La debolezza di Biden può portare alla vittoria degli uomini dell’ex presidente nelle elezioni di midterm. E la democrazia liberale sarebbe ferita

La democrazia americana vive un periodo in cui sembra, dalle analisi e dai dibattiti in corso, che l’agitazione si alterni alla depressione. È una crisi esistenziale, che a tratti rivela sintomi di un declino della potenza, dovuto anche a una (temporanea?) insufficienza di chi la rappresenta, di chi la governa. L’alto e insolito - da anni - tasso d’inflazione non è certo tranquillizzante. E influisce sugli umori della società, quindi degli elettori. Ma pesa anzitutto la grande menzogna di Donald Trump. Per il partito repubblicano, il suo, il tema dell’elezione “rubata” è più di uno slogan. È come se lui e i suoi avessero proclamato la secessione dalla realtà, sostengono non pochi osservatori stupiti, scandalizzati, dall’atteggiamento dei responsabili repubblicani. Quel che è in gioco non è comunque soltanto la posizione del trumpismo: quel che accade è giudicato un test al quale vengono sottomesse le istituzioni americane.

 

Non sono in pochi coloro che vedono nel prossimo novembre, quando si terranno le elezioni di medio termine, una data chiave. The Economist scrive di un 2022 “daunting”, fitto di insidie, per i democratici che in quell’occasione avranno da due anni un loro presidente, Joe Biden, alla Casa Bianca. E c’è anche chi vede un risveglio, una ripresa, per quanto possa apparire stravagante a noi osservatori lontani, dei repubblicani di Donald Trump. Il quale continua a dichiararsi vincitore delle elezioni presidenziali dalle quali è uscito sconfitto. Non si può dire che sia un buon giocatore.

 

Chi ha vinto sul serio è scivolato nella posizione di un virtuale, futuro perdente. Questo vale per Joe Biden. Mentre Donald Trump, che ha perso, si prende per un vincente depredato con l’inganno della rielezione. Si sente, si proclama uno che non è mai stato sconfitto. Viene spontaneo dire che c’è qualcosa che non va negli Stati Uniti d’America, dei quali non pochi osservatori europei, forse in preda a un eccessivo pessimismo, si chiedono se non stiano passando da un modello liberale a un modello illiberale. Lo scrive Le Monde.

 

Queste riflessioni si sono intensificate con l’aggressione degli estremisti repubblicani del 6 gennaio dello scorso anno al Campidoglio, oltre che col comportamento spavaldo di Trump durante e dopo la sua presidenza. Ma all’esuberanza fantasiosa dei repubblicani, si aggiunge adesso la debolezza di Biden, che potrebbe condurlo a un doloroso risultato alle elezioni di medio termine in novembre. La fortuna ha accompagnato il presidente in carica nel primo periodo alla Casa Bianca: la sua “normalità”, opposta alla scompostezza del predecessore, l’ha senz’altro favorito. Ma di poco e per poco. Poi si sono verificati una serie di avvenimenti che non hanno migliorato la sua immagine. L’inflazione è bruscamente aumentata, in seguito agli stimoli fiscali. Quando si è prolungata la pandemia, secondo molti americani la Casa Bianca non l’avrebbe affrontata con la dovuta sicurezza. Il ritiro delle truppe dall’Afghanistan è apparso caotico. E in effetti lo è stato. La Casa Bianca non ha saputo imporre alla sua maggioranza l’indispensabile disciplina nelle votazioni. Come era già accaduto a Trump, Biden ha perduto nei sondaggi molti dei voti virtuali rispetto a quelli reali ottenuti alle elezioni. In novembre basterà ai repubblicani guadagnare cinque seggi alla Camera dei rappresentanti per raggiungere una maggioranza e ottenere un esplicito veto per impedire a Biden di legiferare liberamente. In tal caso sarà un presidente politicamente indebolito, alloggiato alla Casa Bianca per altri due anni. E con lui lo sarà anche la super potenza americana.

 

Se i pronostici sono attendibili e l’8 novembre il voto di medio termine dovesse dare alla Camera dei rappresentanti la maggioranza ai repubblicani, quest’ultimi potrebbero affrettarsi a sciogliere la commissione d’inchiesta sull’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. In tal caso il meccanismo di controllo dei poteri, prerogativa della democrazia liberale, subirebbe una profonda ferita. Con le conseguenze che sarebbe azzardato immaginare adesso, prima che i giochi siano fatti.