Intervista

Olga Kurylenko: «Noi donne dobbiamo poter raggiungere lo stesso successo dei divi uomini»

di Claudia Catalli   1 marzo 2023

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L’infanzia in Ucraina, la carriera di modella e attrice tra Europa e Hollywood. Il ruolo di Bon girl e ora quello a fianco di Harvey Keitel. Dialogo a tutto campo con la star, che dice la sua anche sulla guerra: «Assurdo che le parti siano incapaci di arrivare a un accordo di pace»

«Girare in Italia è una delle cose che amo di più, siete un popolo così caloroso, poi ho sempre compreso l’italiano, da piccola mia madre a casa mi faceva ascoltare le canzoni di Al Bano e Toto Cotugno...». A parlare è l’attrice ucraina Olga Kurylenko, ex bond girl in “Quantum of Solace”, scelta da Terrence Malick per “To The Wonder” e da Giuseppe Tornatore per “La corrispondenza”. È la protagonista del nuovo thriller “Paradox Effect”, prodotto da Ilbe e girato in Puglia in queste settimane, nei panni di una madre-coraggio costretta ad affrontare un pericoloso criminale (Harvey Keitel) per salvare sua figlia da un rapimento. Dal cinema alla vita reale, sa bene cosa voglia dire preoccuparsi per un familiare: suo padre vive in Russia, sua madre fino al 2014 viveva in Ucraina, dov’è nata Olga. «Ma sono andata a riprendermela allora, quando la guerra è iniziata. Perché è allora che è iniziata», sottolinea l’attrice.

 

Non posso non chiederle che cosa pensi di questa guerra.
«Trovo sia inaccettabile. Quello che sta accadendo mi disgusta. È assurdo che le parti politiche siano incapaci di arrivare a un accordo di pace, avrebbero dovuto raggiungerlo da un pezzo. Non lo stanno facendo, lasciano che muoiano persone innocenti ogni giorno. La triste verità è che c’è chi ha interesse che questa guerra continui. Mentre gridano: “Che cosa terribile, poveri loro”, si arricchiscono grazie a questa guerra. C’è una ipocrisia insopportabile. E non parlo solo di Ucraina e Russia, parlo di tutti gli altri Paesi coinvolti».

 

Ha avuto modo di tornare in Ucraina?
«Ci sono tornata nel 2014 a riprendere mia madre, ero troppo spaventata e preoccupata. Quando le cose si sono calmate le ho chiesto se volesse tornare, mi ha detto di no, di fatto da allora le cose nel Paese sono solo peggiorate. Viviamo insieme a Londra, ma stiamo cercando di spostarci in Europa, perché purtroppo dopo la Brexit le cose sono peggiorate anche qui».

 

Ha trascorso l’infanzia in Ucraina, è andata a Parigi a fare la modella, quindi ha lavorato come attrice tra l’Europa e Hollywood. Ha capito qual è stata in lei la carta vincente?
«Una forte curiosità. Serve quella, nella vita, per imparare. Lo dice una che non ha mai fatto studi tradizionali, ma ho sempre sollevato tante domande e portato avanti le mie ricerche personali. A 42 anni sento di aver imparato tanto dalla vita».

Da dove ha tratto gran parte delle sue ispirazioni come attrice?
«Essendo in questi giorni in Italia mi viene da dire che ho sempre amato i film del cinema italiano. L’Italia è vicina all’Ucraina, la vostra cultura è parte della nostra, sono cresciuta guardando le opere di Pasolini, Antonioni, Fellini».

 

Tra i contemporanei chi le piace?
«Ammiro molto Paolo Sorrentino».

 

Torniamo al film che sta girando, “Paradox Effect”. Come descriverebbe il suo personaggio?
«Una donna semplice, ex tossicodipendente, che rivede sua figlia dopo un anno in aeroporto. È “pulita”, ma le cose non vanno come dovrebbero: sua figlia viene rapita e tutto il film è sul tentativo di salvarla».

 

Difficile interpretarlo da madre?
«Più facile, semmai. Perché capisco perfettamente quali sentimenti possa provare. Diventare madre ha rivoluzionato tutta la mia vita, rendendomi improvvisamente chiare le mie priorità. Sarà che è passato quel periodo della vita in cui sentivo di dover sempre dimostrare di valere qualcosa, sarà che ho capito tardi che la famiglia è tutto nella vita, ma da quando è nato mio figlio è lui la mia priorità. E sono contenta di averlo avuto a 37 anni e non a venti, prima non mi sentivo assolutamente pronta».

 

La sua carriera ne ha risentito?
«L’ho volutamente messa in secondo piano, mi capita di rifiutare diversi progetti. Non ho rimpianti. Voglio crescere mio figlio, voglio esserci, passare del tempo a casa con lui. Da giovane mi avrebbe fatto rabbrividire una frase del genere, oggi sono contenta di poter trascorrere ore preziose con mio figlio. Non faccio più film senza portarmelo dietro: è con me anche qui in Italia sul set, non mi importa quello che dicono gli altri. Lo guardo mangiare il gelato e sono felice».

 

Com’è interpretare una donna che ha avuto problemi di tossicodipendenza?
«Oggi le dipendenze sono ovunque, pensiamo alle dipendenze da cellulari e social media e a tutto l’ego-trip di narcisismo che comportano. Tra l’altro non capisco come si possa vivere e contemporaneamente postare di continuo. Io, quando riesco a postare una cosa ogni tanto, faccio uno sforzo enorme».

 

Ci sono sempre più ruoli interessanti per le donne, finalmente.
«Per le attrici è un grande momento, il women empowerment sta portando stimoli e innovazione, pur con decenni di ritardo. Quanto a me, non mi sono mai sentita inferiore a un uomo. Sono sempre stata una grande ribelle, non ho mai obbedito agli uomini benché li ami molto. Ascolto solo le persone intelligenti, che siano uomini o donne».

 

Ci sono tuttavia, nel mondo del cinema e non solo, divari ancora da colmare e cause da combattere, come ad esempio l’equal pay. Lei viene pagata quanto i suoi colleghi?
«No, ma a me capita sempre di lavorare con grandi star che sono ad un livello di notorietà decisamente superiore al mio. Posso pretendere di essere pagata come un collega che sta al mio stesso livello, non di avere lo stesso compenso di una star famosa in tutto il mondo. Sarebbe stupido pretendere di essere pagata come Tom Cruise solo perché sono una donna. Semmai noi donne dobbiamo essere messe in condizione di raggiungere lo stesso livello di successo e notorietà di certi divi».

 

Con Harvey Keitel sul set come va?
«Benissimo, è un grande professionista, mi ha fatto effetto ritrovarmici a lavorare: è un onore recitare con un attore di cui hai visto tutti i film».

 

È stata dura, per lei che è nata in Ucraina e ha iniziato come modella in Francia, affermarsi a Hollywood e in generale nello star-system?
«All’inizio ho trovato molte resistenze perché volevano facessi la modella per sempre, mentre io volevo recitare. Con il mio primo film francese “L’Annulaire” sono arrivata in America e lì di nuovo è stato complicato, perché l’agente da cui andai neanche volle vedere il film, disse: «Hai fatto un solo film francese? Non ci interessa, tornatene a casa”. Poco dopo in Francia fui presa come protagonista per un grosso film americano (“Hitman”, ndr) e mi richiamò per rappresentarmi».

 

E lei?
«L’ho mandato a quel paese. È lì che ho deciso: accetterò tutti i rifiuti di chi pensa che non sia brava dopo avermi visto recitare, ma pregiudizi non ne accetterò mai più. E così ho fatto».