Nessuna commemorazione della strage per “ragioni sanitarie”. Il pretesto della pandemia per coprire l’imbarazzo del regime. Il ricordo solo sui social ma mascherato. Cinque anni di carcere per chi trasgredisce

Per la seconda volta, la Cina ha vietato a Hong Kong la commemorazione della strage del 4 giugno 1989. Il pretesto: la pandemia. Un argomento poco credibile. I numeri del contagio nella zona speciale sono bassissimi. Secondo le fonti del Guardian e del Wall Street Journal, la popolazione di Hong Kong può esprimere la propria solidarietà solo sui social e attraverso slogan allusivi come il popolare “Don’t forget to remember” (Non dimenticare di ricordare). Ogni raduno pubblico invece verrà punito con 5 anni di incarcerazione.

 

La strage di Tienanmen del 1989 a Pechino, durante la quale migliaia di persone hanno perso la vita, è probabilmente la vicenda più importante della storia contemporanea cinese. Ogni tentativo di ricordare quanto è accaduto quel 4 giugno viene rigorosamente represso dal ben oliato apparato censorio della Repubblica Popolare Cinese.

 

Persino online tale sistema riesce a bloccare simboli ed emoticon che possano essere utilizzati in riferimento al massacro di Piazza Tienanmen. Negli ultimi anni, nonostante le politiche liberiste di apertura su altri fronti, la Cina ha esteso e intensificato le maglie della censura anche nei territori di Macao e Hong Kong, dove la commemorazione del tragico evento è stata possibile fino al 2019. 

 

La veglia delle candele presso il Victoria Park di Hong Kong è un evento commemorativo importante, legato al movimento democratico e all’atto collettivo dell’esercizio politico della memoria.

[[(MediaPublishingQueue2014v1) Tien An Men 1989
Le immagini d'epoca]]

Dal 2020 Carrie Lam, capo del governo della regione speciale di Hong Kong, sta rigorosamente applicando la legge sulla sicurezza nazionale, già prevista nella costituzione di Hong Kong del 1997, anno in cui l’ex colonia britannica è stata ufficialmente consegnata alla Cina. Tale legge, secondo Amnesty International, è pericolosamente vaga perché qualsiasi cosa che contrasti o contraddica il potere assoluto del governo di Pechino può essere considerata una diretta minaccia alla sicurezza. Semplici manifestanti a Hong Kong possono facilmente essere considerati golpisti. La legge permette a Pechino di reprimere qualsiasi attività sovversiva, di perquisire gli appartamenti dei liberi cittadini e di arrestare chiunque sia sospettato di essere un soggetto pericoloso per la sicurezza pubblica del Paese. 

 

Contrariamente a quanto è accaduto nel 2020, quando migliaia di persone si sono opposte al divieto di partecipare alle veglie commemorative al Victoria Park, gli attivisti del fronte democratico di Hong Kong stretti attorno a Joshua Wong, Lee Cheuk Yan e Alberto Ho - ormai incarcerati - hanno dichiarato che quest’anno non ci saranno raduni o veglie. L’avvocata di 37 anni Chow Hang-tung, vice-preside dell’alleanza democratica, è stata arrestata stamattina. Aveva dichiarato di volersi recare a Victoria Park per motivi personali. Già domenica scorsa la polizia di Hong Kong ha arrestato Alexandra Wong, una sessantenne che stava commemorando Tienanmen da sola.

 

La cancellazione della veglia commemorativa fa soltanto parte di un’influenza crescente di Pechino che incute paura, anche perché Pechino sta agendo di fronte al mondo intero senza timore di ripercussioni a livello internazionale.  L’ultimo grande attacco di Pechino è stata la riforma del diritto di voto, in vigore da marzo di quest’anno. Pechino controlla la scelta dei candidati che possono essere eletti. L’opposizione politica viene così circoscritta e, al Parlamento, sono eletti soltanto candidati vicino a governo cinese di Pechino. In tal modo Hong Kong non perde solamente la stima internazionale che ha mantenuto negli anni, ma rischia di diventare una città cinese come le altre, un territorio economicamente importante controllato da Pechino con il pugno di ferro.