Sono vivo per miracolo. Sette minuti prima ero lì. Sulla Promenade des Anglais. Ero lì assieme ad altre trentamila persone, per i grandi fuochi d’artificio del 14 luglio, il giorno sacro dei francesi. Stavamo lasciando la passeggiata per evitare di restare intruppati nella bolgia degli spettatori. Attorno a me c’erano un sacco di bambini, con i loro genitori.
Era una festa popolare. Chi si aspettava che si sarebbe trasformata in uno spettacolo di morte? Eccomi davanti all’incrocio con rue Meyerbeer, giro a destra e così decido di evitare il Negresco, il più famoso dei lussuosi alberghi della Promenade. Il Negresco sta a 150 metri. Mi accorgo inconsciamente che il posto di blocco di poche ore prima non c’è più. Ed è forse in quel momento che il camion assassino inizia la sua folle corsa.
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Cammino senza fretta, passo davanti alla chiesa di Saint Pierre d’Arène, incrocio un’anziana prostituta su un seggiolino all’angolo di Boulevard Gambetta in attesa di clienti improbabili. Ancora non lo so, ma quell’albergo cinque stelle fondato da un rumeno nel 1913 diventerà un piccolo ospedale da campo.
All’improvviso lo scenario cambia. Vedo gente intorno a me che scappa, urlando, macchine che corrono all’impazzata, formando un ingorgo nelle stradine adiacenti, clacson impazziti. Alcune centinaia di metri prima del Negresco quel colosso bianco aveva appena cominciato il suo tragico viaggio e, prima avanzando lentamente, poi aumentando la velocità fino a raggiungere l’hotel Westminster, un albergo fin de siècle, falciando tutti quelli che si trovavano sulla sua traiettoria. Si conteranno alla fine almeno 84 vittime, tra cui 10 bambini. La prima vittima identificata è stata una donna musulmana madre di 7 figli. E poi ci sono 202 feriti, di cui 52 tra la vita e la morte e 25 in rianimazione.
L’autista, un franco-tunisino di 31 anni, in seguito avrebbe sparato su un motociclista, prima di essere abbattuto, il vetro del parabrezza crivellato di proiettili. Verrà fuori il suo nome in mattinata, Mohamed Lahouaiej Bouhlen, residente a Nizza, precedenti di polizia per violenze in seguito a incidenti stradali, ma sconosciuto all’antiterrorismo.
Alle 22,21 avevo scattato con l’iPhone l’ultima fotografia, in un tripudio di fuochi, che evocano la pioggia, prima del gran finale, un susseguirsi di fiammelle gialle con gran botto. Poi il fumo, l’odore acre delle polveri. Sulla Promenade la felicità è ancora nell’aria.
La serata era stata promettente, preludio alla gioia dei bambini, pronti a godersi lo spettacolo dal 14 luglio. Per me è iniziata alle ore 20, con una cena in un ristorante di place Massena, proprio di fronte al palcoscenico del Nice Jazz Festival, in programma da sabato 16 luglio. Mi sono poi spostato sulla piazza per sentire da vicino il concerto, gratuito, della Filarmonica di Nizza diretta da Philippe Aiguin: quattro pezzi di Ravel, con il famoso Bolero in chiusura. Ho anche cercato di entrare sul prato, ma i poliziotti sono stati inflessibili. La capienza era stata raggiunta. Una balla. Perché ho visto quattro persone, vestite elegantemente, varcare l’ingresso con un biglietto in mano, forse alcuni vip raccomandati. A dire il vero, i due uomini e le due donne sono stati perquisiti da cima a fondo, passando poi sotto il metal detector, tra un battibecco e l’altro, forse per quelle misure da loro ritenute eccessive.
Con il ”crescendo” del Bolero il concerto termina tra gli applausi. E mi avvio verso la Promenade, sette chilometri che costeggiano il mare dal porto fino all’aeroporto. Sono ormai le 21.30 e il Prom’Party è all’apice, i decibel mettono a dura prova l’udito dei presenti, rapiti nell’ascolto di due complessi rock che si alternano a distanza di 200 metri l’uno dall’altro, con un cantante che imita la voce roca di Joe Cocker.
Mi piazzo infine davanti al Palais de la Mediterranée, un magnifico edificio in art déco del 1929, sede di un casinò che negli anni ’70 sarà oggetto di scalata da parte della mafia italo-francese. Scorgo alcuni poliziotti, che, mitra in pugno, sorridono. Tra meno di un’ora uno di loro morirà.
Alle 22,05, in leggero ritardo sulla tabella di marcia, partono i fuochi d’artificio, prosecuzione di un giorno di festa ormai da qualche anno in tono minore, causa crisi finanziaria. Una prova? La tradizionale sfilata del pomeriggio è sempre meno “ricca” di presenze militari e i jet, solitamente dei Tornado, non sfrecciano più.
Intorno a me, tutti puntano gli occhi sul cielo nero, ma rischiarato dalle luci di quei piccoli missili che, sibilando, si lanciano verso l’alto da una postazione nella zona del porto. Anche qui chi ogni anno si ammassa sulla Promenade in occasione del 14 luglio ha visto in passato fuochi d’artificio, spesso con marchio napoletano, ben più immaginifici, tra forme e colori. Ma tant’è. I budget pubblici seguono regole ferree.
Alle 22,25 si chiude il sipario. La gente si muove per tornare a casa o in albergo. Ormai l’ho già visto, il posto di blocco al Negresco non c’è più, tolto per favorire il deflusso. Un segnale di via libera che Mohamed, tre figli, un matrimonio sballato, in libertà vigilata, stava aspettando. Certo, se ci fossero stati dei massi di cemento che potessero ostacolare l’ingresso nella Promenade ora potrei raccontare una storia diversa. Ma, ahimé, non ci sono. E Mohamed, con il suo camion, quasi stesse recitando in un remake di “Duel” di Steven Spielberg, si lancia sulla Promenade con il suo carico di dolore. Per il presidente francese Francois Hollande si è trattato di “attentato terroristico”: “tutta la Francia è sotto la minaccia del terrorismo islamico”.
Ma chi è Mohamed? Un lupo solitario in vena di emulazione di atti targati “Is”? Un disperato? Ancora non si sa. E’ quasi sicuro invece che lo stato di emergenza dal paese sarà prorogato di altri tre mesi. Con altre conseguenze. A Nizza il recital di Rihanna di stasera è stato annullato.