Mondo
aprile, 2014

Sei antigay? E io ti licenzio

 Ha sollevato un polverone il caso dell'amministratore delegato di Mozilla spinto alle dimissioni per aver osteggiato i matrimonio gay. Ma è di episodio isolato. 'E' stata la rivoluzione di Obama: trasformare la società americana rendendola sempre più pronta a riconoscere validità a diritti umani tout court'

“Un giorno i gay dovranno rispondere a Dio per le proprie azioni”, cosi aveva affermato Craig James, ex commentatore sportivo di ESPN, durante un dibattito politico che lo aveva visto protagonista, due anni fa, in Texas, dove correva per la carica di senatore. Perse le elezioni, James era tornato alla sua vecchia professione, questa volta per Fox Sport; incarico mantenuto giusto il tempo necessario perché quell’affermazione tornasse a fare il giro del web, spingendo la rete a licenziarlo. “Una limitazione alla mia libertà religiosa”, si era lamentato Craig che, proprio qualche giorno fa, ha annunciato di aver accettato un incarico all’interno del gruppo conservatore “Family Research Council”, con l’impegno specifico di “combattere contro l’intolleranza religiosa che ha determinato il mio licenziamento da Fox Sports, solo per aver espresso la mia opposizione al matrimonio gay”.

Una sospensione di nove giorni era stata, invece, il provvedimento preso contro Phil Robertson, star della serie TV Duck Dinasty che, in un’intervista con il mensile GQ aveva paragonato le relazioni gay alla bestialità chiedendosi, con fare disgustato, come si potesse essere più attratti “dall’ano di un uomo che dalla vagina di una donna”. Affermazioni che Robertson, un cristiano praticante, aveva difeso con un “io credo in ciò che dice la Bibbia”.

A restare disoccupati “per colpa” dei gay, però, non sono solo i repubblicani ma anche democratici doc come Alec Baldwin la cui “testa calda” ha sempre la meglio sulle posizioni politiche. Baldwin, che solo lo scorso novembre era stato licenziato dalla rete super liberal MSNBC, dove conduceva lo show “Up Late”, perché era stato beccato ad urlare epiteti omofobi nei confronti di un paparazzo (sua speciale ossessione), ci è ricascato solo pochi giorni fa quando, in un botta risposta con un ex collaboratore di Mitt Romney, aveva fatto una battuta “offensiva”, facendo riferimento ad una sua foto in ginocchio di fianco all’ex candidato alla presidenza.

L’attore si è difeso dicendo che per una persona che lavora nello spettacolo è quasi impossibile essere omofoba.

Resta il fatto che, quando Brendan Eich, amministratore delegato di Mozilla, fresco di nomina, è stato spinto alle dimissioni dalle polemiche legate ad un suo contributo di 1000 dollari fatto nel 2008 a favore della Proposition 8, il referendum per abolire il matrimonio gay in California, i toni della polemica hanno raggiunto livelli tali da spingere Bill Maher, un liberale “tendente a sinistra”, a parlare di “mafia gay”.

“Non esiste una mafia gay, ovviamente, come non esistono lobby gay – ci dice Bruce L. Edelstein, professore alla New York University di Firenze – non se ci riferiamo ad organismi estremamente potenti come la “lobby del tabacco” o la “lobby delle armi” che hanno un reale potere economico in grado di condizionare alcuni equilibri”.

Eppure, lo stesso Andrew Sullivan, uno dei commentatori americani più impegnato nel campo dei diritti civili LGBT, ha scritto un editoriale durissimo a proposito dell’atteggiamento “censorio” avuto nei confronti di Eich. “Prima di tutto – chiarisce Edelstein – va precisato che la decisione dell’amministratore delegato di Mozilla non è stata determinata da pressioni di associazioni o movimenti gay.

A mostrare disappunto e a dichiararsi a “disagio” di fronte alla prospettiva di essere rappresentati da lui, sono stati molti degli azionisti che si sono, in questo modo, resi “portavoce” di un sentimento diffuso nella comunità”. Nessuna “mafia gay”, insomma; piuttosto il segno di un cambiamento profondo di una società, quella americana, che ogni giorno è sempre più pronta a riconoscere validità a diritti che sono “diritti umani” tout court.

“La “rivoluzione” operata da Barack Obama – continua Eldestein – è stata proprio questa: produrre un cambiamento epocale nel nostro paese che ormai non è più possibile arrestare”. Una trasformazione, quella che il presidente ha messo in atto, che è stata rafforzata da alcune risoluzioni della Corte Suprema, prima fra tutte quella dello scorso giugno che estende i privilegi garantiti dal governo federale anche alle coppie dello stesso sesso. “Il caso al quale si fa riferimento per portare avanti la battaglia per il riconoscimento del matrimonio gay in tutti gli Stati – spiega Edelstein – è quello di Loving contro Virginia del 1967, una pietra miliare nell’abolizione dei divieti di matrimoni “misti” che, fino ad allora, alcuni stati ancora mettevano in pratica”.

Loving aveva sposato una donna di colore, trasferitasi in Virginia, la coppia era stata condannata ad un anno di carcere per aver violato una legge dello stato che vietava a neri e bianchi di sposarsi. La Corte Suprema, anche in quel caso, cancellò un divieto che era un limite intollerabile ai diritti umani. “La posizione di Eich – precisa Edelstein – non è questione di “libertà di espressione”. Come ci sentiremmo se qualcuno dicesse che neri e bianchi non possono sposarsi? Credo dovremmo sentirci tutti indignati ed è esattamente ciò che è avvenuto”.

Bruce, intanto, ha sposato il suo compagno di lunga data, Francesco Spinelli, nel giugno del 2012 con tanto di annuncio nel New York Times. “Era un desiderio che avevo da sempre e non ho pensato che, vivendo in Italia, la cosa avrebbe creato più curiosità. Qui, purtroppo, le cose, mi sembrano peggiori di quando sono arrivato 14 anni fa perché ora si pensa poco a fare politica e, dunque, è molto più semplice usare delle “tematiche” populiste che attecchiscano facilmente, come quella dei matrimoni gay, per distrarre da ciò che, invece, non si fa”.

Eppure Edelstein, dal 2009 anche cittadino italiano, crede fermamente nelle istituzioni e in quell’arma che abbiamo a disposizione, rappresentata dal voto. “Guardo con molta attenzione a ciò che accade in USA – dice – e mi spiace che il passaporto italiano continui a definirmi “single” mentre per quello americano sono, come sono, legalmente sposato”.

L'edicola

In quegli ospedali, il tunnel del dolore di bambini e famiglie

Viaggio nell'oncologia pediatrica, dove la sanità mostra i divari più stridenti su cure e assistenza