Non esiste più il plagio di una volta: in musica ormai tutti copiano tutti

Dopo le leggendarie dispute legali, tra Endrigo e Bacalov o Al Bano e Michael Jackson, si è passati a una sensazione diffusa di déjà-vu. Ma le leggi andrebbero riscritte

Copio, ergo sum. Non se ne può fare a meno, intrappolati come siamo nell’epoca dell’eterno ritorno, del riciclaggio, della ri-composizione. Ogni cosa sembra la copia della copia della copia. Ma anche il plagio non è più come quello di una volta, non è più il tempo in cui accusavano Ivana Spagna di aver copiato la sua “Gente come noi” da “Last Christmas” di George Michael e lei candidamente ci teneva a precisare che non aveva niente a che vedere con quella, casomai si era ispirata a “Insensitive” di Jann Arden.

Non è più il tempo delle leggendarie dispute legali tra Sergio Endrigo e Bacalov, con tanto di perizia in tribunale di Ennio Morricone, oppure di quella clamorosa che oppose nella pretura di piazzale Clodio a Roma niente di meno che Al Bano e Michael Jackson.

Non c’è neanche più la possiblità che uno come George Harrison pubblichi la sua più bella e deliziosa hit, “My sweet lord”, ammettendo poi, con la onestà che lo contraddistingueva, di aver inconsapevolmente copiato un precedente pezzo delle Chiffons intitolato “She’s so fine”, ammettendo la colpa e pagando il dovuto.

Le leggi sul plagio sono strane, e per certi versi antiche, concepite per un’epoca in cui il plagio aveva un senso, e il meccanismo più diretto: si doveva solo valutare se qualcuno aveva deliberatamente copiato da qualcun altro. E agivano con molta severità: quando gli Stones fecero causa ai Verve perché nella base di “Bitter sweet symphony” avevano utilizzato un tema strumentale di un loro pezzo, i Verve sono stati costretti a cedere interamente le royalties anche se c’era una cospicua parte originale scritta da loro.

Oggi è tutto cambiato. Assecondando un processo graduale di perdita di originalità le canzoni tendono ad assomigliarsi, e al prossimo festival di Sanremo proveremo di nuovo quella strana sensazione di déjà-vu. Qualcosa di già sentito c’è sempre, un’aria di familiarità, di conosciuto.

Un esempio per tutti: ricordate la mega-hit “Mille” di Fedez featuring Achille Lauro e Orietta Berti? Lì non è questione di plagio, casomai di bricolage. Scomponendo la canzone potremmo rintracciare un’infinità d frammenti riconducibili a qualcosa di precedente. Ma è solo un caso eclatante di un procedimento abituale. Lo fanno tutti. Come se le combinazioni si fossero esaurite e oggi scrivere una canzone voglia dire usare i materiali del passato come fossero tanti piccoli mattoncini di un gioco di costruzioni che alla fine porta a qualcosa di inedito ma che ci sembra altamente familiare. Ovvio che anche le leggi del plagio andrebbero riscritte. Se tutti copiano tutti, alla fine chi è il colpevole?

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UP & DOWN

Classe 1945, Sir George Ivan Morrison, meglio noto come Van, pubblica un singolo intitolato “Worried man blues”, che potrebbe essere uscito indifferentemente nel 1958, nel 1974, oppure oggi. Ma l’unico a non essere preoccupato sembra proprio lui perché a dispetto di ogni evidenza, nel pezzo c’è vita.

 

Classe 1947, Sir Elton Hercules John, nato Reginald Kenneth Dwight, meglio noto come Elton, si è imbarcato per il più lungo tour d’addio della storia della musica, iniziato nel 2018 e non ancora completato, fruttando cifre sbalorditive. Un addio talmente lungo che si fa fatica a credere che sia veramente un addio.

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