La finale del Festival
Sanremo 2025, l'ultima delusione
Olly vince e Giorgia arriva solo sesta. Un podio interamente maschile. E Marcuzzi e Cattelan non pervenuti. Così si chiude il festival dei record di Carlo Conti
Con la vittoria di Olly il Festival di Sanremo regala, si fa per dire, il suo unico colpo di scena. Il Festival avrebbe dovuto eleggere Giorgia, non fosse altro per forza dell’abitudine. Invece come si dice, mai una gioia e la balorda nostalgia coi baffetti da sparviero (cit) supera la voce venuta dall’iperuranio relegata a un immeritato sesto posto, ma anche Lucio Corsi, il cantautore sceso dalla luna e la serissima leggerezza di Brunori Sas. Quarto posto a Fedez dall’aria affranta e solo quinto il predestinato Cristicchi, tutti maschi, uno per ogni fascia d’età per non scontentare nessuno, come ci ha insegnato questo festival a suo modo del tutto particolare. Che in realtà ha nominato come canzone simbolo il tormentone “Tutta l’Italia tutta l’Italia tutta l’Italià” e tanto valeva mandarla direttamente all’Eurovision e sai quanto tempo si risparmiava.
Spaghetti vino e padre nostro, un gigantesco coro su cui si è battuto il tempo, tutti compatti, tipo testuggine romana, guai a sgarrare, nessun capello fuori posto e non sia mai una battuta improvvisata. Certo, c’è stata l’anarchia gioiosa della serata dei duetti ma le cose belle finiscono sempre troppo presto Tutta l’Italia ha cantato davvero Sanremo ma come fosse il gioca jouer, “ascoltare”, “applaudire”, buttare il telecomando” e così via. D’altronde è il festival della canzone, si è detto ai detrattori, e lo spettacolo è un orpello inutile («Non mi piace la fuffa» ha detto Conti in conferenza stampa) così alla musica è toccato fare tutto il lavoro, nel bene e nel male.
Momenti di emozioni sparse, e chissà se li ha provati proprio tutta l’Italia, visto che Lauro che cantava “L'amore è come una pioggia sopra Villa Borghese E noi stiamo annegando” è finito barbino solo settimo. Tutta l’Italia ha seguito il balletto di Marcella Bella, il graffio di Noemi, le eterne vacanze dei The Kolors, l’eleganza di Elodie o la maestria di Tony Effe che è riuscito, cosa affatto facile, a stonare persino con l’autotune. Una sorta di anestesia collettiva, che ha fatto alzare il pubblico in sala davanti ad Antonello Venditti solo quando ha dichiarato di avere 37 e mezzo di febbre.
Manca lo show, anche stasera ma anche i co conduttori latitano, vaghe ombre dietro Carlo Conti che accelera, sgrida, bacchetta come un maestro severo ma giusto. Dicono che ci siano stati Alessandro Cattelan e Alessia Marcuzzi ma sono leggende metropolitane. La conduttrice, presentata come “un concentrato di energia allo stato puro” ha tentato qualche mossa azzardata, tipo un respiro fuori copione ma è stata immediatamente redarguita e fatta tornare nei ranghi. «Non c’è il punto interrogativo nel titolo», «Non puoi canticchiare», «Non puoi dire Tik Tok», «Ti spiego cos’è la crush? No, andiamo avanti», e alla fine le resta solo la libertà di mostrare la schiena scollata.
D’altronde la serata dei David di Donatello doveva far sorgere il vago sospetto che forse la coppia non avrebbe liberato scintille, ma si sa, dalla storia si impara sempre troppo poco. E poi c’è Cattelan, l’eterna promessa che si era messo in fila buono buono in seconda serata per aspettare il suo turno, ma pure lui il guizzo lo farà domani. Perché in questa finale il regolamento lo declama Conti, Venditti lo presenta Conti, i codici li legge Conti, Edoardo Bove parla con Conti, la stone del curling la mostra Conti e quando finalmente Alessandro Cattelan ancora di buon umore prova a fare una battutina agitandosi nell’abito bianco, Conti lo interrompe per una cosa importantissima, ovvero l’annuncio di un francobollo.
Ma alla fine, tutta l’Italia mette cuoricini con generosità e a breve si comincerà a pensare alla prossima edizione contiana con fiducia, perché come ha detto con slancio Alberto Angela, «Bisogna credere nel futuro, non abbiate timore». Ma onestamente si fa una certa fatica, altro che balorda nostalgia.