Per un vuoto della legge oggi è impossibile commerciare con l’estero i volumi antiquari. Si ferma così un mercato importante per il paese
Questa bustina interesserà pochi lettori perché parla di un mercato di nicchia, ma spero sia letta dal ministro Franceschini. Sino all’agosto scorso se qualcuno voleva vendere all’estero un libro antico doveva informarne uffici della regione, la quale doveva stabilire se prima una biblioteca italiana non volesse acquistarlo, trattenendolo in Italia. Conoscendo la situazione disastrata delle biblioteche italiane, ovviamente alla fine si stabiliva che il libro potesse varcare le frontiere. Ma c’era di peggio: se si acquistava un libro antico da un antiquario straniero si doveva seguire lo stesso iter, con lo stesso risultato finale, ma perdendo un mucchio di tempo. In realtà con l’Unione europea nessuno controllava se arrivava un libro dalla Francia o dalla Germania, ma i guai iniziavano se il libro arrivava dalla Svizzera o dagli Stati Uniti. Molti librai extraeuropei ormai spediscono il libro a un loro collega di Londra o di Parigi, poi questo lo passa all’acquirente italiano.
Faccio subito notare
un fatto curioso. Poniamo che il libro che entra in Italia sia un celebre incunabolo stampato in Italia, e dunque bene culturale nazionale: la sua importazione arricchirebbe il nostro paese di un bene artistico in qualche modo uscito dai nostri confini. Pertanto regioni, ministeri ed enti vari avrebbero dovuto incoraggiare questo mercato, invece di renderlo più faticoso. Rilevo oltretutto che avrebbero dovuto incoraggiare anche l’importazione di un libro famoso stampato all’estero. Non conta dire che il libro sarebbe finito in una biblioteca privata: si sa che, morto il collezionista, ci sono buone possibilità che il libro sia donato a qualche istituzione pubblica.
Poniamo ora che un antiquario italiano metta in catalogo la “Hypnerotomachia Poliphili”, stampato da Aldo Manuzio e considerato il libro più bello del mondo. Giusto che un ente governativo controlli se il libro non possa essere trattenuto in Italia. Ma se nessuna biblioteca pubblica e in condizioni di acquistarlo, meglio che vada altrove a celebrare le glorie dell’arte tipografica italiana.
Leggo che un codice unico dei beni culturali prevedeva che nessun libro pubblicato da oltre 50 anni, indipendentemente dal suo valore, potesse lasciare il territorio nazionale senza una licenza di esportazione. Pertanto non si poteva vendere a un collezionista spagnolo neppure un oscar del 1964 del valore di qualche euro.
Molte strettoie sono state introdotte dopo il caso del vergognoso furto di centinaia di libri della Biblioteca Girolamini di Napoli, finiti chissà dove. Ma i controlli statali non servono a impedire il trasferimento di libri rubati all’estero: io posso trafugare un libro di pregio, lo metto in valigia, prendo un aereo per Parigi o per Berlino, nessuno controlla il mio bagaglio, ed ecco che il libro esce dal paese. Meglio allora controllare alla fonte.
In una lettera agli enti interessati l’allora presidente dell’associazione librai antiquari, Umberto Pregliasco, aveva osservato: «Fa sorridere che il ministero, che incarica oggi il grande Giancarlo Giannini per un’accattivante pubblicità televisiva che celebra gli archivi e le biblioteche italiane, sia lo stesso che ha incaricato della direzione di una biblioteca così prestigiosa un personaggio come Massimo De Caro. Imposto in quel ruolo da due noti politici italiani, entrambi ospiti delle patrie galere (Marcello Dell’utri e Giancarlo Galan), era già implicato… in un enorme giro di tangenti nell’ambito delle bioenergie per il colosso russo Renova Group del magnate russo Viktor Vekselberg».
Ora due mesi fa la Camera dei deputati ha tolto alle regioni il controllo sui beni librari. E a chi lo affida? Non si sa ancora, e i librai non possono più commerciare i libri antichi, che negli altri paesi europei hanno libera circolazione, tranne alcuni controlli per opere dal valore superiore ai 50.000 euro. La sola protesta è apparsa sul “Giornale dell’arte”. Per il resto resta bloccato un mercato che, se pure esporta, al tempo stesso importa libri di pregio nel nostro paese.