutti cercavano Blunt anche a casa mia ad Anacapri dove qualche volta era stato mio ospite.

Greene aveva riconosciuto la mia foto dai giornali e s’era reso conto che non ero un villico. Mi incrociò per strada e mi chiese: «Ho letto che ha conosciuto Blunt...». «Sì, molto bene. È uno studioso che stimo molto. E lei l’ha conosciuto?». Greene rimase perplesso dalla domanda impertinente, mi guardò fisso con i suoi occhi cerulei: «Conoscevo il suo codice, ma non l’ho mai incontrato…». Salii nella sua reputazione visto che avevo avuto a che fare con un agente del Kgb. Sebastian era affascinato da questa storia, ma Greene era laconico quando si parlava di Intelligence Service.

In questo giro c’era la dottoressa Elisabeth von Moor giunta a Capri nel 1926 in fuga da Vienna. Graham Greene era stato preso dalla vita avventurosa e libertina di questa donna e ne scrisse la biografia, “Una donna impossibile”, edito da Mondadori. La ricordo grossa e molto vecchia seduta con Greene a bere whisky al bar Ferraro. La von Moor era un bravo medico, ma odiata dalle donne anacapresi: mia madre la stimava perché quando si aveva bisogno di un medico lei era sempre disponibile. Su via Ceselle c’è la casa dell’avvocato Giuseppe Brindisi, che fu commissario prefettizio di Capri dal 1943 al ’46: sul muro c’è una piccola ceramica con la scritta che ricorda i soggiorni di Benedetto Croce che era suo amico. Brindisi scrisse la prima biografia di Edwin Cerio non solo come scrittore ma anche come mitico sindaco di Anacapri. Più avanti ha preso casa da qualche decennio Luca Cordero di Montezemolo, rifacendo con tanto di piscina un ’ antica residenza contadina.

Dall’acconcia piazzetta di Caprile si può scendere al Faro o Punta Carena, con una splendida baia, o tornare alla piazza del Monumento, dove giungono i torpedoni che schiumano turisti. Per qualche centinaio di metri non possiamo sottrarci al loro abbraccio: l’ombrello segnaletico della guida li conduce a villa San Michele, santuario deputato del turismo di massa. Si può andare da soli o quasi alla celebre villa-museo di Axel Munthe, giunto a Napoli negli anni Ottanta dell’Ottocento ai tempi del colera per offrire il suo contributo di medico, poi scrittore fortunatissimo di “San Michele”, storia romanzata e noiosa di Anacapri che mai del tutto sono riuscito a leggere. Munthe eresse a sua patria l’isola: per costruire questa villa sontuosa ebbe la protezione della regina di Svezia che fu sua amica e forse qualcosa d’altro.

La villa è un museo in cui si raccolgono reperti in prevalenza d’età imperiale che furono rinvenuti dallo scrittore nel corso delle sue campagne di scavo per i fondi dell’isola che possedeva, ricerche dapprima improvvisate, poi sempre più attente. La villa è di proprietà del governo svedese, ha un giardino splendido curato in modo esemplare ed è sede di concerti estivi che si tengono sulla terrazza alta con un panorama da capogiro. Ascoltare musica in questo luogo tra i trilli degli uccelli e con il sole al tramonto è uno dei momenti più felici che può offrire l’isola. 

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