Belve si conferma il programma vincente di questo 2024. Con interviste capaci, di smascherare, nel bene e nel male, la sostanza di tutti i protagonisti. Perché a saperlo usare, anche il silenzio ruggisce parecchio

Era il 2022 quando, in un faccia a faccia con Morgan rispose, inclinando il capo in maniera impercettibile: «Guardi io non mi arrabbio perché l’insulto che mi ha rivolto qualifica più lei che me». Chissà se Francesca Fagnani era consapevole di quanto quella replica rapida e per nulla indolore, fosse in realtà l’incisione a fuoco del suo biglietto da visita. Perché dall’ormai preistorica versione sul Nove alla prima serata su Rai Due, “Belve” è diventato il luogo buio (in senso letterale) in cui gli ospiti sembra che non riescano a nascondersi dietro ad alcuna tenda improvvisata e meno lei li definisce, più loro si disegnano da soli, come tante Jessiche Rabbit che no, non sono cattive ma. 

 

Non servono lacrime e occhi rossi, divanetti bianchi su cui sprofondare, compagni maschi che vengono a darti manforte in studio e neppure, incredibile ma vero, vicinanze reciproche sbandierate ai quattro venti. Insomma, nessuno dei trucchetti così abusati in altre reti. Neanche fossero tirati da un filo invisibile, le più o meno star invitate si ritrovano come pesci con la bocca aperta, presi all’amo della convinzione fasulla di poter dominare qualcosa. 

 

Ogni singolo grande ego studia il copione e si illude ogni volta di tenere uno straccio di briglia, e invece neanche per idea, e più ci provano più restano imprigionati in loro stessi, nel bene e nel male, e si mostrano per quello che sono, buffi, insopportabili, dolcissimi, intelligenti, inutili, teneri ma sempre, inevitabilmente nudi, come imperatori dai vestiti di niente. Fagnani, acclamata regina di una curva adorante che ha esaltato negli anni i dettagli, l’occhiata, la frase appena accennata, la battuta a mezza bocca e così via, avrebbe potuto serenamente cavalcare il consenso con agio, mettersi comoda sui tacchi, oltrepassare quel confine sottile tra simpatia e gigionismo e vivere di rendita. Invece è riuscita a trattenersi, scongiurando il rischio paventato da detrattori sparsi di un possibile “fagnanismo”, in cui il modo di dire, e soprattutto di fare, potesse restare scatola vuota come un vezzo di stile. 

 

In una specie di bilancio di fine anno, si potrebbe dire che le interviste di Francesca Fagnani in quest’ultima edizione appena conclusa su una rete affamata di consensi, hanno dato un’ulteriore limatura alla sua capacità di tirarsi indietro, lasciando che non solo l’imbarazzo dei Mammucari, ma anche la favolosità delle Golino, la tristezza dei Feltri, la meravigliosa follia delle Bruni Tedeschi venissero fuori naturalmente, lasciando che le supposte belve sedotte da un sorriso si colpissero da sole. Perché a saperlo usare, anche il silenzio ruggisce parecchio.

 

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DA GUARDARE 

La minestra è sempre quella ma continua a essere assai gradevole, come gli gnocchi del giovedì. Masterchef è tornato su Sky e la gara tra aspiranti cuochi che si dannano per un petto d’anatra non glassato a sufficienza riesce a essere avvincente anche quest’anno. Evidentemente, la ricetta funziona.

 

MA ANCHE NO

È davvero divertente vedere come la televisione si continui a nutrire dei “no qualcosa”. Negli studi affollatissimi dei talk si concentrano nugoli di no green pass, che vengono subito prima dei no pagatori di multe, avendo scavalcato di un soffio i no clima. Mancano solo i no Natale ma siamo fiduciosi.