L'Italia è in perenne campagna elettorale. Come fosse una calamità naturale da cui non si sfugge. Eppure non sono gli argini di un fiume che per troppa pioggia straripano. Non è un sisma imprevedibile. No. È la mancanza di una legge elettorale che renda il cittadino davvero partecipe. In questo cataclisma bipartisan una cosa è fin troppo chiara a chi fa televisione e a chi la fruisce o la subisce: o sei in tv o non sei. Questa è la regola indiscussa della comunicazione, non solo politica. Alla caduta di Berlusconi ci eravamo detti che nulla sarebbe stato come prima, che la seconda Repubblica era finita, che eravamo già nella terza.
EPPURE, CHI RACCONTA questa storia sta ancora saldo, testa e piedi, nella seconda Repubblica. Dal punto di vista mediatico tangentopoli si celebrò in quelli che per tutti sarebbero divenuti i talk show. Luoghi dall'arredamento studiato – veri e propri salotti di casa, come a dire "non uscite, abbandonate i bar, le case degli amici e restate qui con noi perché questa è casa vostra" – si raccontavano le stridenti contraddizioni tra una classe politica corrotta e gruppi di cittadini indignati, che smettevano a poco a poco di riempire le strade e le piazze e si accomodavano davanti alla tv, in solitudine. Tanti Eritreo Cazzulati sprofondati in poltrona, vestaglia di flanella e gatto sulle ginocchia. Per vent'anni, per tutta l'epoca berlusconiana, i talk show hanno plasmato, condizionato l'opinione pubblica, in un circolo vizioso. Le arene tv hanno visto il susseguirsi dei sempreverdi che oggi sgomitano per transitare nella terza Repubblica. È stato difficile, se non impossibile, rifiutare tutto questo ed è difficilissimo comprendere ora che l'unico modo per essere percepiti come diversi è sfuggire all'indistinzione della comunicazione politica intrisa di dichiarazioni ufficiali ai telegiornali e di par condicio paralizzanti negli approfondimenti. Difficile mettere le lancette indietro di venti anni e occupare di nuovo luoghi oramai deserti, abbandonati dai maggiori partiti politici: la piazza, le strade.
Difficile ma non impossibile, soprattutto se si considera che questo cambiamento viene percepito in prima istanza proprio dai talk show, che cercano di inglobare ciò che in televisione non appare (penso a Beppe Grillo) per ricondurre tutto a una grammatica nota e per questo comprensibile. Se non sei disposto ad andare in televisione, ecco che la televisione viene da te, nel tentativo disperato di fagocitare ciò che viene visto come alieno. Questo fa capire fino a che punto la comunicazione politica sia divenuta autoreferenziale, soprattutto nei salotti patinati. Il talk show in questi anni è stato il suo conduttore, una figura mediana tra pubblico e ospiti, il rappresentante diretto del telespettatore che dal divano, attraverso un transfer catodico, credeva di poter interagire con il personaggio del momento, di poterne condizionare le azioni, restando quasi sempre con l'amaro in bocca, con la sensazione terribile di aver assistito a una performance senza lieto fine, anzi senza alcun finale. Tutto era rimandato alla trasmissione successiva. Il talk show aveva iniziato a essere seriale, come Dinasty, Dallas, Un posto al sole, i Simpson.
OGGI, I SOCIAL NETWORK, Twitter in particolare, consentono un'interazione diretta, senza mediazione alcuna, ed è per questo che il conduttore è diventato un filtro inessenziale. E l'elemento di manipolazione, insito nel suo ruolo, viene fuori in maniera evidente e grottesca. Ma la tv è ancora fondamentale: è quel linguaggio a essere finito, non il suo contenitore. Qualche giorno fa il parlamentare del Pd Roberto Giachetti ha scritto una profonda riflessione sul rapporto tra politica e informazione. Lo ha fatto dopo 102 giorni di sciopero della fame per una riforma democratica del sistema elettorale. Ha vissuto sulla sua pelle la negazione del diritto a esistere della sua lotta per un pressoché totale black out informativo. Ecco, fino a che ci sarà la possibilità di una lotta democratica, ci sarà la necessità della televisione e del servizio pubblico per poterla raccontare.