Quasi due milioni di firme raccolte in un pao di settimane: è il successo di una petizione a sostegno di un ricorso contro lo Stato francese. L’oggetto dell’accusa? L’inerzia rispetto ai mutamenti climatici. “L’Affare del Secolo”, come è stato chiamato, è un’azione contro lo Stato avviata lunedì 17 dicembre da quattro associazioni e appoggiata da quasi due milioni di cittadini.
In piena crisi dei gilet gialli, il presidente francese Emmanuel Macron, il suo primo ministro Edouard Philippe e dodici dei suoi ministri, si sono visti recapitare una lettera di quaranta pagine firmata da Greenpeace Francia, Oxfam Francia, La Fondazione per l’Uomo e la Natura (creata dall’ex ministro Nicolas Hulot) e Notre Affaire à Tous.
Le associazioni accusano lo Stato di non adottare misure sufficienti nei confronti del cambiamento climatico. L’“azione deficitaria” per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra non rispetterebbe gli obblighi presi a livello internazionale, europeo e nazionale. Lo Stato ha due mesi per rispondere a questa “domanda di risarcimento danni anticipata”, prima tappa obbligatoria per l’attivazione di un ricorso al tribunale amministrativo di Parigi. Obiettivo del ricorso: sanzionare lo Stato per “carenza colpevole”. Un’azione decisamente inedita.
Per ottenere l’appoggio dei cittadini le stesse associazioni hanno lanciato un appello online che ha raccolto un consenso mai visto prima: un successo impressionante raggiunto anche grazie a un video virale animato da testimonial del calibro di Juliette Binoche e Marion Cotillard. Le quattro organizzazioni lavorano con una squadra di avvocati volontari e si ispirano ad azioni legali per la giustizia climatica già vinte in Olanda (ottobre 2018, Urgenda Foundation), Colombia (aprile 2018, Leghari) e Pakistan (settembre 2015, DeJusticia). I tribunali di questi Paesi hanno riconosciuto l’obbligo dello Stato di proteggere i cittadini e la natura dal riscaldamento climatico e dall’inquinamento.
Le cause del cambiamento climatico si conoscono dagli anni ’60, ma i governi francesi successivi avrebbero sempre posticipato le decisioni coraggiose, che permetterebbero di evitare la catastrofe. L’avvocato Clémentine Baldon sottolinea che «l’ultima allerta è arrivata a ottobre dal rapporto del Giec, gruppo di esperti intergovernativo sull’evoluzione del clima, che ha dettagliato le pesanti conseguenze di un aumento del clima di 1,5° rispetto all’era preindustriale»: scioglimento dei ghiacci, aumento del livello del mare, perdita della biodiversità, degradazione della qualità dell’aria, esposizione della popolazione a fenomeni meteorologici estremi e a patologie allergiche e respiratorie nuove.
Lo Stato francese è accusato dalle associazioni di non aver messo in atto delle misure “concrete ed effettive” per affrontare il cambiamento climatico. Le Cop, conferenze internazionali sul clima, si susseguono, ma la Francia sembra non mantenere gli obiettivi che si è fissata, rivelando una grave carenza suscettibile di provocarne la responsabilità legale. I limiti di emissioni di gas a effetto serra stabiliti dal Decreto del 2015 sulla “Strategia Basso Carbonio” sono stati superati, nel 2018 la Francia non avrebbe rispettato il percorso necessario per raggiungere l’obiettivo europeo stabilito per il 2020 dell’impiego del 23% di energie rinnovabili sul consumo finale di energia. Queste mancanze sono valutate dalle Ong sulla base degli obblighi generali stabiliti dalla Costituzione francese, che impone allo Stato un “obbligo di vigilanza ambientale”, e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, oltre che da leggi, convenzioni e direttive internazionali.
Secondo Marie Touissant, presidente dell’associazione Notre Affaire à Tous, «il riscaldamento climatico ha un impatto funesto sempre più evidente sui nostri territori, le nostre vite, i nostri diritti. Abbiamo quindi avviato quest’azione legale climatica per garantire l’obbligo dello Stato francese di adeguarsi ai suoi impegni e di agire per limitare il riscaldamento climatico al massimo delle sue capacità». Cosa accadrà in caso di vittoria del ricorso? «Se vinciamo, e stiamo facendo di tutto per riuscirci, il giudice potrà obbligare lo Stato ad adottare rapidamente le misure necessarie. È quello a cui puntiamo: preservare il pianeta, per meglio preservare l’umanità e la giustizia sociale».
Da qualche anno la Francia è protagonista del dibattito sull’urgenza climatica: dopo aver accolto a Parigi la CoP21 nel 2015, Emmanuel Macron nel 2017 ha voluto organizzare, insieme all’Onu e alla Banca Mondiale, il “One Planet Summit”, riunione internazionale di privati e istituzioni per trovare finanziamenti adatti al sostegno di azioni per il clima. Nonostante questo nel 2018 l’emergenza climatica si è imposta drasticamente. Secondo Meteo France l’estate 2018 è stata la più calda della storia dopo quella del 2006: un aumento della temperatura sempre più palpabile ha contribuito a provocare catastrofi naturali, come le inondazioni avvenute ad ottobre nella regione dell’Aude, nel sud del Paese, provocando decine di morti.
Malgrado gli sconvolgimenti climatici sempre più intensi, l’evento che più di tutti ha sconvolto l’opinione pubblica sono state le dimissioni del ministro della Transizione ecologica e solidale, Nicolas Hulot, ad agosto, quindici mesi dopo la sua nomina. Uomo impegnato per l’ambiente, indipendente ed esigente, il suo gesto è stato letto come un segnale d’impotenza, una sconfitta nel tentativo di modificare in profondità la gestione pubblica delle sfide climatiche e ambientali attuali. Non ultima, la crisi dei gilet gialli è nata e cresciuta negli ultimi due mesi dalla protesta contro l’aumento della tassa sul carburante, misura voluta dal governo per realizzare la transizione energetica.
Il nuovo ministro della Transizione ecologica, François de Rugy, ha già commentato la petizione definendola una «replica ai gilet gialli che parlano a volte dell’ecologia come di un problema». Nel bel mezzo di questa crisi delicata e nell’orizzonte delle elezioni europee, come risponderà lo Stato francese alla lettera delle quattro associazioni?