Bengala
«Il fenomeno Javier Milei si sgonfierà alla prova dei fatti. Come tutte le bolle populiste»
Il nuovo presidente argentino sembra la caricatura della caricatura di un’idea. Quella del no al sistema. Un rifiuto che spinge la gente a votare personaggi come lui, Donald Trump o Jair Bolsonaro. Ma, una volta al potere, le promesse finiscono nel nulla
La prima volta che ho visto la foto di quell’uomo con la motosega, ho pensato si trattasse di qualche rivolta di piazza e del volto di un manifestante qualunque. I capelli, un misto tra Rod Stewart e un modello per le pubblicità del parrucchiere degli anni ’90, il profilo dell’attore Robin Williams, la gestualità rude di un riottoso di strada. Mi sbagliavo, era Javier Milei, il nuovo presidente argentino, e la cosa mi ha sorpreso, ma non più di tanto.
Voglio dire, Milei sembra essere la caricatura della caricatura di qualcosa, di un’idea. L’idea è che il linguaggio della politica come lo conoscevamo fino a trent’anni fa è finito. Il politico era un uomo colto, corrotto a volte, sì, ma in linea di massima con carisma e una visione del mondo. Ho visto cambiare i politici negli ultimi anni, li ho visti somigliare sempre più alla nuova specie che oggi prende forma. Se dovessero avere un significato, uomini come Trump, Bolsonaro e Milei avrebbero tutti la stessa faccia, il volto del no. No al sistema, no alle vite della gente comune che non cambiano mai, no alle promesse elettorali che non verranno mantenute (neppure quelle di Milei, che in Parlamento avrà dei numeri risicati e non potrà attuare molte delle sue riforme drastiche), no al sistema in toto.
Questo pensa chi vota i nuovi leader autoritari. Come faccio a dire un no convincente? Mi metto nei panni del nuovo uomo comune e penso: andando a votare di certo non dico no al sistema, poiché i politici eletti debbono poi mischiarsi con quel gioco di compromessi che è il governare. Non solo. Io cittadino ho da barcamenarmi, da lavorare, da dire la mia sui social su qualsiasi cosa. Non ho tempo per cambiare la mia vita, devo delegare lo Stato! I politici sono lì apposta per cambiare le cose? Ecco, allora li voto e visto che mi serve un cambiamento ora, non promesse, voto il più pazzo di tutti, il più dissacrante, quello che mi giura di odiarlo anche lui il sistema e che una volta dentro lo aprirà come una scatoletta di tonno (citazione che molti di voi coglieranno).
Poi la realtà: tutto diventa impossibile una volta al potere, laddove tutto significa un cambiamento considerevole nelle vite della gente comune. Nel frattempo, la cosa pubblica è amministrata da leader sempre più social, sempre più virali, sempre più autoritari.
La cosa grave qual è? Che anche noi guardando a questi fenomeni non ne siamo più impressionati. Tra i miei amici e nelle chat su WhatsApp serpeggia una certa ironia riguardo a Milei. Circolano tutti i suoi video, quello in cui si scaglia contro i «comunisti di merda» urlando, quello in cui è travestito da supereroe, quelli in cui urla nelle interviste. Lo guardiamo come si guarda un video virale su TikTok. La realtà è sempre più simile ai social e i social sono sempre di più la realtà.
A me piace vedere il bicchiere mezzo pieno e il lato buono delle cose e penso che se tutto questo accade forse un motivo ci sarà. Come se ci stessimo facendo gli anticorpi, per cosa non lo so, ma intanto prendiamo e portiamo a casa, che non si sa mai. Se sopravviviamo anche a questo allora possiamo vincere chissà quali battaglie. Ah, p.s. Fatevi un regalo stasera sul divano, guardate “Il migliore dei mondi”, il film di Maccio Capatonda in cui il protagonista finisce in un universo parallelo senza tecnologia. Il bello? Là stanno messi male quanto qua.