Inchiesta L’Espresso / Icij
Ericsson, le tangenti pagate dal colosso in tutto il mondo hanno una regia made in Italy
Inchiesta L’Espresso / Icij
Ericsson, le tangenti pagate dal colosso in tutto il mondo hanno una regia made in Italy
La multinazionale patteggia una super multa da 1,2 miliardi di dollari confessando alle autorità americane decine di corruzioni dall’Africa alla Cina, dall’Indonesia all’Iraq. La sentenza finale spiega che lo schema corruttivo fu architettato da due manager italiani
Due manager della Ericsson, nel 2011, si scambiano una serie di email riservatissime. I messaggi descrivono «un sofisticato sistema di corruzione» da applicare in Africa, ma sono scritti in italiano.
Nel 2019 la multinazionale delle telecomunicazioni viene incriminata dalle autorità americane, che la accusano di aver pagato tangenti in diverse nazioni, dall'Egitto all'Indonesia, dal Kuwait alla Cina, per più di quindici anni. Lo scandalo spinge i vertici svedesi del gruppo a negoziare un patteggiamento costosissimo: una multa da un miliardo di euro, con l'obbligo di collaborare pienamente con la giustizia e denunciare tutti gli illeciti. Le email italiane però non vengono consegnate ai procuratori statunitensi. Vengono nascoste in un deposito sotterraneo di Stoccolma, in uno scatolone sigillato, con altre carte e archivi informatici da tenere segreti.
Quei messaggi italiani sulla corruzione in Africa restano chiusi a chiave negli scantinati della Ericsson per più di dieci anni. A rivelarne l'esistenza, nel febbraio 2022, è un'inchiesta giornalistica internazionale coordinata dal consorzio Icij, rappresentato in Italia da L'Espresso. Pochi giorni dopo, il Dipartimento di giustizia americano annuncia che la Ericsson è di nuovo sotto inchiesta, con l'accusa di aver violato l'accordo di patteggiamento.
I documenti portati alla luce dal consorzio internazionale dei giornalisti investigativi mostrano che il colosso svedese aveva tenuto nascosti molti altri casi di corruzione su scala mondiale, che riguardano almeno 14 nazioni mai nominate prima. L'accusa più grave è di aver pagato tangenti in Iraq, nel 2014, a presunti tesorieri e perfino a combattenti dell'Isis, come risulta dalle indagini interne della stessa multinazionale, riemerse dai magazzini aziendali insieme alle mail italiane.
Ora la nuova istruttoria ha convinto la Ericsson a chiedere un nuovo patteggiamento, approvato nel marzo scorso dai giudici americani. La multinazionale ha accettato di pagare altri 206 milioni di dollari, che portano il totale dei risarcimenti a oltre un miliardo e 270 milioni: è la cifra più alta mai versata nel mondo per chiudere un processo per tangenti.
Nelle motivazioni della sentenza la portata delle accuse viene riassunta elencando una mezza dozzina di «omesse denunce di corruzioni». Il primo caso riguarda proprio le email italiane. I due manager della Ericsson descrivono uno schema corruttivo architettato per corrompere un ministro di Gibuti, una piccolo e poverissimo Stato africano, che la multinazionale occidentale considerava strategico nello scontro globale contro il colosso cinese Huawei per le tecnologie del 5G. I messaggi precisano che le tangenti, per oltre due milioni di dollari, vengono pagate a finte società di consulenze, in realtà controllate dalla moglie del ministro. «Lui in persona!», sottolinea un manager all'altro, che risponde: «Ok, ho capito». La vicenda di Gibuti è considerata grave perché lo stesso schema corruttivo («bribing scheme») è stato poi applicato e replicato in altre nazioni. Per questo fu tenuto nascosto. La sentenza non fa i nomi dei manager, indicati solo «dipendente 1» e «3», ma precisa che tra loro parlano e si scrivono in italiano e che all'epoca erano «alti dirigenti della Ericsson per l'Africa».
I nuovi casi di corruzione sono stati denunciati e comprovati negli ultimi mesi dalla stessa azienda svedese. Ma la sentenza di patteggiamento contesta alla multinazionale di averli segnalati alle autorità americane soltanto «dopo essere stata interpellata da un consorzio di giornalisti».
L'amministratore delegato della Ericsson, Börje Ekholm, ha dichiarato che il nuovo patteggiamento «significa che il problema delle violazioni ora è risolto»: «Oggi l'azienda è molto diversa e continuerà a collaborare con la giustizia in tutto il mondo».