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Mondo
febbraio, 2012

Wall Street e Obama: fine di un amore

Nel 2008 il mondo della finanza si era schierato con quello che sarebbe diventato il primo presidente nero. Ora prende le distanze dall'uomo che vuole eliminare i privilegi per i manager

Daniel Boulud è considerato uno dei più talentuosi chef sulla piazza di New York. Il ristorante più elegante che possiede, quello sulla 65esima strada tra Park e Madison Avenue, associa alla cucina a tre stelle (Michelin) anche la discrezione totale. Proprio da Daniel ha fatto il suo ingresso, giovedì 19 gennaio e visibile a tutti, Barack Obama: per il presidente degli Stati Uniti erano state organizzate due cene, una dopo l'altra, per raccogliere fondi per la campagna delle presidenziali 2012. Ma i suoi ospiti che hanno pagato rispettivamente 5 e 15 mila dollari, sono rimasti invisibili. Neanche la pattuglia di giornalisti che segue Obama in ogni spostamento è riuscita a intercettarli o a riconoscerne qualcuno. Perché tanta protezione per questi finanziatori visto che, dopo le due cene, il presidente è andato a casa del regista Spike Lee per il terzo fundraising della giornata e l'ospite ha pensato bene di twittare ogni sospiro, frase o battuta di Obama?

Eppure, solo otto mesi fa, sempre in una sala di Daniel si era svolta una delle prime cene per la raccolta fondi a favore dell'Obama Victory Fund 2012. L'incontro, che a ogni partecipante era costato 35.800 dollari (il massimo consentito dalla legge sul finanziamento alla politica per quel tipo di incontri), era stato organizzato da un gruppo di banchieri, di manager di società che si occupano di private equity e di hedge fund, con in testa Marc Lasry, amministratore delegato di Avenue Capital Group, e Orin Kramer, tra i fondatori dell'hedge fund Boston Provident. E ad aprile, sempre a New York, a casa di Jon Corzine, da sempre democratico, ex numero uno di Goldman Sachs ed ex amministratore delegato di Mf Global (oggi sotto procedura fallimentare e con un segreto da svelare, ovvero la destinazione di decine di milioni di dollari dei clienti), si svolse una cena per la campagna presidenziale 2012.

Quei due incontri del 2011 videro la presenza di parecchi uomini di Wall Street che avevano contribuito alla campagna del presidente già nel 2008. C'erano, oltre a Corzine e a Kramer, che i giornali newyorkesi hanno definito "l'Obamasauro della raccolta fondi dei democratici", l'ex di JpMorgan Azita Raji, il consulente finanziario Blair Effron e Robert Wolf, un decano della finanza che ha scalato tutte le posizioni di Ubs America e che solo pochi mesi fa la Casa Bianca ha inserito nel President Council for Jobs and Competitiveness. Sono stati sempre loro a fare da calamita in modo che alle cene decidessero di aderire decine di dirigenti medio alti di Wall Street desiderosi di aiutare finanziariamente Obama.

Sono passati pochi mesi dalla primavera 2011 e adesso le porte dei fundraising restano chiuse e non ci sono pettegolezzi sul chi c'è e chi non c'è. Tanto segreto sul giovedì 19 gennaio è legato ai rapporti che oggi intercorrono tra Barack Obama e il mondo di Wall Street, banche, assicurazioni, private equity, hedge fund, trader di ogni materia prima o semplicemente di titoli e azioni. Sembra lontanissimo il 2008, quando legioni di manager, quadri, amministratori, presidenti di società di Wall Street aprirono le braccia - e il portafogli - per il giovane senatore afro-americano. Oggi, il rapporto esiste ancora come dimostrano i molti fundraising e le cifre raccolte in questa prima fase di campagna elettorale. Un ruolo fondamentale è svolto da quelli che in America vengono definiti bundler, ovvero persone capaci di convogliare soldi verso un candidato. Obama, pur non essendo obbligato a farlo, ha rivelato chi sono stati i suoi bundler nel periodo che va da aprile a settembre 2011. Sono 357 e nessuno di questi fa il lobbysta di professione: 62 di questi appartengono al mondo di Wall Street in senso lato e hanno raccolto in quei sei mesi 9,5 milioni di dollari su un totale di 55,9. Una somma che rappresenta un po' meno di un terzo dei fondi entrati attraverso piccole donazioni personali, spesso fatte via Internet, dentro le casse della campagna presidenziale e del Dnc, il comitato nazionale dei democratici.

Il periodo analizzato dall'organizzazione senza scopo di lucro OpenSecrets fotografa i primi passi della seconda corsa verso la Casa Bianca. Alla fine di febbraio arriveranno i nuovi dati, ma già questi segnalano che sono ancora in tanti a credere in Obama, però lo scenario del rapporto tra la politica e la finanza è molto cambiato. È stata approvata una legge che detta nuove regole a Wall Street, a cominciare dalle grandi banche che non possono usare i propri fondi per giochi finanziari speculativi. È stata creata un'agenzia di protezione dei consumatori che metterà il naso anche nella giungla dei mutui immobiliari. La Casa Bianca spinge da mesi perché i più ricchi paghino più tasse, a cominciare dalla eliminazione del privilegio per manager degli hedge fund e del private equity di considerare i loro guadagni come redditi da investimenti finanziari che vengono tassati al 15 per cento. Ha subito annotato il "Wall Street Journal" commentando la campagna di spot presidenziali che ha preceduto l'inizio della raccolta fondi: "I donatori facoltosi preferiscono mettere mano al portafogli per sconfiggere il presidente in carica piuttosto che per difenderlo e rieleggerlo". E Andrew Ross Sorkin, columnist e blogger del "New York Times", ha annotato sul seguitissimo e informato "DealBook": "Il buon senso dice che Wall Street ha voltato le spalle a Obama per la frustrazione dovuta alla sua retorica anti-business".

La spia del cambiamento si era accesa attraverso una mail inviata a manager, amministratori delegati e presidenti di società finanziarie e di trading da Daniel Loeb, democratico e bundler coccolato che nel precedente ciclo elettorale aveva contribuito alle casse di Obama e aveva staccato un assegno anche per finanziare la cerimonia di insediamento di Obama: "Nel caso le farneticazioni del presidente non siano ormai abbastanza per farvi cambiare idea, ho deciso di regalare agli amici che continuano a seguire la persona sbagliata il libro "Non c'è soltanto quello che è in te". È una perfetta strenna natalizia per quei veri democratici che non ne hanno ancora abbastanza delle frustate del presidente agli americani che sono grandi lavoratori, che hanno avuto successo e che vengono definiti come il 2 per cento". Loeb aveva rincarato la dose in occasione di Davos 2011 dicendo che il presidente Usa aveva nel suo programma la lotta di classe e che gli uomini d'affari erano "stanchi e stufi" di essere "criticati in quanto capitalisti".

Così, adesso i riflettori sono puntati per vedere chi c'è e chi no di Wall Street ai party per la raccolta fondi. Jon Corzine è stato subito in prima fila appena è partita la campagna anche se adesso si è defilato per i guai finanziari della Mf Global e dopo essere apparso davanti a una commissione del Congresso dove ha candidamente detto di "non sapere dove siano finiti" i depositi dei suoi clienti. È probabile che il mondo della finanza, del trading e delle assicurazioni non sgomiterà per farsi fotografare a cena accanto a Obama o farà di tutto perché venga pubblicato l'ammontare dell'assegno staccato a favore del presidente e del Partito democratico. "Alcune assenze di Wall Street possono essere un effetto ottico e non realtà", ha scritto Sorkin del "New York Times": "Mentre molti uomini della finanza sentono di non poter apertamente sostenere Obama come nel 2008 perché sarebbe un danno per i propri affari... la campagna del presidente non sta corteggiando e invitando i big di Wall Street a partecipare ai fundraising per il timore che il supporto di costoro possa offendere la maggioranza dei sostenitori liberal".

Che Obama abbia sintonizzato la sua campagna sui sentimenti anti Wall Street, o meglio di coloro sono da sempre definiti i fat-cat banker, gli avidi banchieri, è abbastanza evidente. Ogni suo discorso, soprattutto quelli che parlano della necessità di creare posti di lavoro, tocca anche la questione finanza e bonus, mutui immobiliari e disparità fiscale. Obama non si è lasciato sfuggire l'occasione più ghiotta, ovvero il discorso sullo Stato dell'Unione, pronunciato martedì 24 gennaio davanti all'intero Congresso, ai capi militari, ai giudici della Corte Suprema e agli ambasciatori accreditati a Washington: "Oggi, a causa di scappatoie legali e buchi del sistema fiscale, un quarto di tutti i milionari americani pagano meno tasse in percentuale di milioni di famiglie della classe media. Oggi Warren Buffett paga un'aliquota inferiore a quella della sua segretaria... Ora, voi potete definire tutto ciò lotta di classe ogni volta che volete. Anche quando si chiede a un miliardario di pagare più della propria segretaria. La maggior parte degli americani, però, lo chiameranno solo comune buon senso".

Dipingere dunque Barack Obama come un estremista, o come fanno alcuni candidati repubblicani un seguace del socialismo europeo, è solo frutto dello scontro politico in atto. Rileggendo gli atti dell'amministrazione Obama da gennaio del 2009, sfogliando le decine di libri apparsi da allora a oggi, si vede che Barack Obama e i suoi consiglieri economici non sono per nulla anti Wall Street, ma semplicemente hanno cercato, spesso molto timidamente, di evitare il ripetersi di situazioni di irresponsabilità finanziaria: dai bonus miliardari auto assegnati ai manager anche quando i conti delle società erano in perdita, ai giochi spericolati con i depositi dei clienti, alle vere e proprie truffe congegnate inventando prodotti finanziari privi di valore reale.
Vista l'attuale discrezione che circonda gli incontri tra il presidente e il mondo della finanza, sarà possibile verificare a che punto è giunto questo rapporto la prima settimana di settembre, due mesi prima del voto. Quando vedremo chi occupa i palchi di prima fila alla convention del Partito democratico a Charlotte, in Carolina del Nord. Quegli spazi vengono assegnati a carissimo prezzo ai più facoltosi sostenitori di Barack Obama per riempire le casse prima dell'ultimo sprint. In quanti arriveranno da Wall Street?

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