L'ex paradiso indonesiano non riesce più a smaltire i rifiuti e si sta trasformando in un'immensa discarica. Colpa anche dei troppi alberghi
Vedi Napoli e poi muori. Il celebre detto dell'epoca borbonica oggi è dedicato a Bali dall'esercito di turisti sconvolti dai crescenti cumuli di spazzatura in ogni angolo dell'Isola, paradiso nell'arcipelago indonesiano. All'aeroporto del capoluogo Denpasar atterrano ogni anno 2,5 milioni di uomini, donne e bambini (dato 2011), attratti dalla sua fama di bellezza incontaminata: oceani, risaie, giungle e danzatrici sinuose che si muovono al suono dei ritmi del gamelan. Ma il mito di una delle prime dieci destinazioni per le vacanze del pianeta sta facendo i conti con il prezzo del progresso, dall'aumento delle auto in circolazione alla moltiplicazione della spazzatura non riciclabile.
Con 42 camion vecchissimi e altri 9 che non si possono riparare per mancanza di soldi, l'Agenzia dei parchi e dell'igiene di Denpasar combatte quotidianamente contro un volume d'immondizia pari a 10 mila metri cubi di rifiuti al giorno (20 mila in alta stagione) dei quali 750 tonnellate sono oggetti di plastica, non biodegradabili. Il dato non è rivelato stavolta dalle associazioni ambientaliste ma dall'Associazione degli hotel di Bali. Secondo gli albergatori, l'Isola produce il 50 per cento di plastica in più di Jakarta, la capitale: un dato surreale fatte le proporzioni tra una metropoli di almeno 10 milioni di abitanti e questa incantevole terra emersa con meno di 4 milioni di anime.
L'allarme rifiuti a Bali cresce mentre fervono i lavori di ampliamento dell'aeroporto, destinato a portare ancora più ospiti sull'isola che già oggi fa fatica a smaltire i loro scarti. Ma in questo periodo c'è un motivo in più per cercare di risolvere il problema: la riunione dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) che si terrà proprio a Bali tra qualche mese, in uno dei resort fiore all'occhiello dell'arcipelago. «Fuori dalle isole esclusive - spiega l'italiano Guido Beretta, che da molti anni produce sull'Isola formaggi freschi da mucche Frisone - la realtà purtroppo non è quella idilliaca delle spiagge dorate e dei campi di riso coltivati fin sulle rive del mare. Qualunque famiglia, comitiva e singolo turista che viene qui può rendersi conto in pochi giorni della crescita demografica e delle strutture turistiche dell'isola, e restano sempre più spesso imbottigliati ore nel traffico».
Che la raccolta e lo smaltimento non siano un'impresa facile nel delicato ecosistema isolano, dove si immatricolano 20 mila auto in più ogni anno, lo dimostra il fatto che per costruire la più grande discarica ufficiale di Suwung, vicino a Denpasar, si siano dovuti tagliare 44 ettari di mangrovie, piante cresciute principalmente sull'acqua e in prossimità delle coste. Ma lo spazio per la raccolta e il riciclaggio non basta, e infatti ad appena mezzo chilometro da Suwung c'è un'altra discarica abusiva costruita a sua volta distruggendo mangrovie. È un fenomeno che coinvolge praticamente tutti i distretti balinesi, con l'immondizia occultata ovunque in luoghi remoti ma anche alla luce del sole, con gravi ripercussioni sulle falde idriche e l'igiene del suolo (dove spesso razzolano polli e maiali destinati a sfamare le famiglie) e dell'aria, infestata ovunque dall'odore di gomma bruciata e sostanze decomposte prese d'assalto da nugoli di insetti, ratti e serpenti. Secondo un dirigente dell'Agenzia, Dewa Anom Sayoga, solo 5.700 dei 10 mila metri cubi di rifiuti prodotti ogni giorno finiscono nella discarica ufficiale di Suwung per essere sottoposti a un qualche riciclaggio. Il resto è sparso tra depositi illegali ricavati nei campi, alle periferie delle aree urbane e dei villaggi, spesso direttamente lungo le spiagge.
Anche se la maggiore concentrazione d'immondizia pro-capite non raccolta (2,8 chili al giorno ciascuno) si trova nelle zone rurali, dove non arrivano troppi occhi estranei, né le città né i tradizionali luoghi di attrazione turistica come la celebre spiaggia di Kuta riescono più a nascondere lo scempio, denunciato da parecchi visitatori con foto e video piazzati spesso su Youtoube. Una ferita all'orgoglio isolano, ma anche un grido di impotenza e di allarme da parte di gruppi ambientali, amministratori locali e aziende che vivono di turismo sostenibile.
«Il finanziamento destinato alla raccolta e riciclaggio della spazzatura per il 2012 - rivela Sayoga - è solo di 3 miliardi di rupie (poco più di 300 mila dollari, ndr) a malapena sufficiente per pagare gli stipendi ai 1.600 lavoratori». Una cifra irrisoria considerando l'enorme giro d'affari portato dal turismo e l'innalzarsi di anno in anno della montagna di rifiuti da smaltire. Nel 2011, la sola provincia di Denpasar ne ha prodotti 1,15 milioni di metri cubi, dei quali poco più della metà sono stati raccolti secondo le regole. Quattro anni fa sul "New York Times"W apparve uno dei primi articoli destinati a svelare l'entità del nuovo vulcano di colibatteri e materie non riciclabili che stava eruttando tra i miasmi delle discariche ufficiali e illecite da Denpasar a Badung, da Gianyar a Tabaman. Si spiegava che nel 2004 era stato affidato a una società dal nome abbreviato di Pt Noei il contratto per un nuovo e – apparentemente – straordinario sistema di raccolta e riciclaggio dei rifiuti per farne gas da usare come energia alternativa. Nell'articolo si narrava delle potenzialità del nuovo impianto chiamato Galfad, acronimo per "gassificazione, interramento e digestione anaerobica", ovvero riciclaggio dei detriti organici e inorganici trasformabili in energia.
Già in quello stadio la Pt Noei era però parecchio indietro sulla tabella di marcia, nonostante nel 2007 avesse ricevuto uno speciale certificato calcolato sui parametri del celebre protocollo di Kyoto che premia con "crediti" speciali aziende e agenzie pubbliche capaci di applicare "meccanismi di sviluppo pulito". I due impianti previsti nel 2008 e 2009 non erano infatti ancora pronti e la situazione è andata deteriorandosi al punto che lo scorso anno un articolo della rivista americana Time rincarò la dose dell'allarme-rifiuti titolando "Vacanze all'inferno, calamità balinesi in corso".
A gennaio di quest'anno Ketut Teneg, membro dell'amministrazione provinciale dell'Isola, ammise che gli obiettivi fissati dal contratto tra le amministrazioni di Badung, Tabanan, Gianyar, la città di Denpasar e l'azienda di smaltimento restavano ancora quasi lettera morta. «La Pt Noei – disse - ci ha assicurato che avrebbe potuto fornire 10 megawatt di energia elettrica dal compost. Ma sono stati in grado di fornire solo 0,7 megawatt. Per cui – aggiunse - stiamo attualmente riesaminando la legittimità del contratto, visto che la Pt Noei è venuta meno ai suoi obblighi».
È così che sono spuntate altre offerte come quella di una società sud-coreana che si è dichiarata disposta a investire sull'Isola per gestire la discarica di Suwung. Ma qualcosa deve essere successa negli ultimi mesi di febbrili trattative sull'emergenza rifiuti, visto che all'inizio di luglio le amministrazioni pubbliche hanno deciso di rinnovare la fiducia alla Pt Noei dandole tempo fino al 2013 per risolvere il problema. «Ci siamo dimostrati flessibili perché l'azienda ha già investito quasi 13 milioni di dollari», ha detto Kadek Agus Adiana, capo del gruppo di gestione delle discariche. Ma se non produrrà risultati tangibili entro il prossimo anno – ha aggiunto - saranno invitati «altri possibili investitori». Impresa non facile, a detta del funzionario, secondo il quale la stessa Pt Noei «ha subito finora enormi perdite finanziarie», senza contare che «solo i comuni di Badung e Denpasar sono in grado di trasportare i rifiuti alla discarica, mentre Gianyar e Tabanan non hanno i soldi necessari».
L'alternativa, per ora, è un'idea di gestione dei rifiuti affidata alle singole comunità, attraverso il meccanismo della raccolta differenziata. Ma le soluzioni tecniche in uso da tempo tra i comuni mortali di tante città asiatiche e occidentali, sembrano particolarmente difficili sull'Isola degli dèi, dove si crede che il mondo materiale, chiamato Sekala, sia transitorio al contrario di Niskala, il vuoto eterno e creatore. Una teoria destinata a ribaltarsi se continuerà all'infinito l'attuale accumulo di rifiuti non trattati, capaci di riempire perfino il Nulla cosmico del quale - si dice a Bali - sono fatti anche i sogni.