Il socio di Armando Siri al centro dello scandalo tangenti in Lombardia
Un filo rosso, anzi verde, collega il caso di corruzione nella Regione agli affari del leghista ed ex sottosegretario. E tutto parte da una cena per finanziare Matteo Salvini
di Giovanni Tizian e Stefano Vergine
21 maggio 2019
siri1-jpg Un filo collega l’uomo della flat tax, l’ex sottosegretario leghista Armando Siri, e lo scandalo delle mazzette alla Regione Lombardia.
Seguendo le amicizie e gli affari dell’ideologo della flat tax si arriva infatti al cuore dell’ultima inchiesta condotta dalla procura di Milano: 43 arresti, 90 indagati, politici e imprenditori che sembrano usciti da un remake di Tangentopoli; pure l’ombra della ’ndrangheta su alcuni appalti, come suggeriscono alcuni incontri ripresi dalle telecamere degli investigatori. Tra gli indagati eccellenti, accusati di essere stati corrotti, c’è Fabio Altitonante, consigliere regionale di Forza Italia e sottosegretario alla presidenza con delega alla rigenerazione e allo sviluppo dell’area Expo. Stesso reato ipotizzato per Pietro Tatarella, consigliere comunale sempre di Forza Italia (si è dimesso dopo gli arresti) e vicecoordinatore regionale del partito di Silvio Berlusconi. Fabio Altitonante Con l’ipotesi di abuso d’ufficio, invece, è finito nei guai il governatore Attilio Fontana, sospettato di aver dato una consulenza a un suo socio di studio di Varese. Poi c’è Giulia Martinelli, ex moglie del ministro dell’Interno, non indagata, ma sentita dai pm in quanto capo segreteria di Fontana. Nel caso di Fontana non c’entra la corruzione. Ciò che colpisce è però il contesto in cui sarebbe maturato il presunto abuso, e i personaggi con cui si è interfacciato il governatore leghista del Pirellone. Gente come Gioacchino Caianiello, ras di Forza Italia a Varese (la terra del presidente della Regione), già condannato in via definitiva per concussione nel 2018. Caianiello ha molti amici anche nella Lega di Matteo Salvini. Tra tutti l’avvocato Andrea Mascetti - già nel consiglio federale del partito - e il deputato Matteo Bianchi (estranei all’indagine). Il contesto è importante anche per capire meglio il ruolo di altri due personaggi sotto inchiesta per corruzione insieme al berlusconiano Altitonante. pato3-jpg E qui arriviamo ai legami più importanti con la Lega. Si tratta di Luigi Patimo, dirigente della multinazionale spagnola Acciona, e di Daniele D’Alfonso, a capo della Ecol Service, azienda italiana al centro del network delle presunte tangenti decise al ristorante “Da Berti”, ribattezzato dai protagonisti “la mensa dei poveri”, luogo simbolo di questa vicenda.
Patimo, dicevamo, è il responsabile italiano di Acciona, multinazionale delle infrastrutture. Inoltre è stato socio d’affari privati dell’ex sottosegretario al ministero delle Infrastrutture italiane, vale a dire Siri. Come se non bastasse, Patimo è indagato da tempo a Reggio Calabria per corruzione insieme a un presunto colletto bianco della ’ndrangheta. Tutte notizie rivelate dall’Espresso ormai più di un anno fa, a cui seguì il silenzio dei 5 Stelle. Quando lo raccontammo, Patimo e Siri erano ancora azionisti della “Profilo Srl”. Qualche mese più tardi chiusero quell’esperienza imprenditoriale che durava da 14 anni. I due avevano condiviso pure la proprietà della Top Fly Edizioni, una delle imprese poi trasferite in Delaware, esattamente allo stesso indirizzo della Mediaitalia, la società per la quale Siri ha patteggiato la pena a un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta. Siri e Patimo si conoscono, insomma, da molto tempo.
Patimo è ora sospettato di aver corrotto Altitonante per sbloccare una pratica edilizia al Comune di Milano. A pagare sarebbe stato l’imprenditore D’Alfonso, della Ecol Service, che avrebbe versato al politico 20 mila euro sotto forma di finanziamento al politico. Donazione oltretutto, per i pm, illecita.
Le carte della procura di Milano dicono anche che su D’Alfonso grava il sospetto di rapporti con aziende collegate a una famiglia della ’ndrangheta lombarda. La sua Ecol Service avrebbe infatti concesso subappalti ad imprese collegate al boss Molluso dell’hinterland milanese così da non avere problemi “ambientali”: come «garanzia da eventuali danneggiamenti sui mezzi in cantiere, azioni intimidatorie o estorsive ad opera di organizzazioni criminali locali che premono per inserirsi nei lavori affidati alla società», scrive il gip nell’ordinanza di arresto di D’Alfonso. Non solo, tentacoli dei Molluso fin dentro la ditta di D’Alfonso, dove lavorava uno della famiglia di ’ndrangheta. ’Ndrine e mazzette, dunque. Con soldi che finiscono a uomini di Forza Italia. Pietro Tatarella Ma i berlusconiani non sono i soli ad aver goduto delle attenzioni dell’imprenditore appena arrestato per corruzione. Anche la Lega cercava il sostegno di D’Alfonso, e pure quello di Patimo. Secondo quanto abbiamo potuto ricostruire, il 19 ottobre del 2015 i due erano infatti tra gli invitati a una cena riservata alla presenza di Salvini, a Milano. L’organizzatore? Proprio Siri. L’appuntamento era fissato per le ore 20 nell’elegante Fonderia Napoleonica, ristorante nel cuore del quartiere Isola, uno dei più alla moda di Milano. I documenti in nostro possesso si fermano a qualche giorno prima della cena. Frammenti di un evento che pare aver coinvolto decine di imprese. E il cui costo minimo di partecipazione era di 300 euro a persona. Quanto hanno versato Patimo e D’Alfonso? Con quale scopo? Chi erano gli altri invitati alla cena? Quanto ha raccolto in totale il partito e come sono stati usati quei soldi?
Quando raccontammo per la prima volta della cena, chiedemmo a Patimo e D’Alfonso un commento, ma non ci arrivò alcuna risposta. Neppure Siri e Iva Garibaldi, il capo della comunicazione del leader della Lega, ci fornirono dettagli su quella serata.
Di certo le carte in nostro possesso raccontano che le donazioni dovevano finire su un conto corrente aperto dalla Lega presso Banca Prossima, istituto di credito del gruppo Intesa Sanpaolo, sequestrato circa un anno fa dai magistrati di Genova in seguito alla sentenza di condanna per truffa di Bossi e l’ex tesoriere Belsito. La Guardia di Finanza trovò solo 6 mila euro. Dove sono finiti gli altri denari raccolti? Su quel conto non sono affluite infatti solo le donazioni per quella cena di finanziamento, ma anche altri fondi leghisti. Il 16 gennaio del 2017 il partito, già allora guidato da Salvini e amministrato da Centemero, sposta infatti 145 mila euro dal conto Unicredit a quello aperto presso Banca Prossima. Niente di strano, se non fosse che in quel periodo sulla stampa erano usciti degli articoli che davano notizia dell’indagine per riciclaggio avviata dalla procura di Genova.
C’è poi un altro evento del genere andato in scena alla Fonderia Napoleonica, sempre a Milano ma questa volta un po’ prima: il 3 maggio 2015. Anche qui, dicono i documenti, a organizzare il tutto è Siri, in compagnia della segretaria personale di Salvini e del tesoriere del partito Centemero. Si tratta di una colazione riservata in piazza Duomo, con 20 imprenditori milanesi che Siri dice di aver raccolto per aiutare il partito. Siamo a un anno dalle elezioni per il sindaco di Milano. La Lega corre insieme al centrodestra. Un candidato ufficiale ancora non è stato annunciato. Qualche mese dopo i consensi convergeranno pubblicamente su Stefano Parisi. Anche il costruttore Luca Parnasi (indagato per corruzione a Roma) dice di aver versato 250 mila euro all’associazione Più Voci. Soldi alla onlus leghista per sostenere il candidato di Forza Italia, Parisi. L’alleanza degli scandali.
Come ai tempi di Berlusconi e Bossi. Chissà se l’asse si riformerà anche a Roma, dopo le prossime europee. Di certo la Lega non ha mai risposto alle nostre domande, non ci ha mai voluto dire dove sono finiti i soldi delle cene di finanziamento. Nemmeno di quelle a cui erano invitati Patimo e D’Alfonso, i presunti corruttori della politica lombarda. Invitati alla cena per Salvini da un altro presunto corrotto, da Armando Siri.
Quando è stato nominato sottosegretario alle Infrastrutture, Siri aveva già alle spalle un patteggiamento per bancarotta fraudolenta. Eppure Salvini non ne ha potuto fare a meno. “Mr flat tax” doveva avere un ruolo nel governo a tutti i costi. Desiderio del Capitano esaudito con il placet degli alleati 5 Stelle. Solo dopo la recente indagine per corruzione, in cui è coinvolto insieme all’imprenditore ed ex parlamentare Paolo Arata, Siri ha dovuto lasciare, dopo mille polemiche, il ruolo al ministero delle Infrastrutture.
Perché è così importante Siri per la Lega? Per molti motivi, non solo per la tassa piatta di cui è promotore. Lo è per il bagaglio di rapporti con il potere imprenditoriale e finanziario, italiano e straniero, e per il ruolo fondamentale avuto all’interno della macchina salviniana del consenso. Lo dicono i documenti in nostro possesso. Ligure, ex giornalista, Siri è stato infatti il vero coordinatore dell’ultima campagna elettorale, il collettore di proposte, lamentele, richieste, l’organizzatore di contatti con ambasciate, il volto della Lega davanti a Mediobanca, l’organizzatore di viaggi negli Usa per incontrare Trump e la sua squadra. Siri fa insomma parte della stretta cerchia dei fedelissimi di Salvini. Tiene i rapporti con i grandi giornali ha organizzato per suo conto incontri riservati con imprenditori importanti, tra cui Luigi Cremonini (che ha finanziato l’ex sottosegretario con 15 mila euro) e Urbano Cairo. Difficile dunque scaricare uno così. Anche se ha tante amicizie pericolose.