Lavoratori senza tutele, un sistema sanitario che non garantisce la salute di tutti, famiglie in miseria. Così la "banale influenza" di Donald Trump rischia di trascinare il Paese in una tempesta perfetta

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Gli Stati Uniti hanno finalmente scoperto che il coronavirus non è una banale “flu”, come ha ripetuto per settimane il presidente Donald Trump, e il Congresso ha votato una legge che stanzia fondi per aiutare economicamente i lavoratori dipendenti privi del diritto alla retribuzione in caso di malattia. Gli Stati che hanno già una legge in materia infatti sono solo 13 e quindi in tutti gli altri milioni di persone devono andare a lavorare anche se stanno male - o scegliere di non essere pagate. Il 20 per cento delle famiglie più povere, poi, spende più della metà del proprio reddito per l’affitto: stare a casa li avvicina al rischio di diventare homeless - in America, se non paghi ti sfrattano subito.

Quelli a cui va peggio sono i lavoratori della gig economy, che non hanno nemmeno un salario fisso. Come un autista Uber anonimo che spiega la sua rabbia al telefono: «Non abbiamo lavoro. Non esce nessuno. Non abbiamo entrate. E nessuno si prende cura di noi. Siamo imprenditori, in teoria. Mettiamola così: se continua non potrò pagare le bollette, l’affitto o fare la spesa». Un altro autista racconta delle spese aggiuntive: «Disinfetto l’auto a ogni passaggio e siccome guadagno 15-20 dollari l’ora quando lavoro, queste spese in più sono un problema. Oggi ho guidato avanti e indietro per 3 ore in cerca di clienti e ho fatto una solo corsa».

Uber e Lyft hanno promesso che daranno un “sostegno finanziario” ai loro autisti se si ammalano ma al momento non si è visto niente. C’è un modulo di richiesta di “tutela” che recita: «Acconsento a dare i miei dati sanitari per vedermi riconosciuto l’indennizzo COVID-19, ma riconosco che questa raccolta dati non implica che Uber mi debba offrire in nessun modo tutela sanitaria o che il rapporto tra me e Uber sia di lavoro dipendente».

Intanto le corporation del settore si limitano a comunicare ogni giorno agli autisti «lavate le auto spesso» e assicurano i loro clienti che stanno sospendendo gli account degli autisti in quarantena. Ma, come ricorda @Uberslave, anonimo autista su Twitter, «alla mia compagnia ci sono voluti sette giorni per congelarmi la licenza dopo che un contagiato ha sputato sangue nella mia auto. Per fortuna io mi ero già messo da solo in quarantena». Segno che la compagnia prende il suo tempo. Quel che è certo è che i colossi delle app fino a questo momento hanno preferito spendere i loro soldi in altro modo: 110 milioni di dollari in campagna e lobbying per un referendum che abolisca la legge della California che equipara i suoi autisti ai lavoratori dipendenti.

Il tema dei milioni di lavoratori senza tutele, non solo nella gig economy, sta tuttavia emergendo in maniera prepotente e i grandi gruppi non sanno bene che fare. I supermercati per hipsters Whole Foods, proprietà Amazon, hanno scritto ai propri lavoratori spiegando: «Chi vuole può donare i propri giorni liberi ai colleghi che hanno un parente malato o che abbiano un’emergenza sanitaria». Insomma, vedetevela tra voi, noi non scuciamo un cent. Nell’ultimo anno fiscale il gruppo ha fatto 507 milioni di profitti. Kroger, un’altra compagnia di supermercati da 500 mila addetti, scoraggia i suoi dipendenti dal mettersi in malattia e nella maggior parte dei casi non la paga.

C’è poi ovviamente tutto il capitolo doloroso della sanità. Prendiamo il caso del Texas, saldamente repubblicano e con cinque milioni di persone senza copertura. Durante l’amministrazione Obama il governatore rifiutò i fondi federali per aumentare la copertura delle assicurazioni pubbliche per poveri (Medicaid) e sempre qui negli ultimi anni il numero di ospedali chiusi nelle aree rurali sono 26.

Gli ospedali devono fare profitti e quelli nelle aree meno abitate chiudono perché non vanno in attivo. Una proposta dell’amministrazione Trump prevede poi un taglio di 11 miliardi in fondi federali a Medicaid, che rischia di accelerare questa dinamica. In 33 contee texane su 254 non ci sono neppure studi medici. E i laboratori del Texas sono in grado di elaborare al massimo 270 test Covid al giorno, su una popolazione di 23 milioni di abitanti.

Le scuole chiuse sono un altro problema. Nei tanti quartieri afroamericani e ispanici d’America la scuola pubblica rappresenta l’unico pasto sano per i tuoi figli o la garanzia che a occuparsi di loro non sia la gang locale. Questa è una delle ragioni per cui il sindaco di New York Bill De Blasio aveva a lungo resistito all’idea di interrompere le lezioni prima di prendere la decisione di chiudere.

Per capire quanto è importante il tema cibo decente per i ragazzi, basta guardare quello che sta accadendo a Seattle, dove alcune Ong e associazioni hanno cominciato a distribuire pasti caldi nei quartieri disagiati: «Se avete bisogno di fare la spesa o di mangiare gratuitamente, venite alla nostra banca del cibo, a Northwest Harvest’s, potrete ritirare prodotti in sacchetti preconfezionati, cibi preparati e generi alimentari, non avrete bisogno di entrare e non serve un documento», dice uno dei loro volantini.