Non c’erano le mail quando cominciammo a lavorare a Musica. E il web era un oggetto misterioso. «Guarda un po', giocaci, cerca di capire, che secondo me ci darà grandi soddisfazioni. E alza il volume che non si lavora bene senza una canzone».
Ernesto Assante era così, camminava sulle idee, le sue, come un funambolo che corre sui rulli, senza cadere. E guardava avanti, troppo per chi non era così rapido, stargli dietro era difficile, entusiasmante, a tratti impossibile. Perché alla fine aveva ragione lui ma a volte lo si capiva solo dopo.
Erano i tempi in cui si navigava a 56 k, Adsl solo per i privilegiati, col modem che faceva rumore e che Dio ce la mandi buona.
Ernesto direttore di Kataweb era un vulcano in camicia bianca, l'ipotesi di non sperimentare quelle infinite possibilità una a una non la prendeva neppure in considerazione, averle davanti tutte senza toccarle con le sue stesse mani non era nei piani allora, e non lo sarebbe stato mai.
Eravamo solo quattro il primo giorno, un po' di timidezza, tre sedie, un computer e un’astronave che scalpitava guardando all'insù. Dopo un battito di ciglia era cambiato tutto, alla velocità della luce, neanche il tempo di capire che il futuro stava diventato presente.
Si facevano le dirette, il telegiornale, le riprese dei concerti, degli spettacoli e ancora e ancora, tutti con una bulimia entusiasmante che regalava quel brivido che si prova a essere i primi, il piede sulla luna nuova, la mano che si muove al rallentatore per posare la bandiera. E mentre il mondo ti guarda tu regali la possibilità di guardare quel mondo in un altro modo.
Grazie di tutto Ernesto, è stato un viaggio magnifico, generoso, visionario. E grazie per averci portato sulla luna, alzando il volume.