I popopolari vincono, dunque, ma non possono governare, non da soli, e perdono comunque oltre quindici punti percentuali rispetto a quattro anni fa, e 65 deputati, di conseguenza, fermandosi oggi a 123 seggi.
E deve quindi accontentarsi Pablo Iglesias, che nell’ultimo video promozionale, diffuso a pochi giorni dal voto, andava in giro a far colloqui per il posto da premier, con tanto di curriculum in formato europeo con foto. Podemos ha migliorato il risultato delle Europee, e ha confermato il trend delle elezioni locali, ma il 20,6 per cento fa svanire l’idea che possa esser Iglesias a tentare di formare un governo. C’è però il confronto con il Psoe, il testa a testa con solo un punto e mezzo di distacco, che è certo lusinghiero, e c’è il primo posto in Catalogna e nei Paesi Baschi, e il secondo a Madrid, dietro ai Popolari ma davanti ai Socialisti. Ma il risultato di Podemos e Psoe parrebbe allontanare l’ipotesi di un governo insieme, che pure era nelle cose ed è ancora possibile, se allargato ad altri partiti di sinistra e alle sigle indipendentiste, essendo Podemos - sorvolando sulle semplicificazioni giornalistiche - molto diverso dall’italiano Movimento 5 stelle, indisponibile alle alleanza.
Deve essere contento infine, Iglesias, per il dato sull’astensione, che è diminuita, per effetto della rinnovata offerta politica, e in Italia ci sembra impossibile: ha votato 73,2 per cento dei 36 milioni di aventi diritto. Nel 2011 era il 68,9.
Pablo Iglesias, entrevista de trabajo.Ser presidente es estar al servicio de la gente. Por eso, estas elecciones son una gran entrevista de trabajo para Pablo Iglesias, en la que mostrar a los ciudadanos y ciudadanas que sí vamos a responder ante lo que de verdad importa. ¿Quieres ver un ejemplo?
Posted by Podemos on Venerdì 18 dicembre 2015
La sfida di Podemos con Ciudadanos è poi vinta. Il bel Albert Rivera (che all’esordio, nel 2006 in Catalogna, posò nudo sul manifesto elettorale, in segno di trasparenza anticasta) avrà pure oscurato mediaticamente Iglesias, ma l’antipolitica centrista vale il 13,9 per cento. La crescita è forte ma non basta: alle ultime Europee prese il 3,2 per cento, con due europarlamentari ora iscritti nell’Alde, il gruppo dei Liberal-Riformisti. I sondaggi li davano al 18 per cento.
Incerto è dunque l’esito del voto sulla formazione di un governo. Molto dipende dall’opera di mediazione che metterà in campo Felipe VI, 47 anni, anche lui al debutto elettorale. La Costituzione spagnola stabilisce che il Re «arbitra e modera il funzionamento regolare delle istituzioni». Tra le ipotesi sul piatto c’è quella di un governo di minoranza (eletto al secondo tentativo, quando la soglia scende) affidato a Partito Popolare. Potrebbe nascere con il supporto (già annunciato) di Ciudadanos e l’astensione dei Socialisti, e potrebbe portare presto a nuove elezioni. Non basterebbe a far contenta Angela Merkel - né ad archiviare come sperato l’avanzata di Podemos - ma è il massimo di larghe intese che pare compatibile con la politica spagnola, diversa da quella italiana, e che fa i conti con la fine del bipolarismo e il permanere delle variabili indipendentiste.
Pablo Iglesias, entrevista de trabajo.Ser presidente es estar al servicio de la gente. Por eso, estas elecciones son una gran entrevista de trabajo para Pablo Iglesias, en la que mostrar a los ciudadanos y ciudadanas que sí vamos a responder ante lo que de verdad importa. ¿Quieres ver un ejemplo?
Posted by Podemos on Venerdì 18 dicembre 2015
Il risultato spagnolo è però terreno utile al dibattito politico in Italia. Per i renziani, la mancata vittoria del Partito popolare è la conferma della bontà dell’Italicum che, tra premio di maggioranza e doppio turno, prevede che qualcuno vinca comunque e possa governare da solo anche avendo preso meno del 30 per cento, come i Popolari, appunto, al primo turno.
Maria Elena Boschi twitta: «Mai come stasera è chiaro quanto sia utile e giusta la nostra legge elettorale». Le risponde subito, più affezionato al proporzionale, Nicola Fratoianni, di Sinistra Italiana: «Insomma, come dire che è giusta e utile una legge che serve a vincere anche quando si perde». E poi si aggiunge, sempre da sinistra, Pippo Civati: «In sostanza», scrive il leader di Possibile, evidentemente affezionato a Podemos, «proprio il risultato spagnolo, che per la ministra mostra l’«utilità» e addirittura la «giustizia» dell’Italicum, al contrario, ne evidenzia l’ingiustizia, l’irragionevolezza, l’umiliazione della volontà dei cittadini, totalmente falsata pur di formare per legge un governo, quale che sia, trasformando in maggioranza una minoranza che ne è ben lungi».
@meb insomma come dire che è giusta e utile una legge che serve a vincere anche quando si perde. #Podemos #elezionispagna #sinistraitaliana
— nicola fratoianni (@NFratoianni) 20 Dicembre 2015