Il pericoloso intreccio tra urgenze ambientali e sviluppo tecnologico avvicina la catastrofe. Come scongiurarla? Prove tecniche di resistenza analogica in un nuovo saggio

Marco Pacini non ha mai nascosto di essere un pessimista, anzi: già dai titoli, i suoi libri precedenti dichiaravano intenti e atteggiamenti: “Epocalisse. Appunti di un cronista pessimista” (Mimesis Edizioni), “Pensare la fine” (Meltemi). Ora ribadisce il concetto e lo rafforza: è ai pessimisti che bisogna guardare per reagire a un pianeta al collasso, esattamente come è degli antispecisti e degli antiumanisti che bisogna fidarsi poiché sono i soli a prendere sul serio la salvezza.

 

Si intitola “Zona critica” (Meltemi) la raccolta di “esercizi di futuro tra ecologia e tecnologia” che il giornalista, ex caporedattore de L’Espresso, ha appena pubblicato e che indaga quello strato fragile della Terra alla sua prova più decisiva: il cortocircuito pericolosissimo tra urgenze ambientali e sviluppo vertiginoso della tecnologia. Navigando tra Karl Safina e Heidegger, Bruno Latour e Peter Sloderdijk, intrecciando natura e processi sociali, Pacini accompagna dentro il teatro della catastrofe o della possibile metamorfosi di homo sapiens. E nel frattempo schiaffeggia oracoli tecnologici e predicatori di un progresso inevitabile fondato su un algoritmo incorreggibile, tecnofilosofi eccitati dal transumanesimo ed economisti «ai quali abbiamo consegnato lo status di oracoli». Perché ciò che gli interessa di più è smascherare l’alienazione dentro la quale siamo trascinati, spesso senza consapevolezza. Per esempio, sul fatto che oggi il lavoro produca un plusvalore correlato non solo al nostro nudo lavoro ma alla nostra vita nella sua totalità: «È un’economia neurologica e totalitaria cha alimentiamo di buona lena, tanto che si dovrebbe parlare di auto-alienazione, auto-sfruttamento, favoriti dal fatto che il medium digitale agisce “sottopelle” rispetto ai pensieri e comportamenti che definiamo “coscienti”. Come reagire? La strada è la “resistenza analogica”: «L’esercizio di un pensiero non formattato dai protocolli delle piattaforme digitali». Nella decisiva consapevolezza di dover fare in fretta: perché «l’effetto del media digitale sulla plasticità del cervello si manifesta come compressione/riduzione della capacità di lettura critica/profonda del mondo».

 

ZONA CRITICA
Marco Pacini
Meltemi, pp. 165, € 15