L'annuncio del cessato il fuoco temporaneo ha allontanato l'ipotesi di una guerra "sul campo", ma nel gioco delle diplomazie è Putin il leader che parte in vantaggio. Mentre a pagare sarà certamente Kiev

Manifestazione pro Russia a Donetsk (Ucraina)
Il vertice Nato che si apre oggi in Galles sancirà il ritorno a una «mezza guerra fredda». Con due differenze rispetto a quella «intera» finita nel 1989.

La prima è che la cortina di ferro si è spostata parecchi chilometri a est e il fronte occidentale oggi include tutti i paesi europei che l’Armata Rossa aveva ricompreso sotto il dominio sovietico. Restano al di là tutte le ex repubbliche sovietiche con l’eccezione, appunto, dell’Ucraina.

La seconda è che le forze statunitensi da domani impegnate sul terreno europeo sono pochissime - 4 mila uomini, anche se con dotazioni tecnologiche e armamenti molto più sofisticati - rispetto a quelle di stanza in tutta Europa fino al 1989. Sono due differenze che non fanno ben sperare. Prima di tutto perché la Russia di Putin (che fonda il proprio consenso essenzialmente su un ritrovato orgoglio nazionale e sulla forza dello stato, di contro al periodo «ubriaco» di Eltsin) si ritrova il nemico alle porte di casa, senza più la cintura protettiva degli stati est-europei che prima facevano parte del Patto di Varsavia. Per di più, alcune delle repubbliche ex-sovietiche osservano una fedeltà molto condizionata a Mosca e con una di queste, la Georgia, c’è stata addirittura una guerra nel 2008.

vladimir putin


Ecco che Putin può essere tentato, in coerenza a quel particolare tipo di consenso di cui gode in patria, dalla stessa strada percorsa da Hitler nella seconda metà degli anni trenta: fare leva sulla presenza di popoli russofoni (ce ne sono e in abbondanza in quasi tutte le repubbliche ex-sovietiche) per rivendicare l’annessione. Con una variante significativa rispetto al precedente nazista, messo efficacemente in pratica proprio in Ucraina. Putin può governare l’annessione a distanza, senza entrare in gioco formalmente in prima persona, teleguidando milizie paramilitari indigene (allevate da Mosca in seno a quelle popolazioni russofone) con tutti i rischi di improvvisazione catastrofica che possono derivarne: fino all’abbattimento di aerei di linea.

Quando dai armi e via libera a invasati senza controllo è molto facile che la situazione sfugga di mano. Se poi le cose si mettono male può sempre arrivare in aiuto l’Armata Rossa, magari mascherata da spedizione umanitaria di rifornimento e soccorso, e stabilire una presenza diretta sul campo che, come è già successo nel 1945, sarà molto difficile sloggiare. A Putin, in buona sostanza, la situazione oggi congelata in Ucraina può stare bene: ha le basi navali in Ucraina e il famoso sbocco al mare, non proprio ma quasi un corridoio diretto in est Ucraina per arrivarci. A chi non può stare bene questa situazione è certamente il leader ucraino Porozhenko, che si ritrova il nemico dentro casa e una sovranità territoriale dimezzata.

Petro Poroshenko, presidente dell'Ucraina


Non dobbiamo dimenticare che tra russi e ucraini c’è un passato sanguinoso: i secondi chiamano Holodomor la carestia indotta da Stalin all’inizio degli anni trenta che provocò 7-8 milioni di morti, quasi un quarto della popolazione di allora. Porozhenko sa di poter (forse) vincere una guerra contro i ribelli filorussi ma certo non da solo contro la Russia. E quindi ha una sola pericolosissima carta da giocare: drammatizzare la situazione (ci sta che l’aereo di linea l’abbiano abbattuto i suoi) per costringere Stati Uniti ed Europa a scendere in campo contro la Russia. Ci lamentiamo spesso e a ragione della lentezza e farraginosità dell’Unione Europea. In questo caso è una fortuna: impedisce che qualche paese europeo venga tentato - come successe ai «sonnambuli» del 1914 - di percorrere questa avventura. Se oggi Porozhenko si ritrova al tavolo delle trattative con Putin è, con ogni probabilità, effetto delle pressioni di Bruxelles. Di suo, a quel tavolo, Porozhenko ha tutto da perdere: l’integrità territoriale della sua Ucraina, una qualche forma federale che mascheri la cessione dell’intera Ucraina orientale agli odiati russi sterminatori. Ho paura che sarà difficile evitare questo esito.

La minaccia militare Nato è abbastanza spuntata e Putin conta sul fatto che Obama e Merkel a tutto pensano meno che a una guerra. I suoi ragazzi, più o meno mascherati, invece sul campo di battaglia ci stanno benissimo: rischi pochi, alcol tanto, ragazze disponibili con le buone o con le cattive. Non è molto rassicurante, per gli ucraini che li devono sopportare, ma anche per tutta l’Europa.