L’epopea del cinema prima dell’arrivo del sonoro. Il nuovo film di Chazelle mostra l’altra faccia di “La La Land”

Tutto quel che non si poteva mostrare della Hollywood anni Venti in un film solo. La cacca (d’elefante) e la droga, gli eccessi e le orge, i falli giganti e le attrici pronte a tutto e anche ad altro. Il controverso ”Babylon” di Chazelle prende le mosse dal celebre “Hollywood Babilonia” di Kenneth Anger (Adelphi), ma sfuma la prima (Hollywood) e i suoi dati storici per accentuare la seconda (Babilonia) e la sua aura mitica. Concedendo forse troppo a etica e estetica odierne.

L’idea era raccontare il trapasso dal cinema muto al sonoro come un’epopea grandiosa e miserabile, tragica ed esilarante, mimando l’entusiasmo, l’ingordigia, l’innocenza selvaggia e molto “pulp” di un mondo sparito. Il risultato è un film di vivificante ambizione che alterna momenti irresistibili e perfino profondi a lungaggini e ovvietà. Anger - era il 1959 - illuminava il lato sordido quando non criminale del massimo sogno collettivo generato dalla modernità. Chazelle reinventa quel mondo e quelle illusioni con un occhio all’inclusività odierna e l’altro all’insaziabilità, ovvero all’insoddisfazione cronica che oggi ci avvolge. Sfrondando il quadro storico-sociale (niente crisi del 1929, niente Hays Code, il famigerato codice di autocensura, pochi nomi e fatti reali) per esaltare l’energia, la sfrontatezza, la libertà di quell’alba di gloria.

Così accanto ai tre protagonisti, il divo (Brad Pitt), la starlet (Margot Robbie), il factotum destinato a fugace carriera (Diego Calva), tutti al meglio, ecco una cinese che canta canzoni hard ma ha il dono di scrivere didascalie geniali per quei film senza dialoghi, ecco il jazzista afro che il talento non salva dalle umiliazioni, ecco l’ingenuità del factotum messicano farne il testimone ideale di un’epoca grandiosa e inesauribile. Che Chazelle pantografa poggiando sulle spalle dei tre protagonisti, tutti a loro modo sognatori, il senso e il peso di un trapasso epocale in cui riverberano le ansie del nostro presente.

Chi aveva amato “La La Land” ritroverà i ritmi, le accelerazioni e le sospensioni geniali di un regista di indiscutibile talento. Chi vuole approfondire legga David Thomson, “La formula perfetta - Una storia di Hollywood” (sempre Adelphi). Chi vuole compensare la sbornia digitale di “Avatar” si tuffi dentro “Babylon”, stessa durata ma immagini fatte di carne e sangue. Anche se, come sintetizza in una scena da antologia una meravigliosa Jean Smart, cronista e a suo modo storica di quel mondo, solo il cinema crea un eterno presente.

BABYLON
di Damien Chazelle
Usa, 189’

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ENTUSIASTI
Leone d’argento a Venezia con “Saint Omer”, la rivelazione Alice Diop ha alle spalle una lunga serie di docu. Uno dei più belli, “Nous”, tutto girato su un treno che attraversa Parigi e le sue periferie da Nord a Sud, è su Mymovies.it fino al 13 febbraio con molti altri inediti in MyFrenchFilmFestival. Da non perdere.

PERPLESSI
Attenzione: spoiler. Nel fortunato “Grazie ragazzi”, remake corretto ma pallidino del vibrante film francese “Un triomphe”, i detenuti in fuga vengono riacciuffati. Nell’originale (e nella storia vera cui si ispira), la facevano franca. Altro che riparativa: la giustizia in Italia ha da essere punitiva.

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