Mondo
maggio, 2018

Macron, successi e fallimenti in 12 mesi 

Le tappe principali del primo anno dell'enfant prodige della politica francese, l'uomo che ha fermato l'ascesa del Front National e relegato in un angolo i partiti tradizionali. Dopo l'euforia sono arrivate le riforme e con loro i malumori di una Francia sempre più divisa

Il politico venuto dal nulla. Il banchiere della Rothschild. Il centrista anti-establishment. Le definizioni su Emmanuel Macron si sono sprecate in quest’ultimo anno. Il più giovane presidente della storia della Repubblica francese, entrato all’Eliseo ad appena 39 anni, ha catturato l’attenzione di osservatori politici e opinione pubblica. Salutato come modello da seguire per arginare i populismi di destra, il 7 maggio 2017 ha stravinto il ballottaggio contro Marine Le Pen, la candidata del Front National. In campagna elettorale aveva promesso riforme profonde per far ripartire la Francia, dal lavoro all’immigrazione, passando per la scuola e le banlieue, le periferie degradate culla di molti estremisti islamici. Ma gli scenari sono cambiati e la histoire d'amour tra i francesi e il loro presidente ha subito già varie battute d'arresto, tra chi lo accusa di essersi spostato troppo a destra e chi gli rinfaccia di aver dimenticato i ceti sociali più poveri. Ripercorriamo, mese per mese, le principali tappe del primo anno di Macron alla guida del Paese. 

14 maggio 2017: la proclamazione
«Il mondo e l'Europa hanno oggi più che mai bisogno della Francia, di una Francia forte, sicura del suo destino, di una Francia che porti alta la voce della libertà e della solidarietà, che sappia inventare il futuro». Con queste parole Emmanuel Macron si è presentato ai suoi cittadini e all’intero pianeta. Prima il passaggio di consegne con il suo predecessore, il socialista François Hollande, l’uomo che lo ha lanciato in politica nominandolo ministro dell’Economia, poi il discorso all’Eliseo, un mix di patriottismo ed europeismo ben mescolati tra loro. A rubargli la scena la moglie Brigitte, salita agli onori delle cronache per i suoi 24 anni in più rispetto al marito, conosciuto quando lui era studente nel liceo nel quale insegnava. Il giorno seguente Macron nomina, a sorpresa, il conservatore Edouard Philippe come primo ministro. 
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11-18 giugno 2017: pronto a governare
La vittoria alle presidenziali sarebbe rimasta “zoppa” senza una maggioranza all’Assemblea nazionale, il parlamento francese. Invece il movimento fondato da Macron, La République En Marche, stravince i due turni di elezioni amministrative conquistando 350 dei 577 seggi totali. Unico neo, la grandissima astensione, arrivata al 56% nel secondo turno.

27 luglio 2017: cantieri contesi
Una delle prime grane di Macron vede l’Italia protagonista. I cantieri navali Stx di Saint-Nazare finiscono nel mirino di Fincantieri, azienda italiana controllata dallo Stato che aveva già trovato un accordo, sotto la presidenza Hollande, per rilevare i due terzi della società. Un’operazione che aveva causato qualche malumore in Francia. Per questo Macron decide di nazionalizzare momentaneamente la Stx France: «Una decisione transitoria», la definisce il presidente, una scelta per rimettere in discussione l’accordo e trattare una cessione che non superi il 50 per cento delle quote. Una decisione che scontenta Fincantieri e il governo italiano, che attraverso i ministri Padoan e Calenda non nasconde la propria delusione: «Scelta grave e incomprensibile».

12 agosto 2017: popolarità al ribasso
L’effetto Macron sembra perdere potenza: dopo le prime settimane di euforia inizia a scendere drasticamente il consenso nei confronti del presidente. Secondo un sondaggio della società Ifop e di Le Figaro, dopo i primi 100 giorni di governo solo il 36 per cento dei francesi approva l’operato di Macron. Peggio di Hollande e Sarkozy.

12 settembre 2017: in piazza contro la riforma
Nonostante il crollo verticale di popolarità, Macron tira dritto e presenta la sua riforma del lavoro: i contratti potranno essere negoziati a livello di singola azienda, senza più tenere conto degli accordi a livello nazionale. Una misura che, insieme alla deregolamentazione delle imprese con meno di 50 dipendenti e alla possibilità di licenziamenti collettivi concordati, fa insorgere i sindacati che proclamano lo sciopero. La Cgt (Confédération générale du travail) organizza 200 manifestazioni e porta in piazza migliaia di lavoratori. A Parigi alcuni manifestanti si scontrano con la polizia e vengono distrutte auto e vetrine dei negozi. Dura la risposta di Macron: «La Francia non cederà ai fannulloni, ai cinici, agli estremisti».

19 ottobre 2017: due “schiaffi” dal Consiglio europeo
“Le président” è costretto a incassare anche le prime cocenti delusioni a Bruxelles. Al suo terzo vertice dei capi di Stato e di governo non riesce a far passare le proposte per velocizzare l’approvazione di una “web tax” a livello continentale e rallentare il più possibile l’accordo di libero scambio con il mercato comune dell’America meridionale, che andrebbe a scapito di quelli francesi. Macron accetta la sconfitta e guarda avanti: «La Francia non ha sempre ragione. C’è resistenza legittima. Ma la mia ambizione è di ricostruire obiettivi più radicali nel medio e lungo periodo».

18 novembre 2017: il mediatore
Le seppur minime speranze di recuperare la “grandeur” perduta passano dalle capacità della Francia di rimanere attore protagonista a livello internazionale. Ecco perché Macron decide di proporsi da mediatore tra l’Arabia Saudita e il Libano per risolvere la crisi iniziata dopo le dimissioni “forzate” del premier libanese Hariri, volato immediatamente a Riyad, dove viene “trattenuto”, non si capisce bene se contro la sua volontà. In questo contesto interviene il presidente francese che invita Hariri a Parigi e libera così i sauditi dalle responsabilità di aver tenuto prigioniero un capo di governo straniero per due settimane. Un successo diplomatico, utile a spegnere i toni in una zona del mondo su cui Parigi sta puntando molto per la vendita di armamenti.

12 dicembre 2017: si torna a parlare di clima
Sono passati due anni dalla conferenza Cop21 di Parigi sul clima. I risultati scarseggiano, il presidente americano Trump ha da poco rinnegato gli accordi presi dal suo predecessore e Macron coglie la palla al balzo per fare il punto della situazione, invitando 130 Paesi a partecipare al “One Planet summit”. Slogan dell’incontro: “Make our planet great again”, facendo il verso al famoso slogan usato da Trump in campagna elettorale (“Make America great again”). L’inquilino dell’Eliseo diventa così paladino dell’ambiente («Stiamo perdendo la battaglia. Non andiamo abbastanza veloci, questo è il dramma»), approfittando del cambio di rotta impresso dalla nuova amministrazione statunitense dopo la fine dell’era Obama.

11 gennaio 2018: l’arrivo in Italia
La prima visita di Stato del nuovo anno è nel nostro Paese. Macron incontra a Roma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, ringraziando l’Italia per quanto fatto sul fronte immigrazione. Poi la visita con siparietto alla Domus Aurea («Ispira molta umidità, ma anche ammirazione» commenta scherzando).
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21 febbraio 2018: stretta sull’immigrazione
Al grido «accorciamo le scadenze» il presidente francese annuncia la riforma della legge sull’immigrazione. Obiettivo principale ridurre al massimo le procedure per esaminare le richieste di asilo e allungare i tempi di detenzione amministrativa in vista dell'espulsione, estesa da 45 a 90 giorni per consentire alla Francia di prendere accordi con i Paesi per il rimpatrio dei non aventi diritto. Una misura che non piace né agli esponenti di sinistra, che ritengono la proposta troppo restrittiva, né a quelli di destra, che la considerano blanda.

30 marzo 2018: scintille con Erdogan
Macron accoglie a Parigi alcuni rappresentanti delle Forze democratiche siriane, formazione curda che sta combattendo in Siria contro l’Isis. Tema dell’incontro, l’operazione “Ramoscello d’ulivo” che la Turchia sta portando avanti in Siria contro le milizie curde. Il fatto manda su tutte le furie il presidente turco Recepì Tayyip Erdogan che non accetta intromissioni nella vicenda: «Voi potete sedervi al tavolo con un'organizzazione terroristica ma la Turchia la combatte come ha fatto ad Afrin».

24 aprile 2018: in visita da Trump
Prima visita ufficiale negli Stati Uniti nell’era Trump per Emmanuel Macron che con il presidente degli Stati Uniti discute di terrorismo, questioni internazionali legate alla Siria e all’Iran, e di ambiente. Pochi i punti di contatto tra i due, ma il viaggio a Washington sembra essere un successo, tanto che alcuni osservatori teorizzano la nascita di una “special relationship” capace di mettere all’angolo quella storica tra America e Regno Unito.

1 maggio 2018: violenze in strada
Scontri e devastazione a margine del corteo per la festa dei lavoratori a Parigi. Un gruppo di “black bloc” assalta e devasta negozi e strade della capitale francese. La polizia arresta oltre cento persone, che finiscono davanti al giudice. Immediata la condanna di Macron: «ll Primo Maggio è una celebrazione internazionale. È il giorno in cui si celebrano i lavoratori, non i rivoltosi».

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