Caro direttore,
nella famigerata lista dei Paradise Papers ho scoperto con sorpresa il nome mio e di alcuni miei collaboratori di allora in Enel. Probabilmente i nostri nomi appaiono come conseguenza dell’acquisizione da parte di Enel Green Power (allora ERGA) di Energia Global Internacional (EGI), un’azienda con centrali idroelettriche e progetti in Costa Rica, Guatemala, Panama e Cile.
Per una transazione cosi’ rilevante, le autorità impongono l’identificazione di rappresentanti legali, quali appunto eravamo noi. E mi sembra di capire che la vostra lista (che non distingue tra criminali, esportatori di capitali, titolari di conti correnti all’estero o invece rappresentanti legali di aziende industriali) sia nata confrontando i dati registrati da Appleby con le visure societarie italiane, che certamente riportavano i nostri nomi nelle qualifiche operative che rivestivamo per svolgere il nostro lavoro di dipendenti di Enel Green Power.
L’azienda EGI al momento dell’acquisizione aveva sede legale alle Bermuda, e, se ricordo bene, appena rimossi i vincoli normativi, fu trasferita negli Stati Uniti; la sede operativa di EGI e’ sempre stata in Costa Rica e proprio per vigilare sulla correttezza della gestione, affidammo la Presidenza Jose’ Figuerrez, gia’ presidente della Repubblica del Costa Rica e attivista di Transparency International. Mi riferisco a fatti del 2000-2001, quando ero amministratore delegato di Enel Green Power, tanto tempo e tante altre acquisizioni si sono fatte da allora, quindi ho difficolta’ a ricordare molti dettagli: mi auguro che Enel rediga una nota piu’ circostanziata che chiarisca la nostra totale estranieta’ a fatti delittuosi o comunque moralmente eccepibili.
Da quell’acquisizione e’ derivata l’espansione di Enel in America Latina, che oggi, da quanto leggo nel sito web, genera più di un quarto del fatturato dell’intero gruppo Enel. Una operzione trasparente e fondamentale per assicurare il successo all’azienda, i cui bilanci e il cui operato era ovviamente vigilato e certificato. L’anno seguente, proprio in riconoscimento anche di quella acquisizione, e comunque di un modello globale di sviluppo dell’energia pulita, Enel Green Power ricevette il prestigioso premio Platts-Busineweek, che ritirai personalmente a New York.
Io e i miei colleghi di allora siamo stati fieri di aver contribuito a questa operazione industriale, quindi le faccio intuire il mio sconforto nel vedere i nostri modesti nomi associati a facoltosi imprenditori, spregiudicati faccendieri e fiscalisti d’assalto. Sospetto quindi che altre persone nominate nelle liste da voi pubblicate siano in realta’ (come nel nostro caso) del tutto estranee a opache operazioni di elusione fiscale che certamente avete il merito di aver fatto emergere.
Noi di Enel vincemmo una gara in piena trasparenza e ci aggiudicammo attivita’ industriali in America Latina, agendo in nome e per conto di un’azienda industriale, e all’epoca fu data molta pubblicita’ a questa acquisizione, immagino anche dalla vostra testata, per sottolineare il successo di Enel Green Power, che gia’ allora era il principale produttore di energia pulita al mondo e stava esportando competenze e professionalita’; peraltro, gli atti di acquisizione di un’azienda sono sempre pubblici, quindi quando il team di Enel e’ subentrato negli organi sociali alle persone nominate dalla precedente proprieta’, l‘operazione e’ stata fatta in piena trasparenza: chiunque, non soltanto un giornalista investigativo, avrebbe avuto a disposizione la stessa informazione.
Per quanto involontario, l’effetto sulla mia reputazione di quanto avete pubblicato è stato consistente e mi ha creato un forte imbarazzo. Sono costretto a fastidiose precisazioni con gli amici, con gli attuali colleghi, con i clienti e con le aziende che a me si rivolgono proprio per la mia nota abitudine alla correttezza e per la passione di portare negli affari una forte attenzione alla correttezza nei comportamenti.
La ringrazio per lo spazio che darà a questa mia precisazione a conferma della vostra volontà di conservare quella diligenza nell’analisi delle notizie in grado di assistere il lettore a distinguere chi persegue la verita’ da chi specula sulle notizie. Certo di poter annoverare lei e i suoi colleghi nel primo gruppo, con simpatia
Paolo Pietrogrande
Egregio Direttore,
siamo rimasti profondamente scossi dall’accostamento, da noi appreso in data odierna, operato dalla Vostra testata on line, dei nostri nomi (Domenico Capra quale docente universitario ed Elisa Cappellini quale avvocato), nonché di quello del Collega avvocato Gianpietro Quiriconi, nostro partner milanese, alla cosiddetta “inchiesta” Paradise Papers, in particolare poiché affiancati al nome della società Halfords Media.
Tutti e tre abbiamo infatti assistito la suddetta società in quattro cause civili avanti al Tribunale di Milano – due delle quali ancora pendenti e due già definite - aventi ad oggetto questioni contrattuali correlate alla compravendita di spazi pubblicitari su emittenti televisive e testate giornalistiche.
L’unica attività da noi prestata a favore di Halfords Media Ltd. è quella sopra menzionata, pienamente lecita, legittima e inclusa in un ordinario incarico professionale, interamente documentabile attraverso gli atti processuali. Nessuno di noi è titolare di cariche sociali o riveste la qualità di socio in questa società, né ha mai avuto con la stessa alcun altro rapporto che non sia quello professionale (e derivante da incarico giudiziale avanti al Tribunale di Milano) sopra indicato.
Ne consegue che l’inserimento dei nostri nomi in un elenco di soggetti ai quali sono direttamente rivolte gravi ed infamanti accuse di occultamento di capitali in paradisi fiscali è totalmente arbitraria, nonché gravemente lesiva della nostra reputazione personale e professionale, faticosamente costruita in molti anni di dedizione all’attività professionale, a tutela della quale ci stiamo apprestando ad agire immediatamente nei Vostri confronti.
In altre parole l’inserimento dei nostri nomi in quella lista in quel contesto non ha la benché minima giustificazione.
Fra l’altro anche l’avvertimento con il quale L’Espresso tenta di dare credibilità alla lista (dichiarando di aver «pubblicato soltanto nomi di persone identificate con certezza») aggrava ancor di più la posizione della testata e dei responsabili della notizia perché rende l’infamia, per chi legge, verosimile e definitiva. A ciò si aggiunga che la notizia sia stata ripresa immediatamente da numerose testate on line di rilievo locale e nazionale.
Per esempio su Milano Today era la notizia del giorno maggiormente visualizzata con particolare risalto al "prof. della Bicocca" poi citato per nome e cognome. Anche IlPiacenza e Piacenza24 davano rilievo alla notizia, evidenziando la presenza dell'Avv. Cappellini fra quelli appartenenti all'elenco dell'Espresso.
Questo non è giornalismo ma un vero atto delinquenziale del quale risponderete. Ci auguriamo che, almeno, immediatamente proviate vergogna per l'enorme danno che ci avete arrecato in ambito Universitario, presso tutta la clientela che assistiamo come avvocati, i Magistrati dei Tribunali che usualmente frequentiamo, i Colleghi.
Vi intimiamo pertanto di pubblicare immediatamente con adeguata visibilità nella testata on line una smentita che riguardi ciascuno di noi (Domenico Capra, Elisa Cappellini e Gianpietro Quiriconi) che indicizzi la medesima in modo tale da dare ad essa maggiore risalto in rete rispetto all’infamia, e, soprattutto che trovi il modo di rimuovere IMMEDIATAMENTE dal web l’infamante e falsa notizia.
Avvocato Elisa Cappellini
Avvocato Domenico Capra
La risposta dell'Espresso
Anche i tre avvocati milanesi di cui abbiamo pubblicato la lettera integrale sono stati registrati nei documenti dello studio Appleby non come consulenti esterni, ma come amministratori («officer») con poteri di firma e di rappresentanza. I responsabili di Appleby hanno dedicato particolare attenzione alla loro posizione, segnalandoli come «persone esposte politicamente» dopo aver verificato che in Italia rivestivano ruoli di rilievo pubblico. La protesta per «l'accostamento» con un paradiso fiscale va dunque indirizzata ai titolari della società offshore dell'isola di Man che li ha assunti e che ha comunicato ad Appleby i loro dati, documenti d'identità e posizione professionale. L'Espresso inoltre non ha mai accusato nessuno di evasione o altri reati: l'inchiesta giornalistica Paradise Papers riguarda società non italiane, collocate in paesi dove è la legge a non prevedere alcuna tassa sui profitti aziendali.
Egregio Direttore,
Il mio nome figura nella lista degli italiani elencati nei cosiddetti Paradise Papers.
Essi riportano per me un incarico di Manager finanziario relativo alla società PGFD a Bermuda. In realta' io feci parte del Board di Pioneer Global Funds Distributor Ltd., Bermuda, su designazione del Gruppo Unicredit, dal 2001 al 2008. PGFD risulta appartenere al 100% al gruppo Pioneer, a sua volta interamente posseduto da Unicredit Spa fino al 3 luglio 2017.
La ringrazio di voler pubblicare la precisazione di cui sopra.
Cordiali saluti.
Sebastiano Bazzoni
L'articolo, firmato dai giornalisti: Paolo Biondani, Gloria Riva e Leo Sisti, a commento di detta lista afferma che: "Ci sono imprenditori, manager di grandi aziende e ricchi uomini d'affari. Avvocati e consulenti fiscali, che potrebbero agire in proprio oppure come fiduciari per conto di clienti che non vogliono comparire. Ma ci sono anche nobili, possidenti, sacerdoti, commissari giudiziari.”
In sostanza, essendo il sottoscritto l’unico commissario giudiziale in elenco, l’articolo accosta il mio nome ad una qualche attività off-shore illecita alla quale anche un commissario giudiziale avrebbe preso parte. Il commissario giudiziale, tra l’altro, nelle sue funzioni ausiliarie della magistratura è pubblico ufficiale. Così formulata la notizia è tendenziosa e diffamante perché allude ad una attività illegale, di copertura di non ben identificati beneficiari ed inoltre svolta anche nell’ambito di funzioni commissariali. Il sottoscritto è stato membro del “Board of Directors” di Theorema Advisors ltd per qualche anno e fino al maggio del 2008. Si tratta quindi di una vicenda professionale che non ha alcuna attualità. Theorema Advisors ltd era ed è una primaria società di gestione di Hedge Funds rintracciabile al sito theoremafunds.com la cui intera catena societaria era ed è oggetto di vigilanza da parte dell’autorità inglese FCA (Financial Conduct Authority) siccome operante sul mercato finanziario di Londra. Non solo quindi si tratta di una attività lecita, ma anche soggetta a vigilanza. E per quanto qui possa occorrere, detta società, non è mai stata coinvolta, nel periodo in cui io sono stato in carica, in scandali finanziari di alcun tipo anche perché fin quando il sottoscritto ne è stato director quale membro del board, ha fatto registrare ottime performances nella gestione dei fondi amministrati (che andavano mediamente ben oltre il miliardo di euro). Inoltre, è ben comprensibile che tale attività, fino a quando è stata posta in essere dal sottoscritto, nulla aveva a che fare con cariche o incarichi di tipo giudiziario essendo afferente esclusivamente alla sfera professionale privata del sottoscritto. Inoltre, sebbene l’articolo del Vs. organo di stampa faccia riferimento a segreti raggiri ed interposizioni per conto di non meglio identificati clienti ed altre attività verosimilmente illecite, è appena il caso di precisare che non si tratta di attività o carica segreta, dal momento che tale attività è stata sempre segnalata quale elemento distintivo del mio curriculum vitae e perfettamente a conoscenza delle autorità di controllo inglesi in un mercato finanziario che peraltro, come ben sapete, era ed è ancora armonizzato.
Premesso quanto precede, dal momento che detto articolo tende a fare rientrare il mio nominativo con altri nell’ambito di una inchiesta tendente a far emerge un elenco di persone più o meno pubbliche che avrebbero operato all’estero con finalità illecite, considerato il fatto che, come a voi noto il sottoscritto oltre ad essere un dottore commercialista è anche un soggetto incaricato dalla magistratura sia in sede concorsuale che penale di delicatissimi dossier, detto articolo tende a danneggiare seriamente il necessario vincolo fiduciario che lega il giudice al proprio consulente e/o ausiliario. Esso quindi rischia di compromettere in maniera permanente il prosieguo della mia professione. Ciò rende assolutamente necessario che l’onorabilità del sottoscritto venga al più presto rispristinata dal vs. organo di stampa con le modalità previste dall’art. 8 della legge 47/1948, fermo restando il fatto che tutelerò le mie ragioni nelle competenti sedi giudiziarie. Vi intimo quindi la pubblicazione delle seguente rettifica: “In riferimento all’articolo di stampa “Paradise Paper, la lista segreta di tutti gli italiani coinvolti” nel quale è comparso il nominativo del sottoscritto dott. Ignazio Arcuri quale soggetto collegato alla società Theorema Advisors ltd nell’inchiesta giornalistica che fa da sfondo al presunto scandalo di conti e/o società detenuti all’estero si precisa che: lo scrivente ha ricoperto la carica di membro del “Board of Directors” di Theorema Advisors ltd fino al maggio del 2008. La Theorema Advisors ltd era ed è una primaria società di gestione di Hedge Funds rintracciabile al sito www.theoremafunds.com la cui intera catena societaria era ed è oggetto di vigilanza da parte dell’autorità inglese FCA (Financial Conduct Authority) siccome operante sul mercato finanziario di Londra. Non solo quindi si tratta di un’attività lecita, ma anche soggetta a vigilanza ed a regolamentazione fiscale, quindi in alcun modo occulta ma perfettamente a conoscenza delle autorità di controllo inglesi. Né del resto lo scrivente ha mai celato di aver svolto tale incarico che è anzi evidenziato nel curriculum vitae come importante esperienza professionale. Lo scrivente non è quindi in alcun modo collegato ai presunti segreti raggiri ed interposizioni per conto di non meglio identificati clienti ed altre attività verosimilmente illecite. Né l’attività al tempo svolta per la Theorema Advisors ltd è in alcun modo connessa al ruolo di Commissario Giudiziale ovvero di ausiliario del giudice sovente ricoperto dallo scrivente, ruolo che impone la presente rettifica onde tutelare l’onorabilità dello scrivente e preservare la fiducia che da diversi anni la magistratura accorda allo scrivente e che potrebbe essere severamente minata da questo sospetto.”
I miei più cordiali saluti
Ignazio Arcuri
Caro direttore,
sono sinceramente sorpreso e dispiaciuto del fatto che non abbiate ritenuto doveroso, prima di associare il mio nome ai “Panama papers”, verificare con il diretto interessato. Desidero, in primo luogo, informarvi che le mie attività finanziarie sono tutte detenute presso intermediari finanziari domiciliati in Italia. Credo, invece, che il mio nome possa essere emerso in quanto per dieci anni sono stato amministratore delegato di Idea Capital Funds, società di gestione del risparmio italiana - controllata dal gruppo De Agostini - che opera nel private equity anche tramite fondi che investono in fondi internazionali, a volte domiciliati in Paesi ove la tassazione è inferiore a quella italiana. Anche in tal caso, però, i fondi gestiti da Idea Capital Funds sono fiscalmente residenti in Italia e le plusvalenze ovunque realizzate vengono tassate nel nostro Paese; a volte le autorità estere richiedono l’identificazione di un beneficiario, che non può essere una persona giuridica e in tali circostanze viene fornito il nome del legale rappresentante, appunto il sottoscritto. Per quel che riguarda l’associazione del mio nome a Pioneer Global Funds Distributor Ltd, domiciliata a Hamilton (Bermuda), posso soltanto dire che è una società che non conosco e con la quale pertanto non ho mai avuto direttamente o indirettamente a che fare, ma mi è stata sufficiente una veloce indagine tramite il sito di Bloomberg per scoprire che è una controllata di Pioneer Investments, società di gestione di fondi di investimento di diritto italiano, fino a qualche tempo fa controllata da Unicredit e oggi di proprietà del Gruppo Amundi. Questa semplice spiegazione avrebbe probabilmente evitato di pubblicare impropriamente il mio nome e di procurare un danno reputazionale. Resto, in ogni caso, a vostra disposizione per qualsiasi ulteriore approfondimento possiate necessitare. Con l’occasione voglia gradire i miei migliori saluti.
Mario Barozzi