Da una parte c'è il presidente della Romania, Traian Basescu, 62 anni, ex marinaio, e leader populista del partito liberal democratico. Uomo forte e controverso, che da sempre spacca in due la Romania.
Dall'altra c'è il giovane premier Victor Ponta, 40 anni, dal 27 aprile scorso alla guida di uno strano governo, retto dall'Uls, alleanza che mescola gli ex comunisti del partito socialdemocratico e la destra liberale.
Un mix esplosivo che sta scatenando una guerra istituzionale e politica in Romania, senza precedenti. Una guerra combattuta a colpi di leggi ad personam, decreti cassati dalla corte costituzionale, polemiche. Fino all'impeachment votato da parlamento contro il capo dello Stato, Basescu, il 6 luglio scorso.
Un impeachment il cui finale si conoscerà domenica, quando dalle urne uscirà l'esito del referendum popolare che deciderà se Basescu potrà restare l'inquilino di palazzo Cotroceni, il Quirinale di Bucarest, o tornerà a essere un cittadino qualunque.
Ma quali sono le ragioni di questa guerra a colpi di costituzione che - dopo il caso Ungheria - preoccupa l'Unione europea? Se ufficialmente Basescu e Ponta si confrontano sul piano politico, con il premier che accusa il presidente di "aver gravemente violato la Costituzione", assumendosi prerogative che spetterebbero al solo governo, e Basescu che parla di "manipolazione della legge per destituirlo e prendersi la Romania", sullo sfondo ci sono proprio le elezioni presidenziali.
Il premier Ponta gioca una partita molto chiara. Vuole, infatti, arrivare a elezioni anticipate e cavalcare il basso gradimento di Basescu, che ha messo la faccia sui tagli draconiani che in tempi di crisi economica hanno messo in ginocchio la Romania, colpendo il particolare pensionati e dipendenti pubblici.
Ponta è convinto che cacciare Basescu e votare subito porterebbe dritto a palazzo Cotroceni, il 'Quirinale' di Bucarest, Crin Antonescu, presidente del Senato e ora presidente ad interim fino all'esito del referendum che deciderà la sorte di Basescu.
Antonescu, liberale e uomo forte della coalizione che sosterrebbe la candidatura di Ponta a primo ministro dopo le elezioni potrebbe, invece, trovare maggiori ostacoli se le elezioni presidenziali in Romania cadessero a scadenza naturale, cioè fra oltre un anno.
Un tempo che garantirebbe a Basescu, da sempre capace di grandi recuperi elettorali in extremis (nel 2007 sconfisse di misura il candidato del centrosinistra Mircea Geoana, dato per favorito, grazie al voto dei romeni all'estero), la possibilità di lanciare un suo uomo e mantenere al governo il partito liberal democratico. L'uomo in questione è l'ex premier Mihai Razvan Ungureanu, 44 anni, da sempre enfant prodige del Pdl, ex capo dei servizi segreti per l'estero della Romania, e per questo soprannominato in Europa il piccolo Putin. E' lui il successore designato da Basescu ed è lui il vero bersaglio del premier Ponta.
E così alla vigilia del referendum che deciderà su Basescu (era già capitato nel maggio 2007, ma il presidente fu salvato dal voto popolare) la polemica infiamma. A partire dalla bufera sul plagio della tesi di dottorato da parte del premier Ponta, certificata da una commissione di esperti. Un incidente che ha scatenato la richiesta di dimissione, ma a cui Ponta ha risposto con una seconda commissione che, come per magia, l'ha scagionato. Il premier ha poi accusato Basescu e i suoi supporter di avere ordito un attacco politico contro il governo, e ha deciso di non dimettersi come invece avvenuto in Germania e in Ungheria da parte di altri ministri e presidenti sorpresi a scopiazzare.
Ma ci sono di mezzo anche amici e padrini politici. Altra ragione della fretta di Ponta a voler indire le elezioni presidenziali, secondo i critici del premier, sarebbe la questione della grazia a Adrian Nastase, 61 anni, ex primo ministro e mentore del giovane premier, condannato pochi giorni fa a due anni di carcere per corruzione. Una sentenza storica per un ex capo di governo, accusato di avere raccolto persso società e uomini d'affari un milione e mezzo per la propria campagna elettorale. Un presidente socialdemocratico potrebbe, insomma, concedere la grazia e liberara Nastase dalla galera.
Sull'esito del referendum i sondaggi non sono univoci, ma l'ondata populista che aveva portato Basescu a Cotroceni per la seconda volta è finita e – sui numeri - la presidenza della Romania è a rischio. E così i big del Pdl stanno invitando i cittadini romeni a non votare, tentando di non raggiungere il quorum e far decadere il referendum. Con il ritorno di Basescu al potere. Una strategia che potrebbe anche riuscire, tanto che l'Uls ha tentato di boicottarla a colpi di legge.
E proprio sul quorum s'era scatenata un'altra bufera fra Basescu e Ponta. Con il tentativo da parte del premier di abrogare in fretta e furia il quoziente del 50 per cento più uno degli elettori necessario per rendere valido l'impeachment al presidente della Romania. Una specie di lodo Ponta, che la Corte costituzionale ha però bocciato e su cui si è espressa con preoccupazione anche l'Unione europea.
La gara di domenica, dunque, si gioca sull'affluenza. Ma c'è un'altra gara, ancora più difficile, che Ponta si gioca a Bruxelles. Il tentativo cioè di allontanare da lui le polemiche e i dubbi della comunità internazionale per presentarsi come un leader democratico e sostenuto dal popolo agli occhi della Ue. Ecco il senso della lettera LINK che Victor Ponta ha inviato ad alcuni giornali europei, fra cui l'Espresso. Una lettera in cui Ponta si difende dalle accuse di autoritarismo e dà la sua versione sulla procedura di impeachment contro il nemico Basescu. Procedura che, secondo il premier, sarebbe stata legittimata anche dalla Corte costituzionale romena, che in realtà si era espressa su Basescu in termini più generici.
Ammettendo alcune irregolarità nell'azione politica del presidente ma non tali da costituire una violazione costituzionale. E soprattutto senza entrare nel merito delle accuse a re Traian, ma limitandosi a definire ambiti di competenza e limiti fra i poteri dello Stato.