L’app creata da Zhang Yiming rivela  la nuova trincea globale: quella dei dati. E apre le porte a uno scontro in cui s’intrecciano geopolitica e tecnologia

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Alex Zhu, quarant’anni, e Zhang Yiming, trentotto anni, non sono gli imprenditori cinesi più noti al mondo. Non hanno raggiunto la celebrità di Jack Ma di Alibaba. Non hanno comprato una squadra di calcio occidentale per farsi notare. Eppure, la loro vicenda, nell’ultimo decennio di vorticosa crescita digitale cinese, li pone al centro dello scontro con gli Stati Uniti su TikTok, la app più celebre tra gli adolescenti. Alex Zhu e Zhang Yiming incarnano due diverse tipologie del successo Made in China. La prima è quella di un brillante studente che, lavorando per aziende occidentali (Cisco e la tedesca SAP), sbarca nella terra promessa della Silicon Valley. Lì cerca di lanciare una startup sull’istruzione con l’amico Luyu Yang, ma osservando il comportamento dei nativi digitali californiani sviluppa un’altra app, incentrata sulla sincronizzazione labiale in video di 15 secondi. Così, nel 2014, nasce Musical.ly tra San Francisco e Shanghai. È un enorme successo: arriva in vetta all’App Store di Apple e suscita l’interesse di Mark Zuckerberg, che proverà ad acquisirla.

Qui entra in gioco Zhang Yiming, che proprio nel 2014 ha ricevuto un finanziamento di 100 milioni, guidato dal fondo di venture capital Sequoia Capital, per la sua ByteDance. Zhang Yiming non attraversa il Pacifico per cercare fortuna. Resta in Cina. Il suo successo è legato all’uso di algoritmi di intelligenza artificiale per fornire raccomandazioni agli utenti. Lo fa con l’aggregatore di notizie Toutiao e con un social network di video, che nasce in Cina nel 2016 con il nome Douyin e negli altri mercati come TikTok. ByteDance acquista tra il 2017 e il 2018 Musical.ly per circa un miliardo di dollari, integrandolo all’interno di TikTok. Dopo la vendita, Alex Zhu decide di andare per qualche mese a Shanghai ad ascoltare jazz, prima di tornare a lavorare per TikTok.
Nel 2017, ByteDance è valutata circa 20 miliardi di dollari. Da allora, TikTok espande la sua influenza, raccogliendo centinaia di milioni di utenti in mercati come India e Brasile. Con questi passaggi, Zhang Yiming rompe un tacito accordo. I prodotti digitali di successo della Cina (a partire da WeChat) sono limitati al mercato interno e alla diaspora, e rispondono quindi alla divisione implicita di sfere d’influenza tra Pechino e Washington. L’impero ByteDance viola questa separazione: Douyin continua a servire il pubblico cinese, rispondendo alla censura del Partito comunista, mentre TikTok punta al mercato mondiale. L’app ha raggiunto 2 miliardi di download globali ad aprile e nella prima metà del 2020 è stata scaricata 623 milioni di volte (quasi 50 milioni negli Stati Uniti). Di conseguenza, la valutazione di ByteDance è cresciuta a dismisura: in caso di quotazione in Borsa potrebbe superare i 150 miliardi.

In parallelo, a Washington è cresciuto a dismisura il potere del Cfius (Committee on Foreign Investment in the United States), il comitato governativo che sorveglia l’ingresso degli investitori esteri negli Stati Uniti. Soprattutto in settori ad alta tecnologia e soprattutto con passaporto cinese. Ogni investitore che acquista un’azienda con sedi e strutture rilevanti negli Stati Uniti deve notificare il Cfius e cominciare una trattativa riservata, di cui i dettagli non sono noti perché il Comitato opera in regime classificato. In presenza di rischi per la sicurezza nazionale, il Cfius suggerisce mitigazioni o propone al Presidente di emanare un ordine esecutivo per bloccare la transazione. Qualunque affidamento di dati americani a aziende cinesi è un rischio per la sicurezza nazionale, nello sguardo degli apparati di Washington.

TikTok, nella sua crescita internazionale, ha l’esigenza di migliorare la propria reputazione. Per questo, cerca di raccontarsi come azienda cinese il meno possibile. Nonostante sia di proprietà di ByteDance e Zhang Yiming sia acclamato in patria come inventore dell’app che conquista il mondo, l’azienda cerca di nascondere la sua natura, reclutando stuoli di manager da società statunitensi, da Microsoft a YouTube. Due mesi fa Kevin Mayer, architetto della crescita di Disney nell’ultimo decennio, è nominato amministratore delegato al posto di Alex Zhu: un’ammissione implicita della natura di TikTok, visto che Mayer diviene anche direttore operativo di ByteDance.
I concorrenti non restano fermi. A partire da Facebook, in piena campagna anticinese. Lo scorso ottobre, Mark Zuckerberg alla Georgetown University esalta i valori della libertà d’espressione garantiti dalle piattaforme americane, cioè da sé. Zuckerberg afferma: «Mentre i nostri servizi, come WhatsApp, sono usati ovunque da manifestanti e attivisti grazie alle forti protezioni sulla crittografia e la privacy, su TikTok, la app cinese che sta crescendo in fretta nel mondo, le menzioni di queste manifestazioni sono censurate, anche negli Stati Uniti». Dietro la filosofia di Zuckerberg c’è la paura di Facebook-Instagram per l’enorme successo commerciale di TikTok, che acquista ulteriore rilievo politico col sabotaggio del comizio di Trump a Tulsa. Trump è ridicolizzato dagli “adolescenti di TikTok”, che hanno prenotato posti per la manifestazione, senza presentarsi.

Ma questa forza di TikTok è la sua stessa debolezza. È eccessivo pensare che l’umiliazione di Trump sia stata orchestrata da Zhang Yiming, ma Washington teme, anche per il futuro, la guerra informativa via social del grande avversario geopolitico. Il Cfius ha un’inchiesta in corso, aperta nell’autunno 2019, proprio sull’acquisizione di Musical.ly: la società, nonostante sia stata fondata da cinesi, aveva sede negli Stati Uniti, e la sua vendita non è stata notificata al Comitato, che è già intervenuto su transazioni concluse, costringendo proprietari cinesi a vendere società “sensibili” a investitori americani “patriottici”.

Entra in gioco un terzo protagonista, oltre a Stati Uniti e Cina: l’India, maggiore mercato al mondo per TikTok. Il 29 giugno, poco dopo il conflitto tra soldati indiani e cinesi nel Ladakh orientale, il governo indiano ha bandito TikTok, assieme ad altre app cinesi «che pregiudicano la sovranità e l’integrità dell’India, la difesa, la sicurezza dello Stato e l’ordine pubblico». L’azienda in quei giorni si avvicina a un altro indiano: Satya Nadella, che da quando è alla guida di Microsoft ha quintuplicato il valore del titolo. Ora il dossier TikTok è affidato a lui: Microsoft cercherà di acquisire TikTok con una prima scadenza il 15 settembre, in questo delicato momento politico.
L’incerto destino di TikTok ci lascia alcuni insegnamenti. Primo: il pugno della sicurezza nazionale degli Stati Uniti cerca di arrivare letteralmente ovunque, e di cambiare il passato. Secondo: gli imprenditori digitali cinesi hanno sviluppato capacità enormi, che derivano anche dal loro rapporto con gli Stati Uniti. Rompere queste relazioni non è semplice e Pechino non starà certo ferma a guardare, mentre le sue imprese vengono smembrate dall’avversario. Terzo: se la Cina vuole espandersi, ora che è in corso una guerra tecnologica piuttosto calda, dovrà nascondersi meglio. E lo farà. Il prossimo Zhang Yiming forse sarà un imprenditore digitale africano.