Seri e giocosi. Formali e scorretti. Dal primo autoritratto alle foto del Gilbert & George Centre, guida alla quotidianità di un duo unico

Gilbert & George sono la coppia più scorretta della storia dell’arte: la loro prima opera a far discutere è del 1969 e si intitola “George the Cunt e Gilbert the Shit”, un doppio autoritratto dei due artisti stesi su un prato durante una scampagnata. Unico dettaglio, non irrilevante, scrivono sull’immagine una serie di insulti rivolti a loro stessi.

 

Quella vuole essere da parte loro una dichiarazione di indipendenza dai sistemi dell’arte e rivolgendosi insulti vogliono disinnescare qualunque futura reazione di quel mondo così elitario. Sembrano dire: «Volete insultarci? Beh non potete, perché lo facciamo da soli».Nello stesso anno arriva l’intuizione che da lì a poco li avrebbe proiettati nell’Olimpo dell’arte: ancora per prendersi gioco dell’ambiente ovattato della cultura, decidono di dare vita a sculture viventi. Sono ancora una volta loro stessi, ricoperti di vernice bronzea, che si esibiscono in una danza robotica mentre cantano una canzone popolare, i cui versi decantano la libertà, ma rappresentano un’allegoria del vivere senza possedere nulla. Con le loro performance parlano di religione, sesso o morte senza censure.

 

La loro è una presa di posizione contro l’oggetto d’arte come feticcio e allora coniano il motto “Arte per tutti” cui finalmente, dopo più di mezzo secolo come coppia professionale e di vita, riescono a dare corpo grazie a un nuovo e sorprendente spazio che hanno aperto per promuovere proprio l’arte, il Gilbert & George Centre. È un grande edificio che si trova nel cuore di Spitafield, quartiere di Londra che ha visto passare dalle mani della comunità ebraica a quella del Bangladesh l’industria tessile e sartoriale che lo caratterizza. Nelle altissime sale si possono vedere molti enormi capolavori che i due hanno fatto proprio in dialogo con la loro città, perché dagli anni ’70 hanno dato il via a un ciclo di opere realizzate con lo strumento della fotografia che parlano proprio del loro rapporto con Londra, città multiculturale per eccellenza, ma anche metropoli alienante, caotica, violenta.

 

Dalle opere monumentali e oniriche fino all’utilizzo dei loro corpi nudi, dalla vittoria del Turner Prize alla chiamata a rappresentare il Regno Unito alla Biennale di Venezia, George Passmore (Plymouth, 1942) e Gilbert Prousch (San Martino in Badia, 1943) non hanno smesso di stupire e ora sentono evidentemente la necessità di uno spazio che resti a disposizione del mondo anche dopo di loro. Per ora a gestirlo sono loro stessi, che vivono a due passi dal Centro e che non è difficile incontrare: vanno nello stesso ristorante ogni giorno, a pranzo e cena, da brava coppia di anziani abitudinari.

 

LUCI
Il Centre Pompidou di Parigi dedica una grande mostra al genio di Norman Foster e sarà una grande occasione per rileggere l’opera del primo firmatario della dichiarazione diSan Marino, che impegna architetti e urbanisti a rendere le Città del mondo sostenibili, sane e climaticamente neutre e circolari.

 

E OMBRE
Il Metropolitan Museum di New York ha qualche gatta da pelare: nel giro di pochi giorni due indagini hanno posto dubbi prima su alcuni reperti orientali, che la procura sospettapossano arriva da un noto contrabbandiere, e poi su una donazione di arte nativaamericana i cui pezzi sarebbero falsi o rubati.