Lezioni nel bosco, nuovi metodi, risultati da primato. Benvenuti a Helsinki, dove le classi sociali si aboliscono tra i banchi. E nel rendimento degli alunni la condizione delle famiglie conta pochissimo (Foto di Rocco Rorandelli per L'Espresso)

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Ci saranno quattro gradi scarsi e un vento ostile da Nord ma ai bambini non sembra importare molto: intabarrati dentro le loro tute da sci colorate giocano sullo scivolo in attesa del maestro. Quando arriva si mettono in fila, due a due, e si muovono per andare in classe. Nel bosco. Finlandia, periferia di Helsinki, scuola dell’infanzia di Kanava. Qui i bambini fanno lezione all’aperto ogni giorno, a qualsiasi condizione meteorologica. Fino a -15 gradi, si sta fuori: si entra al coperto solo in caso di tempesta.

«Abbiamo semplicemente un’aula più grande e più ricca», sorride Saska, uno dei due insegnanti, mentre segue un gruppo che recupera pietre e rametti per comporre il numero che stanno imparando, il cinque. Il sistema d’istruzione finlandese è famoso in tutto il mondo. Soprattutto per una ragione verso cui l’Italia dovrebbe guardare con attenzione: è uno dei sistemi più equi di tutta l’area Ocse. Nei risultati scolastici degli alunni, cioè, il censo delle famiglie conta pochissimo. La disponibilità economica e la provenienza dei genitori non incidono sulla possibilità dei figli di imparare il proprio futuro.
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È una questione cruciale: sempre più ricerche dimostrano come la disuguaglianza inizi proprio dai banchi. La scuola rischia di riprodurre le disparità sociali anziché aiutare a superarle, lasciando ai margini chi già si trova ai margini della società. In Finlandia questo non accade, o almeno accade molto meno che altrove: la media dei risultati sui testi scritti o in matematica è alta in generale ma soprattutto varia pochissimo fra istituti del centro o di periferia, fra città e provincia, fra eredi di laureati o proletari, fra rampolli nati “bene” o figli di stranieri. La Finlandia è il terzo Paese a livello Ocse, per equità scolastica; il primo su scala europea. L’Italia si ferma al 27°.

La scuola dell’infanzia di Kanava è pubblica. I primi bambini possono entrare alle sei di mattina, gli ultimi uscire alle 17.30. Il servizio è gratuito, dai giochi alla mensa, oggi il pranzo prevede polpette, pasta e purè. Il 24 per cento degli iscritti, racconta il dirigente, Juha-Pekka Andersson, viene da contesti di immigrazione: Russia, Estonia e Somalia. Una mamma col velo ha appena accompagnato il figlio.
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Uno dei maestri nel bosco, Saska, prima di tornare a Helsinki insegnava in Gran Bretagna. Le lezioni nella natura erano una scelta che poche famiglie si permettevano, spiega, sia per l’approccio culturale che per la spesa necessaria a comprare vestiti adatti a tenere i bambini al caldo. Qui è diverso, dice. L’insegnamento all’aperto è un’opzione possibile per tutti. Una via curricolare come le altre, che sempre più genitori chiedono.

«Perché stare nel bosco porta i bambini, specialmente i più piccoli, a comportarsi in modo più attento ai compagni e al contesto», racconta Saska: «Ci sono meno frenesie, meno litigi per i giocattoli, meno routine. L’apprendimento segue spesso le curiosità innescate dall’esterno. Variando, come lo spazio per il gioco: diamo loro più libertà di movimento, fra il bosco, la spiaggia, le rocce, man mano che dimostrano di saper gestire maggiore autonomia. Non da singoli, ma come gruppo».
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Saper collaborare con gli altri, prendersi cura di sé stessi, riuscire a esprimersi con ogni mezzo, digitale e non, sviluppando un proprio pensiero critico; imparare a riconoscere e rispettare la biodiversità. Sono alcuni dei principali obiettivi della nuova programmazione di tutte le scuole di Helsinki, dalle materne ai licei. L’istruzione, che fa riferimento alla municipalità, si muove secondo grandi traiettorie avviate ogni 10 anni. Quella attuale è stata pensata e realizzata da decine di professori, ascoltando pareri, ricerche, partecipando a dibattiti, fino al varo nel 2016.

«I politici non hanno praticamente voce a riguardo. Il piano decennale è il nostro strumento, concreto, per progettare il futuro, per aiutare i ragazzi ad essere pronti al domani», racconta Ilona Taimela, docente da più di vent’anni e referente del dipartimento per l’Educazione di Helsinki: «Le scuole hanno un anno di tempo per adattare questi piani alle loro esigenze, articolando in autonomia gli obiettivi comuni. Abbiamo introdotto ad esempio nei nuovi percorsi l’apprendimento legato ai fenomeni globali, come il climate change: ogni livello e ogni classe può interpretare questa missione in modo diverso, sulla base di strumenti condivisi».

È un’articolazione complessa ma pensata dal corpo dell’istruzione pubblica per l’istruzione stessa. «L’obiettivo più ampio rimane sempre lo stesso: che ogni scuola sia una buona scuola. Non vogliamo che le famiglie facciano shopping fra gli istituti, che si creino classifiche, competizioni fra indirizzi “eccellenti” e non. Non guardiamo ai record: ma al livello più basso. È quello a segnare il traguardo di miglioramento da raggiungere».
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Ed ecco il punto: come si fa ad ottenere un sistema tanto equo, nei risultati, e nei percorsi formativi, come riconoscono le statistiche alla Finlandia? Come si fa a garantire ad ogni ragazzo le stesse opportunità di farsi strada, per proprio merito, e per capitale familiare? «È facile: applichiamo un principio di discriminazione positiva», risponde Taimela. Ovvero: investono di più non dove già si brilla, ma dove c’è maggior bisogno. Nei quartieri più difficili. Nelle aree più povere. Lì, le classi luccicano, per essere un vero trampolino. Più che dove le famiglie possono già garantire molto. Una prospettiva che sembra lontanissima, vista da Roma.

Per misurare i propri passi in avanti, la Finlandia non usa i risultati nei test Invalsi a livello Ocse, test che ha contribuito in qualche modo a inventare e che la incoronano da tempo nell’empireo dell’educazione pubblica. «Non sta lì il nostro metro. Stiamo cambiando sistemi di valutazione, per i ragazzi e per noi stessi», racconta Taimela. In questo processo di cambiamento, sanno di dover restare in guardia dal rischio che puntare sull’innovazione si tramuti in caos.

Entrando all’istituto comprensivo di Kalasatama, inaugurato nel 2016 in un quartiere residenziale nuovissimo di Helsinki, è impossibile non trattenere lo spaesamento, arrivando dall’Italia: i corridoi portano a aree comuni dove sono gli alunni, dalle elementari alle medie, a scegliere come sedersi per ascoltare il professore. C’è chi legge per un po’, chi ripassa, chi conclude un esercizio. Nell’aula a fianco, chiusa da pareti in vetro, modello open space, ragazzi di prima media stanno studiando scienze. Alcuni indossano cuffie anti rumore per isolarsi dal brusio d’intorno.
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Il professore aspetta che propongano i risultati del lavoro a gruppi. «Sto condividendo gli esercizi attraverso la “Google classroom”», mostra, seduto su una poltrona girevole. Ci sono degli studenti che stanno leggendo dei dati da Wikipedia. «È ottimo: ci sono meno errori su Wikipedia che sull’enciclopedia Britannica», commenta. Nella sala lettura, una ragazza racconta che qui si sente più libera, più spronata a imparare e a scegliere. A volte c’è un po’ di rumore sì, ma ci si fa strada. E al momento dell’ordine, del nuovo appello, tutta la classe si mette in fila, imparando a trovare il proprio equilibrio fra spontaneità e ascolto.

Nella piccola Kyrkoby Skola, uno dei più antichi edifici scolastici di Helsinki, appena restaurato, non ci sono iPad sui banchi. «Preferisco pennelli e fogli», racconta in inglese Annika, che insegna alle elementari dal 1990: «Ci sono tanti impulsi oggi, ma penso sia importante garantire stabilità, continuità, far rispettare le regole. Per aiutare i bambini a navigare nella realtà e non solo a ingerirla».

Venia è una delle sue alunne. Ha 9 anni e sta per tornare a casa in bici, da sola: venti minuti di corsa. Lo fa tutti i giorni. Quello di Annika è sicuramente uno sguardo diverso. Ma alimentato dalla stessa ricerca: dare ai ragazzi gli strumenti giusti per affrontare la realtà di domani. Sia nella scuola nuova che nel piccolo edificio di campagna, in questi giorni si sta parlando di cambiamento climatico, immigrazione, biodiversità. Ascoltando la voce degli studenti, facendoli partecipare, guardando a un futuro. Più equo. Ps: sono a corto di insegnanti, in Finlandia.

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