La destra descrive un Paese occupato dai liberali e dalla sinistra. E costruisce il mito fondatore di una nuova nazione celebrando i suoi caduti: quelli della catastrofe aerea di due anni fa
La Polonia è divisa politicamente come mai prima. In ogni paese opposizione e governo convivono. È una situazione normale in democrazia. Finché riguarda la politica, l'economia, le tasse, la distribuzione dei beni, i metodi di funzionamento dello Stato e della società si possono dormire sonni tranquilli. Ma nella Polonia odierna l'opposizione di destra ha trasportato il conflitto nel campo della morale e della storia. La questione non è perché il Paese è governato meglio o peggio, ma perché il Paese è stato tradito. Il governo e chi lo ha votato non sono nient'altro che traditori della polonità, incarnata dall'opposizione.
Secondo i sostenitori della destra abbiamo due Polonie. Quella ufficiale, burocratica, legale e dunque falsa, e quella clandestina, la Polonia che congiura, che è illegale, e dunque vera. I partigiani e i portavoce della vera Polonia si richiamano alla storia, ad esempio al periodo dell'occupazione tedesca, quando in effetti i polacchi avevano creato un imponente Stato clandestino, con un esercito partigiano, un governo, strutture legali, stampa e scuole. Strutture di fronte alle quali i tedeschi erano impotenti. Rifacendosi a quel periodo, l'opposizione sottende che il nostro Paese oggi si trova sotto un'occupazione, liberale e di sinistra.
Si tratta di diverse visioni del mondo. Ma questa è solo la superficie. Il punto sostanziale è la costruzione di una sorta di mito fondatore di una nuova nazione. La realtà contemporanea dell'Occidente è priva di grandi miti, di eroismo, di grandezza morale. Le azioni della destra radicale polacca corrispondono a questo vuoto reale o presunto. Lo fanno su scala locale, nazionale, perché non sono in grado di costruire una narrazione universale. Non per nulla il nucleo costitutivo del mito è la catastrofe aerea di due anni fa, in cui morirono il presidente polacco e quasi un centinaio di altri funzionari di Stato. Erano in volo verso la Russia, verso Katyn, per rendere onore al ricordo di 20 mila ufficiali polacchi assassinati dalla Nkvd (la polizia segreta dell'Unione sovietica). Questo concorso di circostanze, in cui una storia tragica e sanguinosa si incrocia a una catastrofe attuale, ha messo in moto strati profondi del pensiero mitico. Ecco che i passeggeri dello sventurato volo non sono periti in un incidente, ma sono "caduti", come soldati al fronte. Fra i 20 mila ufficiali assassinati da Stalin e il giorno d'oggi si è intrecciato un legame mistico. Il popolo può esistere solo quando ricorda i propri eroi. I suoi morti, coloro che hanno fatto sacrificio della vita. Senza il culto dei morti non può esistere un popolo vero.
Bisogna ammettere che la destra polacca avverte in maniera istintiva le componenti fondamentali della nostra identità. Non a caso il nostro poema nazionale dell'epoca romantica è "Gli avi di Mickiewicz". Il termine avi indica un rito precristiano, nel corso del quale i viventi evocano i trapassati. Non a caso una delle principali ricorrenze polacche è tuttora il giorno dei morti. Il primo di novembre il Paese intero si mette in cammino per far visita alle tombe dei propri cari. I cimiteri di notte sono illuminati da migliaia di candele e la loro tetra bellezza ha in sé qualcosa di profondamente pagano.
Si vede che la contemporaneità non è in grado di esaudire tutti i nostri bisogni. Così come non lo è il futuro, che ci appare come un presente incessantemente rinnovato, senza nessuna promessa, nessuna speranza. E in Polonia ci fa così piacere far ritorno al passato, andare alla ricerca di segni e profezie nella storia. In realtà per noi il passato ha sempre costituito una sorta di religione. Il cristianesimo con la sua speranza e con il suo progetto di completa trasformazione del reale ci ha appena sfiorati. I nostri morti, invece, ci sono sempre accanto. Non ci hanno mai traditi. E lo stesso avviene ora, nel mondo postmoderno. In apparenza le cose qui vanno come altrove, ma basta una catastrofe aerea per farci tornare alle credenze più remote. Perché qui, sulla Vistola, il passato non muore mai. Aspetta paziente di tornare.